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mercoledì 31 ottobre 2012

"Puoi imparare un sacco di cose dai bambini. 
Quanta pazienza hai, per esempio."
 (Franklin P. Jones)
"Non possiamo mai giudicare le vite degli altri, 
perché ogni persona conosce solo
 il suo dolore e le sue rinunce.
 Una cosa è sentire di essere sul giusto cammino,
 ma un'altra è pensare che il tuo
 sia l'unico cammino." 
(Paulo Coelho)

lunedì 29 ottobre 2012

Sogni da tempi duri: due pensieri di Clarissa Pinkola Estés

"In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali,
quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno." 
(Clarissa Pinkola Estés)
"Quando si lotta per qualcosa di importante 
bisogna circondarsi di persone
 che sostengono il nostro lavoro.
 È una trappola e un veleno avere intorno
 persone che hanno le nostre stesse ferite
 ma non il desiderio vero di guarirle."
  (Clarissa Pinkola Estés)

Il piccolo libro della calma

Stasera voglio rendere omaggio al primo passo che ho compiuto sul mio personale sentiero verso la serenità. Questo passo risale a 13 anni fa. Un bel giorno del lontano 1999,   guardandomi allo specchio mentre mi passavo lo stick sulle occhiaia, ho chiesto a me stessa: "Aspetti qualcosa di 'specifico' per deciderti una buona volta a darti una calmata?".
Ognuno si faccia la sua idea su quale sarebbe per lui la 'cosa specifica' che lo indurrebbe a darsi una calmata. Quanto a me, la mia idea era talmente minacciosa che decisi di non aspettarla, una cosa specifica, di non arrivarci, e piuttosto di cercare deliberatamente un po' di pace, prima che la vita mi costringesse a trovarla con misure drastiche. 
Fu così che feci il mio primo passo. Un passo piccolissimo, ma simbolicamente molto preciso.
Andai in libreria e comprai "Il piccolo libro della calma" di Paul Wilson.
Quindi lo misi in borsa e cominciai una specie di gioco solitario: ogni tanto lo aprivo a caso e leggevo cosa aveva da dirmi. In effetti dava tanti piccoli innocenti consigli, che un po' funzionavano e un po' anche no. Leggerli non mi costava niente, ma intanto mi ricordava che avevo preso una precisa decisione: quella cioè di mettermi alla ricerca di tutto ciò che in un  modo o nell'altro potesse favorire la mia calma, la mia serenità e quindi alla fine il mio benessere.
***
Stasera ho deciso di aprire a caso il mio vecchio libricino per voi.
L'ho fatto tre volte e sono usciti i seguenti tre consigli.
Spero che almeno uno di essi possa risultare interessante per qualcuno di voi!

  • "Lasciati andare. Contrai i muscoli - quelli delle braccia o delle gambe, per esempio - e poi allentali di colpo. Il contrasto tra la tensione e la distensione dovrebbe farti capire che cosa si prova ad essere veramente rilassati. Medita su questa sensazione."
  • "Organizza personalmente i tuoi impegni. Se stabilirai da te i tuoi impegni e non consentirai agli altri di importi il come e il quando, avrai molto più tempo per rilassarti."
  • "Fai tesoro dei momenti belli. Annotali, conservane una foto, registrali nel computer. Poi richiamali spesso alla mente e riflettici sopra, prova piacere rivivendoli e fanne parte integrante della tua routine quotidiana e dei tuoi progetti futuri."


domenica 28 ottobre 2012

"Less is more", il principio del miglioramento per sottrazione applicato alla nostra vita


nella foto:  Ludwig Mies van der Rohe (Aquisgrana, 27 marzo 1886 - Chicago, 17 agosto 1969), architetto e designer tedesco.   
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"Less is more" (vale a dire “meno è più” ovvero “meno è meglio”) è un'espressione adoperata inizialmente dal poeta inglese Robert Browning, nel 1855, in un monologo intitolato Andrea del Sarto ("Well, less is more, Lucrezia") e quindi diventata celebre grazie ad uno dei massimi architetti contemporanei, il tedesco Ludwig Mies van der Rohe. "Less is more", infatti, sintetizza la poetica di questo maestro dell’architettura: un minimalismo formale a cui giungere attraverso un lavoro di sottrazione, in un processo creativo di continua ricerca della semplicità.
Come l'essenza vera della costruzione architettonica può emergere ed essere esaltata da un utilizzo di linee, colori e materiali improntato a rigore, parsimonia e coerenza, così, anche a livello esistenziale, il richiamo a valori come semplicità,  sobrietà,  linearità,  essenzialità,  eleganza,  schiettezza, sostanza può aggiungere qualità alla nostra vita.
Per aggiungere qualità, insomma, a volte occorre saper sottrarre... quantità.
E questo principio vale così in architettura come nella vita.
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Di seguito una mia nota sull'argomento, risalente a qualche anno fa.
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LESS IS MORE 

