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lunedì 12 ottobre 2015

Mindfulness psicosomatica. Sentire il corpo che vibra con i suoni


Il protocollo PMP (Protocollo di Mindfulness Psicosomatica) del Progetto Benessere Globale-Gaia prevede che in ognuno dei nostri  incontri di gruppo il momento propriamente dedicato alla Mindfulness - cioè  alla consapevolezza interiore presente, silenziosa, delicata e rilassata - sia preceduto da due momenti introduttivi:
  • un primo momento che è di presentazione del tema del giorno e  che serve a nutrire, e anche un po' a placare,  la nostra mente razionale (quella parte di noi che ama capire dove si va prima di partire, diffida un po' di ciò che non capisce e insomma vuole accostarsi alle nuove esperienze con cognizione di causa);
  • e un secondo momento che è di preparazione-attivazione e che serve appunto ad attivare la nostra percezione corporea interna, ci aiuta ad abbandonarci alle sensazione del corpo e prepara il campo alla reale esperienza della consapevolezza (Mindfulness) psicosomatica.
In questo secondo momento, facciamo delle pratiche leggere - ma anche potenti - che hanno una funzione per così dire di richiamo: richiamano cioè la nostra attenzione sul nostro corpo sentito dal di dentro.
Una di queste tecniche consiste nel produrre dei suoni e sentire, mentre li produciamo, come vibrano (oppure non vibrano) le diverse zone del nostro corpo.
Personalmente considero questa tecnica molto interessante e utile, specialmente per quelli tra noi che hanno difficoltà ad entrare in contatto con le proprie sensazioni corporee e a sentire quindi quanto è vivo (e vibrante di vita) il proprio corpo.
A volte, nell'uso comune, si tende a dire che è buon segno se non sentiamo il nostro corpo: vuol dire che non c'è niente che non va.
Questo modo di pensare la dice lunga sul livello di malessere fisico che dobbiamo raggiungere prima di deciderci a prenderci cura di noi stessi.
Il nostro corpo deve proprio contorcersi, ammalarsi, bloccarsi, prima che noi cominciamo ad ascoltarlo?
Quando si pratica la Mindfulness Psicosomatica con costanza e per un certo periodo di tempo, un po' alla  volta l'esperienza di essere vivi smette di essere una cosa che passa inosservata: lo sentiamo che siamo vivi e diventiamo anche capaci di godere del semplice fatto che il nostro corpo è vivo, è sano, sta bene.
E questo è molto diverso dal dire di non sentire il corpo e dedurne quindi che sta bene!
Ma torniamo agli esercizi con i suoni.
Questi possono essere fatti a vari livelli di complessità, intensità, durata.
Il protocollo base (primo ciclo di 12 incontri) del Progetto Benessere-Globale Gaia prevede solo due incontri con la tecnica dei suoni, cioè due semplici esercizi della durata di circa dieci minuti ciascuno.
Volendo, è possibile approfondire la tecnica dei suoni con altre meditazioni più lunghe e complesse, per esempio con la "Meditazione dei tre suoni"  e la "Meditazione dei Sette suoni", entrambe scaricabili dal sito del progetto Benessere Globale-Gaia.



