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domenica 22 settembre 2019

Benessere psicologico: come la mindfulness può aiutarci a vivere meglio


La Mindfulness, per dirla con Jon Kabat-Zinn, ideatore del programma MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction),  è la consapevolezza che emerge quando prestiamo attenzione intenzionalmente, momento per momento, alla nostra esperienza presente, senza giudizio e con un atteggiamento di apertura, curiosità, accettazione.
Praticare la consapevolezza, dice una bella metafora tibetana, è un riportare la mente a casa.
La mente infatti, se lasciata a se stessa e non coltivata, reagisce volubilmente a qualsiasi stimolo la colpisca, sballottata da un pensiero all'altro, da una emozione all'altra, da un conflitto all'altro, e trascinata da desideri continui. I nostri stessi comportamenti a volte tradiscono uno stato di non presenza, come quando facciamo le cose distrattamente (con la mente altrove), come se avessimo il pilota automatico inserito, oppure agiamo d'impulso come diretta reazione ad una provocazione esterna, ma senza che il comportamento in sé rispecchi veramente noi stessi e ciò che avremmo desiderato fare assecondando i nostri valori.
Fermarci ogni tanto, fare silenzio, meditare vuol dire uscire dalla modalità del fare (dal reagire automatico agli stimoli) ed entrare nella modalità dell'essere, dove dimoriamo saldamente nel momento presente, permettendo che la consapevolezza e l'attenzione si orientino verso l'esplorazione interiore della natura delle sensazioni fisiche, emotive e cognitive che si rivelano momento per momento.
La Mindfulness può insegnarci così un modo nuovo di rapportarci alle esperienze della vita, che riduce la nostra sofferenza, modifica il modo in cui rispondiamo alle difficoltà e prepara il terreno per una trasformazione personale positiva. Il che in definitiva ci rende anche più liberi di fare scelte di valore e in cui crediamo, perché meno portati a reagire automaticamente alle situazioni e anche a lasciarci trascinare dal vortice delle attività quotidiane che ci allontana dall'ascolto di ciò che sentiamo, e rischia di allontanarci da ciò che realmente vogliamo e che ha valore per noi.
La Mindfulness, per dare i suoi frutti, richiede una pratica ripetuta nel tempo. I suoi effetti sono infatti cumulativi e bisogna essere disponibili a dedicare ad essa un po' di tempo ogni giorno, divenendo in prima persona parti attive della cura di noi stessi e responsabili del nostro benessere.
Le pratiche in particolare si dividono in due tipi: pratiche di meditazione formale e pratiche informali.
Nelle prime si tratta di dedicare del tempo ai nostri esercizi di meditazione, come faremmo se si trattasse di esercizi di ginnastica; qui la ginnastica è di tipo mentale, ed ha le sue regole, che noi osserveremo quotidianamente con una gentile (ma ferma) disciplina. Per esempio, staremo seduti per un certo numero di minuti portando la nostra attenzione sul respiro e poi riportandola ancora ad esso ogni volta che ci rendiamo conto che la nostra mente vaga. Gli oggetti su cui portiamo l'attenzione possono essere anche sensazioni fisiche (un prurito, un dolore, un suono) o emotive, così come si manifestano nel corpo (come tensione nel petto associata alla rabbia, o nodo alla gola derivante da tristezza).
Nelle pratiche informali, invece, ricorderemo semplicemente a noi stessi, di tanto in tanto durante la nostra vita ordinaria, di prestare attenzione a ciò che sta accadendo al momento, senza modificare le nostre abitudini. Per esempio, quando suona il telefono, all'inizio proviamo solo ad ascoltare il suono che fa, prestando attenzione al tono e al ritmo del suono, come se fosse uno strumento musicale (anche se poi, certo, rispondiamo...); oppure mentre ci laviamo i denti, portiamo la nostra attenzione su tutte le sensazioni fisiche che l'esperienza comporta, dal sapore del dentifricio, alla temperatura dell'acqua o al contatto delle setole sulle gengive, prendendo anche atto degli eventuali pensieri, sensazioni ed emozioni che spostano la nostra attenzione dall'attività che stiamo facendo. In tal caso, come in tutte le pratiche, senza opporre ad essi resistenza, semplicemente li riconosciamo e li lasciamo andare, tornando a portare l'attenzione sul nostro compito.