"Less is more" è una forma invisibile di successo esistenziale.
"Less is more" è il guadagno che viene dall'alleggerimento.
"Less is more" è quel di più che viene dal meno.
"Less is more" è coerente con il principio per cui ciò che è pieno va svuotato e ciò che è vuoto va riempito.
"Less is more" è il percorso che porta all'essenza delle cose.

Semplici esperienze di "less is more" sono alla portata di tutti.

I primi più banali gradini sono i seguenti risultati e il senso di alleggerimento che ne traiamo:
meno cianfrusaglie nei cassetti; meno soprammobili sopra i mobili; meno quadri alle pareti; meno polvere tutt'intorno; meno grassi in ottime pietanze; meno chili sulla nostra bilancia; meno scadenze nell'agenda; meno pensieri per la testa; meno rapporti formali; meno spese di rappresentanza; meno visibilità; meno telefono e meno televisione; meno carte inutili; meno vuoti a perdere...
Questo elenco non è esaustivo e non è nemmeno una formula universale. Infatti il meno è una qualità aggiuntiva solo in presenza di un troppo. E anche il troppo è un paramentro variabile e soggettivo.
In una casa con un solo quadro, per esempio, potrebbe non esserci guadagno a togliere un quadro, cosa che diversamente potrebbe essere un vantaggio in una casa talmente piena di quadri da non poterne contenere altri (magari anche più belli). Al tempo stesso anche la casa con un solo quadro potrebbe trarre vantaggio da un quadro in meno, ove questo risultasse tremendamente brutto o opprimente per chi vive la casa.
E così per le altre cose: il peso, il telefono, la visibilità ecc.
Ognuno di noi ha le sue aree sature da alleggerire e quelle vuote da riempire.
Ma l'idea che in ogni settore (economico, alimentare, sociale, estetico, botanico, sessuale, ecc.) l'accumulo porti all'arricchimento crescente, rende sfuggevole il concetto per cui, raggiunto il punto di saturazione, la via dell'arricchimento svolta verso lo sfoltimento.
Less is more vuol dire potare con sapienza ciò che va potato... per avere una meravigliosa fioritura.

Less is more non ha un significato equivalente al detto "il troppo storpia", perché questo detto ha una valenza più statica e negativa. Less is more è invece un concetto dinamico: implica un movimento verso l'accumulare, il riempire, il saturare e quindi un movimento inverso verso lo sfoltire, l'alleggerire, il vuotare, che proprio dal movimento precedente trae senso.
Ciò a ben vedere vale anche per questa nota in sé e per sé.
Arrivati a questo punto di questa nota, infatti, si potrebbe ben dire che tutte le parole fin qui usate sono "troppe" e che possono essere cancellate quasi tutte, perché ormai tra noi basta dirci "LESS IS MORE" per riassumere l'intero discorso.
Eppure... è solo grazie all'accumulo di così tante parole che questa lunga nota ha raggiunto il suo scopo: ha espresso ciò che intendeva esprimere.
Non sarebbe stato lo stesso dire sin dal principio solo e semplicemente "less is more".
Perché è solo qui, alla fine del discorso, raggiunta la saturazione, che tante parole non servono più.
Ed è da questo punto in poi che, se avremo condiviso il concetto, trarremo vantaggio dal cancellare tutto il discorso e salvarne solo... le prime tre parole.

I cattivi momenti


"I cattivi momenti sono fatti per apprendere certe cose che gli altri momenti non mostrano.

Cattivi, in senso assoluto e oggettivo, sono i momenti in cui non vi è nulla da afferrare, in cui non è possibile afferrare niente che si possa portare con sé nel cielo della mente.

