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sabato 22 ottobre 2016

Mindfulness. Accogliere il dolore fisico lasciando andare la paura di sentirlo. Traccia audio sulle sensazioni fisiche

"Ogni giorno ci sono centinaia di situazioni indesiderate che sorgono come le onde dell'uniforme mare delle nostre vite. [...] Proviamo a lavorare intenzionalmente con questa schiumeggiante umidità che ci viene incontro mascherata da ciò che non desideriamo. Che cosa potrebbe succedere, se riuscissimo anche solo per pochi istanti, a interrompere questa frenetica attività di negazione, recriminazione o rifiuto che generalmente accompagna simili situazioni? Proviamo a vedere se riusciamo a vivere per alcuni attimi o minuti lasciando le cose esattamente come sono..."  (Saki Santorelli, Guarisci te stesso

Personalmente considero miracoloso ogni evento che percepisco nel corpo. A volte mi dico che se stessi davvero attenta a tutto ciò che avviene nel mio corpo in ogni singolo momento della mia vita, vivrei in uno stato di permanente ammirato stupore. Vedo. Miracolo! Sento gli odori. Miracolo! Sento i suoni, i sapori, il caldo, il freddo, il liscio, il piacere, il dolore. Miracolo miracolo miracolo! Per non parlare di tutte le funzioni corporee e degli incredibili processi che avvengono nel nostro corpo spontaneamente, mentre noi siamo indaffarati e presi dalle nostre mille faccende importanti (che non avranno più tanta importanza il giorno che il nostro corpo deciderà di spegnersi, o che potranno diventare comunque secondarie se il nostro corpo si incepperà costringendoci una buona volta a prestargli attenzione).  
Quando uno assiste a un miracolo di solito non sta tanto a sottilizzare circa il fatto se è gradevole o sgradevole. Sgrana gli occhi, resta a bocca aperta, e presta la massima attenzione a ciò che avviene, per non perdersi il minimo dettaglio dell'esperienza.
Oggi riproponiamoci di assumere questo tipo di atteggiamento nei confronti del nostro corpo e di tutto ciò che sentiamo standoci dentro. Proviamo a prestare intenzionalmente attenzione alle nostre esperienze sensoriali momento per momento, così come si presentano, senza preferenze, senza giudizi, prescindendo  dal fatto che siano gradevoli, sgradevoli o neutre. Proprio come si farebbe se si fosse testimoni di un evento eccezionale, degno del massimo interesse a prescindere dal suo livello di gradevolezza.



