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martedì 23 ottobre 2012

Fino a che punto, per sentirci bene, abbiamo bisogno dell'approvazione altrui?

"Assegniamo a come ci vedono gli altri più realtà del modo in cui vediamo noi stessi. Ma ciò equivale a vederci come un oggetto, perdendo il cuore del nostro vero essere." (Jean-Paul Sartre)
Fino a che punto, per sentirci bene, abbiamo bisogno dell'approvazione altrui?
Ne siamo per caso dipendenti? E, se sì, quanto?
Siamo di quelli che vanno in crisi di astinenza se gli altri non li ammirano o non li ammirano più?
In effetti sin da bambini impariamo a mettere in atto ogni tipo di trucchi per ricevere attenzione e amore, e a volte finiamo col portarci dietro, per tutta la vita, l'idea che per meritare amore dobbiamo comportarci in modo da ricevere l'approvazione di chi ci circonda. Così diciamo una cosa anche se non la pensiamo, ci vestiamo in un certo modo perché è tanto "giusto", e così via, in un susseguirsi di cose che richiamino l'approvazione altrui (compreso magari anche un partner da esibire in pubblico e farci bella figura).
Per quanto eccitante possa essere rispecchiarsi nello sguardo ammirato degli altri, questa può essere un'arma a doppio taglio. Infatti corriamo il rischio di depositare la fiducia in noi stessi, il senso del nostro stesso valore, in mani diverse dalle nostre: e quindi in un posto molto poco sicuro!
La stessa persona che prima ci ammirava, a un certo punto potrebbe stancarsi di noi. Oppure noi stessi potremmo cambiare in qualche nostro aspetto e non piacerle più. E allora? Non valiamo più niente, solo per questo?
"Quando rinunciamo alla nostra folle sete di approvazione," ci ricorda Brenda Shoshanna, "iniziamo a scoprire chi siamo davvero.... Lo Zen lo chiama 'il vero uomo senza rango'. E' il sé che non dipende dall'approvazione   degli altri o dalle circostanze esterne per sentirsi completo e felice. Con il bello e il brutto tempo procede per la sua strada incontaminato."
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Ed ora una piccola storia zen.
"Una scimmia sedeva sulla sponda di un lago e vide il riflesso della luna nell'acqua. Incantata, entrò nell'acqua per prenderlo. Ma più cercava di afferrarlo e più il riflesso si sottraeva, frantumato in mille altri riflessi causati dalle onde che la scimmia produceva. La scimmia non riusciva a capire che era solo un riflesso.
Alla fine, in un ultimo disperato tentativo di acchiappare la luna, si tuffò nell'acqua e annegò. Se avesse smesso di agitare l'acqua e avesse guardato in alto, avrebbe visto la vera luna nel cielo."

Per scoprire chi siamo davvero, per essere in contatto con il nostro vero valore, dobbiamo smettere di annaspare nell'acqua: dobbiamo smettere di cercare il nostro riflesso negli occhi degli altri.
Oggi decidiamo di sentirci  persone di valore, a prescindere dagli applausi del pubblico.
Arriveranno anche quelli, al momento giusto, e ci faranno sempre piacere, ma non vacilleremo se non dovessimo sentirne l'eco, perché il senso del nostro valore sarà fondato su qualcosa di reale e durevole, di cui saremo noi stessi gli unici attenti custodi.