"Il significato di un uomo non è in ciò che egli raggiunge, ma in ciò che egli anela a raggiungere." (Gibran Kahlil Gibran)
Decidere di intraprendere un percorso di life coaching è un passo importante verso la cura di sé, significa decidere di prendere in mano la propria vita ed assumersi la responsabilità di un progetto di cambiamento positivo.
Questo non significa che chi si rivolge ad un life coach abbia sempre le idee chiare su ciò che vuole dalla vita per sentirsi bene, sentirsi autorealizzato, sentirsi in sintonia con se stesso e con gli altri.
Il più delle volte le persone hanno una visione abbastanza chiara di ciò che non vogliono, di ciò che non va nella loro vita, ma una visione molto più sfocata di ciò che potrebbe renderle felici.
Quindi, se è vero che il life coaching è teso a favorire e sostenere i cambiamenti esistenziali che una persona intende attuare nella propria vita, è anche vero che la prima cosa che un cliente porta ad un life coach è la sua insoddisfazione per il presente, assieme ad una crisi di autogoverno: voglio uscire da questa situazione, perché non ne posso più.
In effetti, una richiesta formulata in questi termini, porta subito in primo piano una situazione che non va (con il perché ed il per come non va, da quanto tempo non va, e così via). Ma questo è solo l'inizio del percorso: è il presente assieme ai cocci del passato. Se c'è da costruire un cambiamento bisogna proiettarsi nel futuro, e quindi bisogna essere capaci di prefigurarlo, un futuro: cioè un futuro come piacerebbe a noi.
Allora viene il momento di chiedersi: come lo immaginiamo un futuro felice? Quali sono le cose che per noi contano davvero nella vita e che sono costitutive del nostro "stare bene"? Cosa vogliamo dalla vita per sentirci appagati, autorealizzati, pieni di senso, di significato, di gioia, di soddisfazione, di gratitudine?
Molte volte tutto questo non ci è del tutto chiaro. Vogliamo essere felici ma non abbiamo idea di cosa sia per noi la felicità, non abbiamo idea di cosa ci possa rendere felici.
Possiamo anche darci un obiettivo, impegnarci per raggiungerlo e provare molta soddisfazione nel momento in cui lo raggiungiamo. Cioè in quel preciso momento.
Ma poi, se questo obiettivo non rientra in un piano complessivo di "buona vita", di per sé, isolatamente, non potrà illuminarci l'esistenza come farebbe la luce del sole: potrà al massimo apportare il breve (per quanto affascinante) sbriluccichio di una lucciola nella notte. Con la conseguenza che non saremo mai appagati, per quanti obiettivi raggiungiamo, per quanti i successi conseguiamo e per quante medaglie riceviamo. Si può addirittura arrivare al punto da non riconoscere alcun valore alle proprie medaglie d'oro (sì, me le sono guadagnate, e allora?).
Quindi, qualunque siano i nostri obiettivi di oggi, chiediamoci sempre:
"Ma io di cosa ho DAVVERO bisogno per stare bene? Cosa voglio REALMENTE dalla vita? Cos'è la felicità secondo me, secondo il mio personalissimo e intimo sentire, al di là dei modelli che il mondo mi passa, e al di là di ciò che sto affrontando in questo preciso momento?".
Darsi una risposta a queste domande è quanto mai importante nel momento in cui ci troviamo in una situazione difficile ed il nostro unico obiettivo esistenziale sembra essere "uscirne".
La questione non è che non ci faccia bene "uscirne" (un problema in meno è sempre un problema in meno, che discorsi!), ma dobbiamo fare attenzione a che l'urgenza dei nostri problemi di oggi non inghiotta in un solo boccone la nostra capacità di prefigurare un futuro felice, di desiderarlo così come ci piacerebbe, e di lavorare attivamente per costruirlo un mattone alla volta.
Per cui un intervento di life coaching può aiutare, a volte, a mettere in luce proprio questa duplice dimensione: migliorare il presente, intervenendo sulle pressanti richieste del momento, ma al tempo stesso prefigurare il futuro in termini costruttivi, rilanciando la sfida della buona vita, la vita che sogniamo di vivere e verso cui vorremmo indirizzare tutti i nostri passi, le nostre scelte, le nostre azioni.
Come a dire: oggi sono lucciole, e va bene, sono lucciole; ma in fondo alla strada c'è il sole, io lo so e sono diretto là.
Questo significa però avere chiarito bene a noi stessi (anche sulla base delle esperienze del passato che ci hanno fatto sentire appagati, felici, motivati nei diversi ambiti della nostra vita: lavorativa, privata, relazionale) quale sia la nostra "mission", cioè il nostro scopo nella vita, la nostra ragion d'essere.
Trovare risposte a domande tipo: "cos'è che più di tutto dà senso alla mia vita?", "cosa mi fa sentire pienamente realizzato?", "quali sono le cose che mi danno più felicità e soddisfazione?", "per cosa vorrei essere ricordato?", ci consente di creare una specie di mappa interiore, molto utile per verificare, in ogni momento, se quello che stiamo facendo è o meno coerente con la nostra natura e con ciò che per noi davvero conta, è importante e ci fa stare bene.
La nostra fedeltà a questa mappa interiore, la coerenza ad essa degli obiettivi che ci diamo e dei risultati che otteniamo, ci fa sperimentare un profondo senso di gratificazione ed equilibrio, che deriva dal sentirci in armonia con noi stessi e con ciò che per noi è importante. Il che cambia anche il valore dei singoli risultati che via via raggiungiamo, perché la momentanea soddisfazione del singolo successo non si esaurisce in se stessa, ma si innesta sulla nostra più ampia sensazione di essere sulla
strada giusta, quella dove possiamo essere ciò che davvero siamo e dove possiamo fare ciò che ci riesce meglio, ci piace e per cui siamo grati di essere nati.