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sabato 15 giugno 2013

Più sposati che felici - Un racconto di Sarah Ban Breatnach

"Chiesi una volta a un conoscente, un uomo sposato da più di venticinque anni,  se fosse felicemente sposato. Jack mi guardò stupito.
«Suppongo », rispose, come se fosse confuso dalla domanda, «di essere felice come può esserlo qualcuno ancora sposato. Mia moglie è una brava persona e abbiamo una vita - intendo amici, estati al lago, vacanze in famiglia. Siamo completamente d'accordo sui ragazzi», la voce si affievolì. Mentre alzava bovinamente le spalle con un sorriso timido, avrei voluto sentirgli il polso.
«Da quando ti senti così? », chiesi con la curiosità morbosa che solo una donna che ha appena concluso un lungo matrimonio può avere.
«Non so, è talmente tanto che non riesco a ricordare. Forse da sempre.» Cominciò a ridere a disagio. «Ma non fraintendermi...»
Non lo fraintesi. Sapevo esattamente quello che stava dicendo grazie a quello che non aveva detto, non aveva potuto o saputo dire. E mentre ero spiaciuta per lui, lo ero ancor più per la moglie. Per molti anni sono stata un colono e poi una sopravvissuta in una virtuale terra di nessuno - il contratto domestico a lungo termine -, un posto deserto dove sospettavo ora abitasse sua moglie. [...]
A un anno dall'inizio della nostra amicizia, Jack mi chiamò e mi chiese se potevamo trovarci per bere qualcosa. «Mi sono innamorato e non so cosa fare», confessò, quasi stesse ammettendo la scoperta di una malattia in fase terminale. «Non posso andarmene e non posso restare. Ogni volta che sono pronto  per dirlo a mia moglie, giro per casa e vedo le foto di famiglia, i miei libri. La sento in cucina come l'ho sentita per metà della vita e penso: 'Cosa ha fatto questa donna per meritare che io me ne vada dopo tutti questi anni?' Ma non c'è notte in cui siamo sdraiati accanto nel buio ed io non desideri di dormire tra le braccia di Anne. Però non ce la faccio a fare il passo. Non ancora. Così inveisco contro mia moglie senza un motivo, per allontanarla, per farmi odiare. Se mi odiasse, sarebbe più facile.
Poi, per giorni, non chiamo Anne. Non le telefono perché non ce la faccio a dirle che non posso andarmene o che tra noi è finita, perché so che non è così. Tra noi non finirà fino all'ultimo respiro. Ma devo fare qualcosa per riprendere il controllo, quindi l'allontano. Poi, quando la vedo sorridere di nuovo, penso: 'Come posso andarmene dall'amore della mia vita?  Ho cinquantadue anni. Come posso girare le spalle all'ultima esplosione di felicità?' Non ce la faccio, così chiedo ad Anne di darmi ancora un po' di tempo, come ha già fatto. Ma adesso dice che non c'è più tempo. Vuol essere in armonia con la sua vita, con o senza di me. (...) A volte desidero che mi lascino entrambe. Sto diventando matto» (...)
Gli credevo. Sapevo anche, dalla sua aria affannata e dagli occhi cerchiati di rosso, che probabilmente non si era mai sentito tanto vivo prima di allora e neanche tanto spaventato. (...)
«Be', se non riesci ad andartene per te stesso, fallo per tua moglie», gli dissi.
«Cosa vuoi dire? Sarà distrutta.»
«Sì. E anche furiosa. Ma c'è anche una forte possibilità che si senta segretamente sollevata. Grata perché la lunga prigionia è finita. Un marito non può essere tanto a lungo infelice da non riuscire neanche a ricordare quando è cominciata l'indifferenza verso la moglie senza che anche lei sia profondamente triste. Non c'è niente di più solitario dell'essere il partner inferiore in un rapporto senza amore. Non sarei sorpresa se, quando tra i singhiozzi riprende fiato, dicesse: 'Grazie, Signore. Che bastardo'».
«Da che parte stai? »
«Dalla tua. So che sei innamorato di Anne. Sembra che siate anime gemelle. So anche che sei un uomo onesto, Jack. Ma i tuoi figli sono cresciuti ed hanno la loro vita. Le scelte rivelano il nostro karma. Non è possibile che la vera scelta morale, quella coraggiosa, la scelta buona, sia andarsene? Se vogliamo essere felici, non credo che la vita ci chieda di scegliere tra fare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Credo che l'alternativa sia sempre di scegliere tra amare e imparare. Ti importa di tua moglie? »
Jack si risentì. «Certo che mi importa».
«Allora sii generoso. Trova il coraggio di andartene, non solo per te, ma per lei. Merita un uomo che la ami, che la voglia tra le braccia nel cuore della notte. Merita di essere felice come tu vuoi esserlo. Per qualche ragione te ne sei andato anni fa. Tutto quello che fai ora è chiudere la porta alle tue spalle».
E chiudere la porta all'infelicità è il passo fondamentale che dobbiamo compiere prima di aprire la porta successiva alla gioia." (Sarah Ban Breathnach, da "Qualcosa di più")
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