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domenica 16 novembre 2014

Rimpianti o rimorsi? Un pensiero di Aldo Carotenuto

"I rimpianti sono dei veri e propri spettri, sempre in agguato e pronti a devastare la nostra vita costringendoci a immaginare in modo doloroso come sarebbero potute andare le cose se solo si fosse riuscito a trovare il coraggio di osare.
A differenza del rimpianto, che implica una specie di dubbio amletico dovuto al non aver agito affatto, il rimorso consiste in un tarlo, in un cruccio provocato dalla consapevolezza di aver agito male, di aver preso la decisione sbagliata, di aver combinato un guaio. Non vi è dubbio che i rimorsi siano in grado di assillarci fino allo sfinimento eppure, soprattutto in amore, sono preferibili ai rimpianti. Il rimorso implica l'aver agito, l'essere stati in grado, ad esempio, di chiudere un rapporto che non funzionava più, per viverne un altro liberamente, ma implica anche il farsi carico di tutte le responsabilità e conseguenze che una simile azione può comportare. I rimorsi affiorano quando ci apriamo alla vita e ai sentimenti senza esitare, quando accettiamo di correre dei rischi pur di esprimere senza mentire ciò che proviamo. Ma vivere significa anche guardarsi allo specchio e rendersi conto all'improvviso di avere sbagliato tutto, di avere abbandonato nostro marito o nostra moglie per una persona che avevamo immaginato diversa, di avere mandato in frantumi un rapporto che invece era quello giusto per noi, di avere fatto soffrire qualcuno che non meritava tanto dolore. E' questa la normalità degli eventi: rischi, vittorie, sconfitte.
Accettare che le cose stiano in questo modo vuol dire compiere il primo e più importante passo verso la consapevolezza nei confronti della vita, ma significa anche accettare l'eventualità che le esperienze si trasformino in fallimenti, in rovinose cadute che trascinano verso il basso non solo noi stessi, ma anche le persone che ci circondano. Eppure è più utile e salutare accumulare rimorsi piuttosto che vivere di rimpianti. Poiché rimpiangere significa, su un piano metaforico, avere rinunciato a vivere, essersi sottratti alle esperienze e chiedersi, giorno dopo giorno, in modo quasi ossessivo, "come sarebbe stato se". "
(Aldo Carotenuto, Il gioco delle passioni)  
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