...Di questi momenti, alcuni passano per buoni agli occhi della gente comune." (Paul Valery)

sabato 27 ottobre 2012

La capacità di essere soli e la qualità delle nostre relazioni

La solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo." (Giacomo Leopardi)


Per essere realmente e profondamente sereni dobbiamo avere dentro di noi un senso di completezza che  ci consenta di stare bene con noi stessi anche quando siamo soli. 
Questo non implica dover condurre una vita da eremiti, ma piuttosto una vita libera, dove si possa liberamente scegliere se e quando stare in compagnia oppure in solitudine. 
Per quanto la nostra cultura spinga verso l'idea dell'amore inteso come necessità e bisogno ("non posso vivere senza di te", "la mia vita senza di te non ha scopo"), in realtà la vera ricchezza di una relazione matura è proprio nella sua "non necessità": sono io, nella mia completezza, a scegliere di stare con te, nella tua completezza, perché amarci è un arricchimento reciproco, una gioia, un onore, e non un modo come un altro per tamponare i  vuoti che ci portiamo dentro.
Insomma è un po' la differenza tra mangiare per fame e mangiare per gusto.
Chi è capace di stare bene da solo è un po' come se fosse capace di sfamarsi da sé, cosa che lo rende libero di accostarsi ad una pietanza prelibata per il piacere di degustarla ed apprezzarla in tutto il suo valore... e non solo perché ha bisogno di  qualcosa da mettere sotto i denti per non svenire!
Il discorso, impostato così, potrebbe portare molto lontano.
Per esempio potrebbe portare ad un riflessione sulla qualità delle nostre relazioni d'amore.
Che tipo di relazioni tendiamo a portare avanti: relazioni produttive, che ci fanno stare bene, ci danno serenità, fiducia e speranza, o relazioni distruttive, che ci fanno stare male, ci impoveriscono,  ci esauriscono, non ci danno pace e che tuttavia non riusciamo ad interrompere?
Inutile ricordare che valanghe di poesie, romanzi rosa e canzoni d'amore d'ogni tempo  celebrano l'amore doloroso molto più di quello appagante e sereno, per il semplice fatto che il  primo fa clamore e "vende" (con ampi benefici peraltro per autori, editori e case discografiche), mentre il secondo è qualcosa che per sua natura non si vende e non si compra, ed è talmente pago di sé da restare volentieri silenzioso. 
Per cui, non rassegnamoci all'idea che l'amore debba essere per sua natura estasi e tormento, ma chiediamoci come ce la caviamo noi, personalmente, nelle relazioni e cosa vogliamo.
Stiamo con una persona perché le vogliamo bene, l'apprezziamo, ne riconosciamo il valore, ne tolleriamo i limiti, ed attuiamo con essa uno scambio sano di attenzioni e ricchezza umana, sentendoci a nostra volta riconosciuti nel nostro valore, tollerati nei nostri limiti e ricambiati in attenzioni e ricchezza umana? O ci stiamo insieme perché ci diciamo che l'amiamo, ma in realtà... soffriamo ben bene?
E quando ci accorgiamo che una relazione ci fa male (perché magari calpesta la nostra identità, la nostra dignità, i nostri valori, i nostri bisogni, i nostri sogni, se non addirittura la nostra incolumità fisica), siamo capaci di liberarcene, al momento buono, o ce la teniamo cara cara, perché per qualche strano motivo non riusciamo a farne a meno? 
E in che misura su tutto ciò influisce (tra l'altro) la nostra... "incapacità di essere soli"?

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A seguire due citazioni sulla capacità di essere soli di due autori abbastanza diversi tra loro:  Brenda Shoshanna, psicologa e psicoterapeuta studiosa di Zen, e Donald W. Winnicott, noto psicoanalista inglese del secolo scorso. 

"Per superare il dolore della transitorietà dobbiamo imparare a conoscere la differenza fra essere soli ed essere unici.
Se non sappiamo essere soli con noi stessi, se non sappiamo stare con noi stessi in tutte le situazioni della vita, indipendentemente da quante persone abbiamo accanto, ci sentiremo sempre soli in maniera negativa.
Ciò non significa chiuderci in un eremo o evitare la compagnia. 