La verità è che noi tutti abbiamo la tendenza ad aprirci alle esperienze piacevoli e a sottrarci a quelle spiacevoli, cosa che in sé e per sé va bene e ci consente per esempio di non bruciarci vicino al fuoco, perché ci teniamo a distanza di sicurezza, e di non morire assiderati perché corriamo a metterci un cappotto quando ci accorgiamo di avere freddo. 
Ci sono tuttavia delle volte in cui questo atteggiamento non è funzionale, perché il rifiuto rispetto all'esperienza dolorosa e il tentativo di proteggerci dal dolore non ci libera da esso, ma magari aggrava anche la situazione, aggiungendo qualche tensione nel corpo, intorno all'area dove la sensazione dolorosa si presenta (discorso che vale peraltro sia per il dolore fisico sia per quello emotivo, e avremo modo di riparlarne).
Oggi vi presento una traccia audio che guida una pratica formale di mindfulness tesa proprio a portare l'attenzione alle sensazioni del corpo senza rifiutarne nessuna, ma anzi con l'invito a sentire e prestare attenzione anche a quelle sgradevoli che dovessero emergere mentre pratichiamo.
Il suggerimento è di non accostarsi a questa pratica con l'intenzione di sbarazzarsi del dolore fisico ma piuttosto con l'intenzione di incontrarlo, conoscerlo meglio e venirci a patti. Quali sono i patti? Molto semplici. Anche senza dirli a parole, hanno a che fare con un atteggiamento accogliente verso il dolore, come se gli dicessimo: "Benvenuto.  Piacere di fare la tua conoscenza. Lascia che io ti conosca meglio. Lascia che io ti abbracci. Lascia che io ti consideri parte del miracolo, come ogni altro aspetto del corpo che abito". 
E anziché fuggire dal sentire, anziché chiudere le porte al sentire doloroso per paura di soffrire, ci apriamo ad esso coraggiosamente e osserviamo la nostra esperienza con attenzione, con interesse, con una curiosità calda e amorevole, proprio come farebbe una mamma che sta vicino al suo bambino con la febbre o il mal di pancia, e lo cura anche con la sua semplice presenza, la sua disponibilità a stare lì con lui, prestandogli attenzione e osservando come evolve la situazione momento dopo momento.
Ad un certo punto può darsi anche che la mamma metta un cuscino dietro la testa del bambino o gli rimbocchi le coperte,  restando ad osservare cosa cambia e cosa non cambia nello stato del figlioletto grazie a quel piccolo intervento. E questo è  un po' l'atteggiamento che assumeremo anche noi quando seguiremo le indicazioni della voce guida e "faremo qualcosa"  (per esempio respirare nelle zone dove avvertiamo il disagio o la tensione). L'importante è che ci sia chiaro che l'esercizio non consiste tanto nel fare queste cose (ne potremmo fare altre centomila, volendo, e continuare così a perpetrare l'abitudine a reagire allo stimolo doloroso, senza ascoltarlo, ma solo cercando di non sentirlo) quanto nell'imparare ad accostarci quietamente ai disagi che provengono dal corpo, lasciando andare la paura di sentirli e imparando così a stare con essi in un modo completamente nuovo, che trasforma il dolore e il disagio perché cambia il nostro modo di relazionarci con essi.
Chiudo qui questo post, anche perché mi rendo conto che non ha molto senso continuare a scrivere parole su parole su una questione che non va tanto "capita" quanto "sperimentata". Certo, per noi che siamo esseri pensanti può risultare difficile accostarci a delle pratiche che non capiamo. E' come richiedere un atto di fede. Ma fede in che? Suggerirei di provare ad aver fede, fiducia, nella nostra capacità di poter fare qualcosa per noi stessi e di accudirci, curarci, semplicemente stando davvero in contatto con il nostro corpo così com'è, senza fuggire dal sentire fisico. Fede che un corpo abitato dalla consapevolezza è diverso da un corpo abbandonato dalla mente, proprio come una casa abitata e con il camino acceso è diversa da una casa  abbandonata, fredda e con le luci spente. 
Vi lascio finalmente alla traccia audio, ricordandovi ancora una volta che tutte le tracce audio finora pubblicate servono a sostenere la pratica individuale a casa di chi sta seguendo o ha già seguito uno dei programmi mindfulness-based che propongo dal vivo (per chi fosse interessato, alla pagina degli eventi c'è il calendario dei prossimi corsi in programma e delle relative presentazioni gratuite).
Le tracce audio sono solo semplici esercizi, ma non possono in alcun modo considerarsi sostitutive dei percorsi dal vivo, dove entrano in gioco molte altre componenti, assolutamente determinanti ai fini degli effetti trasformativi che la mindfulness può portare nelle nostre vite.

sabato 1 ottobre 2016

Mindfulness. Tre minuti di respiro. Mini-meditazione per i momenti difficili (e non solo). Nuova traccia audio

Quando siamo presi dal vortice degli impegni,quando abbiamo la sensazione di non essere padroni di noi stessi e non riusciamo più a goderci le cose belle della vita, allora è il momento di fermarsi un istante e riconquistare quell’unico momento della nostra esistenza di cui disponiamo per vivere, crescere, sentire, amare e gioire. (Jon Kabat-Zinn)
Nell'immagine Conversation di Hengki24 su deviantart
In uno dei primi lontani ritiri di meditazione della mia vita - quando ancora la parola mindfulness non mi era familiare - ebbi la fortuna di ricevere questa imbeccata dal mio istruttore dell'epoca. 
"Ci possiamo ritirare in una grotta e fare gli eremiti e meditare meditare meditare e credere di essere arrivati chissà dove. Ma la  vera sfida è tornare nel mondo, stare nel mondo, vivendo una vita ordinaria e lasciando che i frutti della meditazione si manifestino nella nostra vita mentre la viviamo semplicemente così com'è".
La saggezza elementare di queste parole ha accompagnato i miei passi fino ad oggi ed è con quello spirito che anche oggi propongo alla gente i vari programmi basati sulla mindfulness. Oggi che essi  sono sostenuti dal conforto delle validazioni scientifiche e sono entrati a pieno titolo nel mondo della psicologia e delle pratiche di benessere globale PNEI (per la salute del corpo e della mente), è sempre in quelle parole che io trovo un senso per tutto questo.
Noi non meditiamo per sottrarci alla realtà e fuggire dal mondo (dalla nostra casa, famiglia, città, scuola, azienda, professione, ecc.) ma per riuscire a stare al mondo in un modo diverso, cercando di ricordarci  di essere presenti con la mente, con il corpo e con il cuore, ogni volta che possiamo, grati di essere vivi e autenticamente partecipi della grande avventura dell'esistenza, con tutto ciò che essa ci porta, con la compagnia di chiunque c'è così com'è e con l'assenza di chiunque non c'è (quale che sia il motivo per cui non c'è), trovando un po' di pace anche nel bel mezzo delle battaglie della vita, che come ben sappiamo sono parte ineludibile della  condizione umana, che tutti ci accomuna, pur nelle nostre diversità
***
Proprio in questo spirito, vi propongo oggi una mini-meditazione, che in un certo senso fa da ponte tra le pratiche di meditazione formali e le pratiche di meditazione informali.
Come nelle pratiche formali, ci sarà un tempo (di pochi minuti) dedicato alla pratica e delle istruzioni a cui ci atterremo (compresa la posizione del corpo).
Come nelle pratiche informali, si tratta di portare la consapevolezza nella vita di tutti i giorni, mentre siamo coinvolti nel suo vortice abituale e vogliamo ricordare a noi stessi che c'è un luogo sicuro dentro di noi, in cui possiamo prendere posto e dimorare quietamente, mentre viviamo qualunque  momento così com'è, con tutte le sue sfide, i suoi stimoli, la sua complessità.
Ecco la traccia con il link al mio canale YouTube e a seguire un commento e qualche chiarimento riguardo al senso e all'utilità della pratica stessa.


