"Riordinare la casa è la mia preghiera, e quando ho finito, la mia preghiera viene esaudita.
E piegarmi, abbassarmi, strofinare mi purifica il corpo come la preghiera non può fare."
(Jessamyn West)
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Estia (per i romani Vesta) era la figlia primogenita di Rea e Crono nonché sorella maggiore di Zeus. Prima tra i fratelli ad essere divorata dal padre alla nascita ed ultima ad esserne rigurgitata, fu l'unica a conoscere la solitudine nel buio delle viscere paterne.
Di lei la mitologia non dice molto, perché non fu mai coinvolta in guerre o in storie d'amore.
Fu desiderata da Poseidone, dio del mare, e da Apollo, dio del sole, ma li rifiutò entrambi giurando di restare vergine per sempre. Zeus allora, in luogo del dono di nozze, le concesse il privilegio di stare al centro della casa e nei templi degli altri dei, come custode del fuoco.
Il suo simbolo era il cerchio e rotondi erano infatti i primi focolari nelle case ed i bracieri al centro dei templi.
Non le si attribuiva un aspetto esteriore caratteristico; la sua presenza in un luogo si avvertiva nella fiamma posta al centro di una casa, di un tempio o di una città, come fonte di luce, tepore e calore per la cottura dei cibi.
La sua importanza veniva celebrata con vari rituali simbolizzati dal fuoco.
Per esempio, se una coppia si sposava, la madre della sposa accendeva una torcia sul focolare della propria casa e la portava nella nuova dimora, per accendere il nuovo focolare. Allo stesso modo, se si fondava una nuova comunità, vi si portava il fuoco proveniente dalla città d'origine.
In tal modo Estia seguiva come fuoco sacro le nuove coppie e le nuove comunità, simbolizzando continuità, interdipendenza, coscienza condivisa e identità comune, che restavano sempre in vita come il fuoco, nonostante i cambiamenti.
Spesso Estia compariva nelle case in compagnia di Ermes (Mercurio), messaggero degli dei, dio della parola, loquace e astuto, protettore di viaggiatori, mercanti e ladri.
Il focolare di Estia stava all'interno della casa, e la rendeva il luogo sacro dove la famiglia si riuniva, il luogo dove fare ritorno a casa.
Il simbolo di Ermes, invece, un pilastro fallico, stava sulla soglia di casa, a portare fertilità e tenere lontano il male, ma anche a proteggere sulla soglia chi partiva e andava nel mondo, dove la capacità di comunicare e orientarsi sono importanti.
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Ci sono donne per le quali le occupazioni domestiche rappresentano qualcosa di più significativo del semplice sbrigare le faccende, quasi che riordinando la propria casa mettessero ordine anche dentro di sé.
Quando una donna prova un senso di armonia interiore nello svolgere i lavori domestici, è in contatto con un aspetto di sé ben rappresentato dall'archetipo di Estia, dea del focolare domestico.
La cura della casa, allora, non è più per lei un'incombenza da assolvere sbrigativamente giusto perché le tocca, ma assume i toni di una pratica meditativa, da cui viene totalmente assorbita, in quieta solitudine e senza frenesia.
"Quando Estia è presente", dice Jean Shinoda Bolen nel suo libro Le dee dentro la donna, "la donna si dedica ai lavori della casa con la sensazione di avere davanti a sé tutto il tempo possibile. Non tiene d'occhio l'orologio, perché non si muove sulla base di un orario e non 'inganna il tempo'. Si trova quindi in quello che i greci chiamavano kairos, tempo propizio: 'sta partecipando al tempo', e ciò la nutre psicologicamente (come succede in quasi tutte le esperienze dove perdiamo il senso del tempo). Mentre smista e ripiega la biancheria, rigoverna i piatti e mette in ordine, non ha fretta, ed è pacificamente concentrata in ogni cosa che fa."
Anche se non siamo delle vere 'casalinghe estiane', può capitare a tutte noi di entrare occasionalmente in contatto con le dimensioni rappresentate da questa dea. Quando passiamo una giornata a riordinare un armadio, per esempio, l'attività può assorbirci completamente: dividiamo lentamente i vestiti, riflettiamo su quali conservare, quali mettere via, quali regalare, ricordiamo e prevediamo eventi, facciamo una cernita non solo delle nostre cose ma anche di ciò che riguarda noi stesse. Alla fine abbiamo un armadio ordinato, che è un po' l'immagine di noi stesse in quel momento, e anche la sensazione di una giornata spesa bene, 'in compagnia della dea', vale a dire di quella nostra parte interiore, silenziosa e concentrata.
