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domenica 3 settembre 2017

La castellana. Una fiaba per presentare il programma per la riduzione dello stress e le pratiche di mindfulness

Nell'immagine "Donna con candela" di Murad Sayen 


Una volta, alla presentazione di un Protocollo Mindfulness-Based, mi è tornata in mente un'antica fiaba tramandata oralmente nella mia famiglia di madre in figlia.

Ero certa che ad ogni passaggio generazionale alcuni dettagli erano stati aggiunti, tolti o modificati secondo lo stile e i gusti della narratrice di turno e questo mi fece sentire autorizzata a raccontarla a mia volta a modo mio.

Qual era il modo mio?  Inutile negarlo. La castellana con la sua candela mi ricordava tanto l'esperienza delle pratiche formali di mindfulness ed in particolare del body-scan: un giro circolare della luce della coscienza in tutti gli anfratti del corpo, mentre vari spiritelli soffiano sulla fiamma per sabotare l'impresa (come i pensieri, per esempio, o il torpore o stimoli vari  sia interni sia esterni che tendono a catturare la nostra attenzione).

Ci sarebbe tanto altro da dire, in verità. Ma per oggi basta così. Andiamo alla fiaba.

Possano la fiducia e la costanza nella pratica risanare i nostri castelli e le nostre vite.




C'era una volta, in un paese lontano, una castellana alle prese con tutti i problemi del suo castello.

L'amministratore negli ultimi tempi continuava a ripeterle:
"Il castello sta andando in rovina, il castello sta andando in rovina", così la castellana si decise una buona volta a guardare i conti.
Ma non ci capì niente. Per lei erano soltanto un arido elenco di parole e di numeri.

"Tutto questo significa che il castello sta andando in rovina?", chiese.
"Sì...", disse l'amministratore.
"E cos'è esattamente questa rovina?"
L'amministratore sembrò spazientirsi: 
"Allora non si fida di me? Deve ritrovarsi sotto le macerie per capire a che punto siamo?"
Si asciugò la fronte con un fazzoletto, salutò sbrigativamente la castellana e andò via borbottando.

Disorientata e preoccupata, la castellana decise di rivolgersi a una maga e le chiese:
"Cosa devo fare per impedire che il castello vada in rovina?"
La maga consegnò alla castellana un grosso pacco pieno di candele e le disse:
"Ogni giorno accendi una di queste candele e fa' il giro dell'intero castello con la candela accesa. Non ti fermare fino a che la candela non sarà completamente consumata."
"Oh, no!", disse la castellana. "Lo sai che il castello ha zone buie, anfratti inaccessibili e porte sprangate da anni..."

"Lo so. Lo so. Se è per questo ci sono pure gli spiriti..." 
"Allora lo vedi che questo giro è pericoloso..."
"Non è pericoloso, solo non è così semplice. Gli spiriti più che altro si divertono a fare scherzi e tu devi metterli semplicemente in conto. Per esempio soffiano sulla fiamma della candela e la spengono. Questo è proprio tipico. Quando ti accorgerai che la candela si è spenta, tu semplicemente la riaccenderai e riprenderai il tuo giro del castello. E così anche cento, duecento, trecento volte. Senza avvilirti, ma con pazienza e fiducia in ciò che stai facendo." 

"Ma dove lo prendo il fuoco per riaccendere ogni volta la candela?", disse la castellana un po' smarrita.
"Lo prenderai da qui", rispose la maga mettendole in mano un medaglione magico. E le spiegò: "Questo medaglione custodisce una fiamma inestinguibile ed è invisibile a tutti, persino agli spiriti. Puoi vederlo solo tu. Portalo sempre con te e attingi il fuoco da lì ogni volta che devi riaccendere la candela."

La castellana seguì il suggerimento della maga e giorno dopo giorno esplorò ogni più segreto anfratto del suo castello e ne conobbe le caratteristiche, le qualità, le difficoltà.

In ogni angolo portò la luce della sua candela, riaccendendola pazientemente con la fiamma del medaglione ogni volta che gli spiriti la spegnevano.
Ovunque aprì le finestre e fece arieggiare gli ambienti. 
Non si arrese di fronte alle porte chiuse a chiave, ma neanche le forzò per aprirle con la violenza. Ogni volta che ci passava vicino con la sua candela, si limitava ad osservarle, con interesse e curiosità.

Un po' alla volta scoprì in esse l’esistenza di spioncini e poté guardare cosa si nascondeva dietro le porte chiuse. E un po' alla volta ne scoprì anche i segreti congegni di apertura e poté varcarne le soglie.
Dietro alcune porte trovò custodite gemme preziose, oro, danaro, tappeti e arazzi: i tesori segreti del castello, un'enorme ricchezza tutta sua e a lei stessa finora sconosciuta.
Dietro altre, trovò incatenati draghi e belve feroci, o rinchiusi veleni, vecchi scheletri e antiche maledizioni su pergamena.
Grazie alla consegna ricevuta dalla maga, la castellana un po’ alla volta si fece coraggio e portò la luce della candela anche lì, tra le belve, i draghi, i veleni e quant’altro, accorgendosi che tutte queste cose facevano più spavento a immaginarsele che a guardarle davvero in faccia così com’erano.

La castellana passò ogni giorno anche per le cucine, e al suo passaggio le cuoche cominciarono a mettere più attenzione nella preparazione dei cibi, ad evitare gli sprechi e a tenere più pulite pentole e stoviglie, e più ordinata la dispensa.
Al tempo stesso non mancarono di mostrare alla padrona tutti i problemi di quella zona del castello: il buco nel muro da cui entravano i topi, la fessura da cui entrava la pioggia, la cappa del camino che non tirava a dovere...

Lo stesso accadde nelle stalle, nelle scuderie, nei granai, nelle cantine e nelle botteghe: ovunque ci fosse gente addetta a una funzione, il semplice passaggio quotidiano della castellana determinò un riallineamento e un ritorno nei ranghi. 
Al tempo stesso ognuno fu messo in condizione di riferire alla padrona, di giorno in giorno, cosa avveniva esattamente nella zona del castello a cui era addetto e che tipo di manutenzione o cambiamento occorresse, perché le cose potessero funzionare meglio.

La castellana, grazie ai suoi tesori portati alla luce, poté ben presto dare l’avvio agli opportuni interventi di restauro del castello e anche saldare un po' alla volta tutti i debiti.
Fu così che, quando a fine anno l’amministratore le portò nuovamente i conti, la situazione risultò molto diversa rispetto alla volta precedente. Il castello non rischiava più la rovina e anzi prosperava. 
L’amministratore si mostrò molto soddisfatto, si rallegrò con la castellana e le disse di continuare così. 

Solo un momento prima di andarsene, mentre stava per salire sulla carrozza, ebbe come un ripensamento. Gli era venuta in mente una certa voce di spesa che la signora aveva messo in preventivo per l'anno successivo e che gli era sembrata davvero esagerata: tre quintali di candele in più del solito!

Fu tentato di tornare indietro per raccomandare alla castellana una maggiore oculatezza sul fronte dei consumi per l'illuminazione. Ma poi si rese conto che non l'aveva mai vista tanto radiosa come quel giorno e non ebbe il cuore di rovinarle la festa.

Così salì in carrozza e se ne andò, pregando il Cielo di mandare alla signora quel po' di senno che ancora le mancava.


***
Nella foto, la scala di Palazzo Gallotti a Battaglia, un piccolo delizioso castello che non c'entra niente con questa storia, se non per il fatto che si presta alla fantasia nella ricerca di uno scenario fiabesco