Scopo fondamentale della Mindfulness è infatti la consapevolezza dell'esperienza interiore, che include le normali deviazioni dell'attenzione e la normale tendenza ad essere distratti da pensieri, immagini, idee, ricordi, giudizi, preoccupazioni, anticipazioni del futuro ed in genere da eventi che attirano l'attenzione distogliendola dall'oggetto principale.
Questo significa che non sbagliamo la meditazione quando distraiamo l'attenzione dall'oggetto prescelto (es.dal respiro), perché l'esercizio è proprio accorgersi che ciò avviene (un pensiero per esempio ci ha rapiti) e ricominciare da dove abbiamo lasciato, riportando l'attenzione ancora e poi ancora sull'oggetto prescelto.
La sequenza di focalizzazione, divagazione e rifocalizzazione è cioè lo specifico "allenamento" della Mindfulness che promuove la consapevolezza e la percezione dalla propria attività mentale in quanto tale.
Le pratiche di Mindfulness affondano le loro radici negli antichi insegnamenti della spiritualità orientale (Buddismo, Zen, Yoga), riprendendo in particolar modo aspetti propri della meditazione Vipassanā che, a differenza di altre forme di meditazione, non è finalizzata al raggiungimento di stati di assorbimento meditativo e non ha un carattere astrattivo, ma tende piuttosto a sviluppare la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali.
In protocolli mindfulness-based proposti in ambito psicologico (a cominciare  dal primo e più famoso, l'MBSR - Mindfulness-Based Stress Reduction,  modello di riferimento anche per gli altri), pur attingengo ad ampie mani da quegli insegnamenti, si limitano ad accoglierne solo gli aspetti strettamente connessi al benessere psico-fisico. Ciò significa che accostarsi alla Mindfulness e alle sue pratiche non implica per noialtri l'adesione agli insegnamenti spirituali, religiosi e in senso ampio culturali propri delle tradizioni orientali da cui dette pratiche derivano.
Per dirla in parole semplici, chi pratica la Mindfulness sotto la guida di uno psicologo mindfulness-trainer non mira a raggiungere l'illuminazione, ma semplicemente un po' più di consapevolezza, e quindi ricorre a queste pratiche per prendersi cura di sé e del proprio  benessere psicologico.
Al tempo stesso, una differenza fondamentale tra la consapevolezza di tipo Mindfulness e quella che viene cercata attraverso altre strade offerte dalla psicologia, è che qui si fa pochissimo uso della parola (il silenzio molto spesso accompagna la pratica), e non si va a scavare nel nostro passato per acquisire una consapevolezza retroattiva circa le origini di ciò che troviamo oggi, nel nostro presente.
Lavoriamo insomma con ciò che c'è per come è e lo prendiamo così com'è, senza soffermarci sul perché è così, su dove trova le sue origini, su come le cose sarebbero potute o dovute essere, o su come sarebbe meglio che fossero oggi.
La nostra mente probabilmente sarà molto tentata di portarci su considerazioni del genere; e anzi,  quasi sicuramente lo farà. Ma  noi, come al solito, faremo semplicemente questo: riconosceremo che lei funziona così, lo accetteremo perché è proprio così, e con gentilezza (ma anche con fermezza), riporteremo la nostra attenzione sull'oggetto prescelto della nostra pratica meditativa.
La pratica  così ci aiuterà a rendere la nostra mente via via sempre più calma e lucida, a sciogliere le emozioni difficili, e ad entrare in contatto con la realtà così come essa effettivamente è e non come a volte ci appare attraverso il filtro delle emozioni difficili e dei pensieri intrusivi.