Per l'esercizio di oggi, mi sono ispirata alla pratica dei "Tre minuti di respiro", descritta nel libro "Ritrovare la serenità" di Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn.
La traccia in sé dura in realtà quattro minuti, ma la pratica potrebbe avere qualunque durata (più breve, più lunga). Il numero 3 infatti si riferisce più che altro alle tre diverse fasi dell'esercizio, che sono:
  • La fase di consapevolezza dei propri pensieri, sentimenti e sensazioni fisiche
  • La fase di raccoglimento, in cui si porta l'attenzione al respiro, utilizzandolo per ancorarsi al presente 
  • La fase di espansione e di apertura all'esperienza
La quarta fase, che non c'è nell'esercizio, ma che è subito successiva ad esso, consiste semplicemente nel  "rientrare" nella nostra vita con un atteggiamento diverso, che ci rende capaci di relazionarci meglio alle circostanze del momento.
"E' possibile che i pensieri negativi, i sentimenti sgradevoli, le sensazioni fisiche intense, il capo arrabbiato o il bambino che strilla siano ancora qui." dicono  Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn. "Ma il fatto che ora possiamo affrontarli nella modalità dell'essere, da una prospettiva più raccolta, deliberata, spaziosa e meno egocentrica, può fare una grande differenza. 
Ora possiamo affrontarli con i piedi per terra, rispondendo in modo competente alle esigenze del momento, piuttosto che reagire automaticamente, in modi che non fanno altro che moltiplicare la difficoltà. Una volta che siamo in questa modalità mentale, la sua intrinseca saggezza può rendere molto più chiaro il passo successivo che dobbiamo compiere. E noi possiamo sostenere questa modalità più saggia restando presenti e consapevoli, come meglio riusciamo, radicati nella consapevolezza della nostra esperienza fisica in ogni momento." 
Nell'immagine Old time sake di hengki24 su deviantart
Quando vi avvicinate a questa pratica, il mio suggerimento è di non banalizzarne l'importanza, solo perché la sua durata è breve.
In realtà  si tratta di una piccola pratica preziosa, che potrà diventare per noi sempre più potente, a mano a mano che le altre nostre pratiche di mindfulness (più lunghe) si approfondiscono e si perfezionano.
Se noi siamo diventati capaci, infatti, di sedere con il nostro respiro per venti minuti ogni giorno, durante la pratica formale seduta, quando si tratterà di raccoglierci contattando il nostro respiro per un minuto, mentre siamo in piedi nel bel mezzo della nostra vita, la cosa potrà riuscirci abbastanza semplice, ed avremo a disposizione un'ancora potente, nel presente,  per ritornare velocemente in noi stessi nei momenti più difficili, in cui la nostra presenza di spirito è messa alla prova.
 E questo vale anche, beninteso, per il costante allenamento ad osservare e contattare i nostri pensieri, le nostre sensazioni fisiche e le nostre emozioni, durante le pratiche formali, esperienza di consapevolezza che possiamo richiamare velocemente al momento buono, anche durante una piccola pratica come questa.