Vediamo.
Una giornata di irrequietezza, sono nervosa e distratta, non riesco a concentrarmi su nulla. Nemmeno so cosa voglio. Mi sento scontenta. Quasi non so cosa ci faccio al mondo.
Prendo la via dell'orto.
Questo vuol dire: legarsi alla cintola il fodero con le cesoie, attraversare il giardino, strada facendo tagliare un rametto secco, già che ci sono passare dal frutteto a vedere se le more di gelso sono mature. Sì, le prime: belle nere, così sugose che quando le stacco per mettermele in bocca mi tingono le dita.
Già solo a mangiare le more mi sono scordata del mio malumore. Quando arrivo nell'orto non so più nemmeno perché ci sono venuta. Mi guardo intorno. Uh, i pomodori sono cresciuti, vanno legati alla canna sennò col vento si spezzano, e poi diventano tutti un intrico. Le zucchine hanno sete. Il basilico va cimato, magari ci faccio un pesto.
Traffico tra le piante e loro mi dicono perché sono qui: hai noi da accudire. Prenditi cura di noi, ricambieremo con un invito a pranzo. Ti daremo il meglio di noi.
E' già qualcosa. Non sarà ancora del tutto chiaro, cosa ci faccio al mondo, ma da questo suo frammento una risposta incoraggiante mi arriva. Mi sento meno sgomenta.
Bello, il semplice essere qui. Come sarebbe triste, non esserci affatto!
Torno a casa col cestino pieno di cose buone. Il vento ha soffiato via le nubi, vedo l'azzurro del cielo."
(Pia Pera, Giardino & Ortoterapia)
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"Talvolta, per avvicinare una donna alla natura Vita/Morte/Vita, la invito a curare un giardino, sia esso un giardino psichico o uno con fango, sporcizia, verde, e tutto ciò che circonda e aiuta e assale. Diciamo che rappresenta la psiche selvaggia. Il giardino è un collegamento concreto con la vita e con la morte. Si potrebbe dire che esiste addirittura una religione del giardino, poiché insegna profonde lezioni psicologiche e spirituali. Tutto ciò che può accadere a un giardino può accadere all'anima e alla psiche - troppa acqua, troppo poca, cimici, caldo, tempesta, inondazione, invasione, miracoli, morte, rinascita, grazia, guarigione.
Mentre curano il giardino, le donne tengono un diario, su cui registrano i segni di vita e di morte. Nel giardino ci esercitiamo a lasciar vivere e morire pensieri, idee, preferenze, desideri e perfino amori. Piantiamo, strappiamo, seppelliamo. Dissecchiamo i semi, li seminiamo, li sosteniamo.
Il giardino è un esercizio di meditazione, per capire quando è tempo per alcunché di morire. In giardino si vede arrivare il tempo del godimento e quello della morte. In giardino ci si muove con e non contro le inspirazioni e le espirazioni della più grande Natura selvaggia.
Mediante questa meditazione, riconosciamo che il ciclo Vita/Morte/Vita è naturale. [...] In questo processo diveniamo come il selvaggio ciclico. Abbiamo la capacità di infondere energia e rafforzare la vita, e di non interferire con quel che muore."
(Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi)
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"La solitudine del giardino non è isolamento.Tutt'altro.
Tra le piante, prendendosi cura di loro, si intrecciano fili invisibili che permettono di sentirsi connessi alla rete della vita."
(Pia Pera, Giardino & Ortoterapia)
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(Tutte le immagini di questo post riproducono opere di Jennifer Knauss)
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(Tutte le immagini di questo post riproducono opere di Jennifer Knauss)
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