"Cercando deliberatamente di incontrare Hestia nella vita di tutti i giorni, facendoci influenzare nel comportamento dalla sua presenza quieta, calma e ordinata, possiamo arrivare alla consapevolezza che c'è un sacro Mistero nella quotidianità", dice Sarah Ban Breathnach, nel suo libro L'incanto della vita semplice. Ed aggiunge: "Ma come possiamo incontrare Hestia? Qualche volta, girando per casa, invoco il suo aiuto. Oppure mi domando: 'E' così che Hestia affronterebbe questo compito?'. Inutile dire che, se me lo chiedo, significa che non lo affronterebbe così; ma la domanda riporta la mia consapevolezza alla natura contemplativa della cura domestica."
Se Estia non è una presenza stabile dentro di noi ma desideriamo portare un po' della sua grazia nel nostro rapporto con la nostra casa, il primo passo è costituito dall'intenzione di assumere un atteggiamento estiano. "Dopo aver deciso una faccenda," suggerisce la dottoressa Bolen, "occorre darle tutto il tempo necessario. Stirare la biancheria, ad esempio, è un compito ripetitivo e molte donne lo fanno in tutta fretta e di malavoglia. Ma quando adotta la modalità Estia, la donna può accogliere di buon grado l'occasione di riporre gli abiti, come un momento per riposare la mente.
Perché Estia sia presente, occorre che la donna si dedichi a un compito alla volta, a una parte della casa o a una stanza alla volta, a una qualsiasi faccenda che pensi di poter svolgere tranquillamente nel tempo che ha a disposizione. E nell'esecuzione di quell'incombenza deve lasciarsi assorbire, come se stesse eseguendo la cerimonia del tè giapponese, con un senso di serenità in ogni movimento. Solo allora una pace interiore onnipervasiva sostituirà il consueto chiacchiericcio della sua mente. I livelli da raggiungere devono essere quelli che le corrispondono, il modo deve essere in accordo con quanto ha senso per lei."
Curare una casa con questo atteggiamento ne fa quasi un'attività spirituale; del resto il sacro fuoco di Estia ardeva sia sul focolare domestico sia nei templi e riflettere su Estia è anche focalizzare l'attenzione sull'interiorità, sul centro spirituale di una donna.
La percezione di un punto di riferimento interno (di un 'punto fermo' dentro di sé), può consentire a una donna di rimanere salda anche in mezzo al disordine, al caos del mondo esterno, e all'agitazione della vita di tutti i giorni.
Il focolare di Estia, di forma circolare e con il fuoco al centro, è come un mandala, immagine usata nella meditazione come simbolo di completezza e totalità.
Nel suo scritto Simbolismo dei mandala, Carl Gustav Jung dice a riguardo che il loro motivo di base "è l'idea di un centro della personalità, di una sorta di punto centrale all'interno dell'anima al quale tutto sia correlato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte di energia. L'energia del punto centrale si manifesta in una coazione quasi irresistibile, in un impulso a divenire ciò che si è; così come ogni organismo è costretto, quali che siano le circostanze, ad assumere la forma caratteristica della propria natura. Questo centro non è sentito né pensato come Io, ma, se così si può dire, come Sé."
"Il Sé", commenta a sua volta Jean Shinoda Bolen, "è ciò che sperimentiamo internamente quando sentiamo un rapporto di unità che ci collega all'essenza di tutto ciò che è fuori di noi. [...] Quando ci sentiamo in contatto con una fonte interna di calore e di luce (metaforicamente scaldate e illuminate da un fuoco spirituale), questo 'fuoco' scalda coloro che amiamo e con cui condividiamo il focolare e ci tiene in contatto con chi è lontano.
Il sacro fuoco di Estia ardeva nel focolare domestico e nei templi. La dea e il fuoco erano una sola cosa e univano le famiglie l'una all'altra, le città-stato alle colonie. Estia era l'anello di congiunzione spirituale fra tutti loro. Quando questo archetipo permette la concentrazione sulla spiritualità, l'unione con gli altri è un'espressione del Sé.
[...] La meditazione attiva e rinforza questo archetipo introverso e polarizzato sul mondo interno e, una volta iniziata, spesso diventa una pratica quotidiana, perché dà un senso di completezza e concentrazione, una sorgente interna di pace e di illuminazione, che apre la strada alla dimensione Estia.
Alcune donne, quando avvertono la presenza della dea, sentono emergere la vena poetica. May Sarton, scrittrice e poetessa, dice che le è possibile scrivere soltanto quando si trova in uno stato di grazia, 'quando i canali profondi sono aperti e quando sono profondamente stimolati e in equilibrio - e anch'io lo sono - allora la poesia viene come un dono al di là della mia volontà'. Sta parlando di un'esperienza dell'archetipo del Sé, i cui sentimenti sono sempre al di là dell'Io e dello sforzo, un dono di grazia."