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martedì 6 ottobre 2015

Mindfulness Psicosomatica. Il gruppo nato oggi


Oggi si è riunito per la prima volta, a Torre del Greco, il primo gruppo da me condotto nell'ambito del Progetto Benessere Globale - Gaia  .
Spero di riuscire a pubblicare questo post  prima di mezzanotte (pur avendo cominciato a scrivere alle 23...) perché resti una traccia di questa data importante sul blog.
Se scriverò poche parole, lascerò che siano poche parole. Dopotutto per dire che si è posta una prima pietra... basta una sola pietra.
Stasera, appena cominciata la riunione, noi tutti abbiamo costruito una piccola opera collettiva: una sorta di  testimone del gruppo. 
Si tratta dell'oggetto rappresentato nell'immagine iniziale di questo post: un pezzo di legno che tiene insieme quattordici tra nastrini e cordicelle. Quattordici come noi.
Ogni membro del gruppo, infatti, ad apertura dei lavori, ha scelto una cordicella o un nastrino, l'ha legato al legno pronunciando il suo nome e si è presentato così agli altri.
E' stato un rituale di fondazione del gruppo con un suo valore simbolico. 
Dopotutto siamo davvero tutti diversi, come i nastrini e le cordicelle che abbiamo scelto. Eppure stiamo tutti insieme nel gruppo, a fare un unico discorso. Ognuno porta se stesso come entità separata dagli altri, ma stando insieme creiamo una dimensione che da soli non potremmo raggiungere (già l'esercizio dei suoni non sarebbe stato lo stesso con una voce sola...)
Devo dire che questo è proprio un bel gruppo, molto partecipe, molto vibrante, molto presente. 
So bene cosa significhi partecipare a questi gruppi e come possa essere coinvolgente come esperienza personale (a volte gradevole, a volte no).
Sono stata io stessa una partecipante in gruppi del genere. Lo sono tuttora, e potrei esserlo per sempre. Non c'è mai fine alla possibilità di sviluppare e affinare la consapevolezza. 
All'inizio delle mie esperienze con i gruppi che praticavano la mindfulness, ricordo che pativo un po' la neutralità del mio primo istruttore, quel suo non applaudire e non criticare, quel suo intervenire solo con domande tese a chiarire e precisare, così senza aspettative... come a non fare mai il tifo per nessuna squadra, tra le tante possibili nel mondo delle sensazioni, delle emozioni, dei pensieri; come se non gli importasse chi l'avesse vinta nel nostro cuore, se "i buoni" o "i cattivi"; come se non vivesse come un successo il fatto che le sue meditazioni ci dessero pace, né come fallimento il fatto che le trovassimo sgradevoli.  (Poi magari restavo stupita quando, incontrandolo casualmente per strada, si mostrava contento se gli dicevo che me la passavo bene o dispiaciuto se gli esponevo un problema...)
Stasera che questa neutralità faceva parte del mio ruolo, un pochino ho cercato di spiegarla anche ai presenti. Non tanto perché mi pesasse (accorgermi che un po' mi pesava e non "reagire" rientrava tra i miei esercizi di mindfulness...), ma perché  la neutralità era un atteggiamento che dovevano assumere anche gli altri membri del gruppo quando ascoltavano qualcuno che esponeva la sua esperienza.
In questi gruppi infatti pratichiamo un'arte particolare: l'arte di portare intenzionalmente l'attenzione a tutto ciò che c'è (a ciò che troviamo durante i nostri esercizi e le nostre pratiche), accettandolo così com'è, senza giudizio, e lasciando andare qualunque desiderio che le cose stiano diversamente da come stanno.
Quest'assenza di giudizio la pratichiamo sia verso noi stessi (e verso le nostre sensazioni, emozioni, pensieri che via via emergono) sia verso le esperienze altrui quando c'è condivisione.
E non è mai mancanza di interesse o di partecipazione.
Al contrario. L'interesse è altissimo. E la partecipazione c'è.
Solo che non c'è niente che venga considerato giusto o sbagliato.
Tutto viene benevolmente accolto e accettato per come è.
Se c'è dolore, si sta col dolore.
Se c'è ansia, si sta con l'ansia.
Se c'è confusione, si sta con la confusione.
Se c'è gioia, si sta con la gioia.
Se c'è sonno, si sta con il sonno.
Se c'è pace, si sta con la pace.
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Ora però che la sessione di gruppo è finita, e prima che scocchi la mezzanotte (che ci siamo quasi...),  voglio dire un grazie di cuore a tutti i membri di questo bel gruppo, per la loro attiva presenza, per la loro capacità (non semplice) di mettersi subito in gioco e per essere entrati sin dal primo momento nello spirito della mindfulness psicosomatica e del progetto Benessere Globale - Gaia.
E' molto bello aver cominciato a lavorare con voi.
Che ciò che abbiamo seminato stasera possa crescere e prosperare, e dare frutti preziosi per ciascuno di noi e  per l'intero gruppo.
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