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giovedì 12 settembre 2019

Ricominciare si può in ogni fase della vita. Intervista su Donna Moderna


Cambiare vita negli "anta"? Si può!

Donna Moderna dedica uno spazio a questo argomento intervistando Maria Michela Altiero


Maria Michela Altiero, psicologa, life coach e mindfulness trainer 
offre consulenza dal vivo e online



martedì 3 settembre 2019

Nuovo studio, nuovo logo. Considerazioni sui traslochi, sui cambiamenti e sull'apertura di nuovi scenari


Inizio questo mese di settembre con una novità: ho trasferito il mio studio in Corso Avezzana 34, a Torre del Greco. Sarà un piacere per me inaugurarlo con quanti di voi vorranno partecipare ai prossimi eventi in programma (il 20 e il 24 settembre due presentazione gratuite a tema mindfulness, dal 1° ottobre il programma MBSR, a dicembre il nuovo ciclo di incontri dedicati alla compassione).

Prendo spunto dalla recente esperienza del trasloco, per qualche riflessione più generale in tema di cambiamenti.
Tanto per cominciare, va detto che questo trasferimento dello studio non è partito per mia iniziativa. In passato l'idea mi era anche balenata in mente di tanto in tanto ma poi, per amor di quiete, l'avevo sempre accantonata o dimenticata, scegliendo di restare dove stavo anziché complicarmi la vita. Poi un bel giorno il contratto di locazione è giunto a scadenza e, per via di certe necessità della parte locatrice, non è stato rinnovato. Così mi sono trovata sfrattata.
Quando veniamo sloggiati da una postazione che ci è familiare, come per esempio da una casa, da una posizione lavorativa, dal posto che occupiamo al fianco di un partner, è del tutto naturale che sulle prime l'esperienza possa presentarsi a noi come sgradevole. E ciò a prescindere da quanto fosse effettivamente soddisfacente per noi la posizione in questione (il mio vecchio studio per esempio non era più abbastanza capiente per i gruppi e poteva capitare di stare un po' stretti). A volte ci riesce più semplice restare in una situazione scomoda ma nota, che esporci deliberatamente a un cambiamento,  perché questo ci costringe ad uscire dalle nostre abitudini, a ripensare l'organizzazione della nostra vita, a fare i conti con l'incertezza.
Poi viene la volta che la vita ci impone di cambiare. E non ci domanda se siamo d'accordo. Non ascolta le nostre rimostranze. In certi casi non ci dà nemmeno il preavviso (come invece e per fortuna avviene per le finite locazioni).
Allora la questione non è più evitabile né procrastinabile: l'onda del cambiamento ci si para davanti e ci chiede di cavalcarla. Sta a noi scegliere se sprecare le nostre energie rifiutando la realtà e contrastando le richieste dei tempi oppure aprirci all'enorme potenziale di rinnovamento insito nella fine delle cose e nel tramonto dei vecchi scenari, per aprirci a scenari nuovi e a tutto ciò che può nascere proprio perché qualcos'altro muore. Per fiorire,  i semi del cambiamento hanno bisogno di un terreno che li sappia accogliere e i traslochi veri o simbolici della nostra vita sono un buon momento per estirpare le erbacce, dissodare la terra e dare modo ai processi di crescita di seguire i loro tempi. 
Mentre lo studio vecchio era mezzo smontato e lo studio nuovo in fase di allestimento, in una calda giornata passata a dividermi di qua e di là (i clienti nello studio vecchio con quattro mobili, gli operai in quello nuovo con trapani, scatole e scatoloni) mi arriva una telefonata. Mi propongono un'intervista in quanto life coach ed esperta di cambiamento. Mi viene un po' da ridere, dato il momento.  Beninteso loro non sanno che sono nel pieno di un cambiamento (è una coincidenza...) e quando glielo dico (dico cioè: dovrò ricevervi nella baraonda di un trasloco) la risposta è questa: "Non è importante dove ci riceve, signora: il luogo che veniamo a visitare è Lei".

Oggi, reduce soddisfatta di questa calda estate passata a ripensare l'organizzazione dei miei spazi lavorativi, finalmente alleggerita del peso di vecchi arredi, vecchie riviste, vecchie scartoffie, mi accorgo che questo cambiamento di scenario mi ci voleva.
Apro la finestra e il panorama è nuovo. L'esposizione è diversa, i rumori in strada anche. Ho nuovi vicini. Qualche nuovo arredo. Spazi liberi, senza ingombri casuali.
Con l'occasione ho cambiato anche logo.
Il nuovo logo (un albero che contiene una stella) è il punto d'incontro tra le due immagini precedenti:




quella utilizzata per il counseling psicologico e il life coaching, con gli omini in viaggio che fanno una sosta sotto un albero e che si orientano grazie a una stella in cielo;



e quella utilizzata per le pratiche di mindfulness, con una persona che medita sotto un albero, ferma in raccoglimento, connessa al più ampio universo di cui fa parte.


Il nuovo logo vuole mettere insieme l'andare e lo stare, dando al simbolo un valore unificante. Come a dire: che tu stia fermo in un luogo, in raccoglimento, o in viaggio nella vita, spostandoti di qua e di là, ciò che ti guiderà e ti farà sentire a casa è la luce che porti dentro. Prenditene cura. 

In questo spirito, voglio aprire il nuovo anno lavorativo con due auguri. 
Il primo è per tutti noi che ci dedichiamo alle pratiche di mindfulness. Che la luce della consapevolezza, che intendiamo alimentare e tenere accesa con la regolarità della pratica, possa illuminare le nostre menti e la nostra vita, farci sentire a casa nel nostro corpo ovunque siamo, fermi o in viaggio, radicati nella realtà come alberi e in contatto rispettoso e amorevole con l'universo vivente di cui siamo parte.
Il secondo è per quanti di noi, in questo momento, soffrono perché  fermi in una situazione scomoda o che ha fatto il suo tempo ma da cui, per amor di quiete o paura di trambusto, non osano uscire, come una relazione logora che va avanti per forza di inerzia, un luogo in cui si vive che non risponde più alle proprie esigenze, o  un lavoro che opprime il cuore e non lascia decollare il progetto lavorativo dei sogni.
L'augurio in questi casi non è di fare un passo per cui non ci si senta pronti, ma di saper riconoscere quando arriva il momento di farlo.
A volte la sorte ci viene incontro accompagnandoci (e magari anche un po' spingendoci) là dove non oseremmo andare in circostanze abituali. Concediamoci in questi casi un ascolto attento delle reali richieste che la vita ci pone quando ci lancia le sue sfide,  e anche il lusso, se i tempi sono maturi, di lasciar emergere la personalissima risposta del nostro cuore, che forse aspettava solo di essere interrogato per sentirsi libero di parlare e magari di stupirci, con la grande potenza che possono avere le risposte creative quando sono tempestive.



Quando soffia il vento del cambiamento
 alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento.
(Proverbio cinese)

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