Tutto l’opposto. Semplicemente, impariamo ad essere totali e completi dentro di noi, liberi di avere o non avere compagnia, liberi di appoggiarci solo a noi stessi, di sapere chi siamo, e di non essere trascinati di qua e di là dagli altri, ma di camminare liberamente con i nostri piedi su questa preziosa Terra.
Se sappiamo fare così, non dobbiamo proiettare una falsa immagine di noi per sentirci amabili.
Tutte le cose della vita diventano preziose, perché viene accettato e apprezzato il nostro vero sé.
Quando siamo noi il nostro compagno, i rapporti diventano avventure meravigliose, e non più qualcosa a cui aggrapparsi per sopravvivere. Possiamo amare chiunque. Vediamo come sono le persone, le apprezziamo e ne godiamo. Condividiamo con loro la nostra pienezza e quando viene il momento della separazione, le lasciamo andare naturalmente." (Brenda Shoshanna)


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"Desidero prendere in esame la capacità dell'individuo di essere solo, in base al presupposto che questa capacità sia uno dei segni più importanti di maturità nello sviluppo affettivo. ...
L'essere solo di fatto
Noterete che qui non sto parlando dell'essere solo di fatto.
Una persona può trovarsi relegata in solitudine eppure non essere capace di stare sola e allora non si può immaginare quanto debba soffrire. Molte persone però acquisiscono la capacità di godere della solitudine prima di superare l'infanzia e possono persino giungere ad apprezzare la solitudine come un bene assai prezioso.
La capacità di stare solo è un fenomeno altamente raffinato, che nello sviluppo di una persona può presentarsi dopo l'istituirsi di relazioni triangolari, o anche è un fenomeno del primo periodo di vita che va studiato con particolare attenzione perché la forma raffinata della solitudine si fonda su di esso.
Paradosso
Posso ora formulare il punto principale del mio contributo.
Sebbene molti tipi di esperienza contribuiscano alla formazione della capacità di essere solo, ve n'è uno che è fondamentale e senza il quale tale capacità non si instaura: è l'esperienza di essere solo, da infante e da bambino piccolo, in presenza della madre. In tal modo la capacità di essere solo ha un fondamento paradossale, e cioè l'esperienza di essere solo in presenza di un'altra persona. ...
Dopo il rapporto sessuale
E' forse giusto dire che dopo un rapporto sessuale soddisfacente ciascun partner è solo ed è contento di essere solo. L'essere capace di godere di essere solo assieme ad un'altra persona che è pure sola è in sé un'esperienza sana. La mancanza di tensione istintuale può produrre angoscia, ma l'integrazione della personalità nel tempo permette all'individuo di attendere il naturale ritorno della tensione istintuale, e di godere del condividere la solitudine - una solitudine che è relativamente libera dalla qualità del ritirarsi (withdrawal). ...
L'oggetto interno buono
Tenterò ora di usare un altro linguaggio, che deriva dall'opera di Melanie Klein. La capacità di essere solo dipende dall'esistenza di un oggetto buono nella realtà psichica dell'individuo. ... Il rapporto dell'individuo con i propri oggetti interni, unito alla fiducia verso le relazioni interne, offre di per sé una sufficiente pienezza di vita, così che temporaneamente egli è in grado di riposare contento anche in assenza di oggetti e di stimoli esterni.
La maturità e la capacità di essere solo implica che l'individuo abbia avuto la possibilità, grazie a cure materne abbastanza buone, di costruirsi la fiducia nell'esistenza di un ambiente benigno. Questa fiducia si forma attraverso la ripetizione di gratificazioni istintuali soddisfacenti."   (Donald W. Winnicott)

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venerdì 26 ottobre 2012

Riconoscere lo straordinario nell'ordinario

"È una gran cosa quando realizzi di avere ancora l'abilità di sorprenderti.
 Ti fa chiedere cos'altro puoi fare
 che ti sei dimenticato." 
(dal film "American Beauty")

Coltivare la gratitudine (nostra prima regola della serenità...) significa anche non dare nulla per scontato: e soprattutto non dare per scontati i tanti piccoli miracoli quotidiani che avvengono sotto i nostri occhi.
Ricordiamo sempre che cose straordinarie si ripetono continuamente intorno a noi e che è solo l'abitudine a renderci distratti e insensibili al loro reale valore.
Oggi rifletti su tutte le cose straordinarie a cui ti sei abituato e per cui non provi più alcuno stupore.
Sei tu che non riesci più a stupirti o sono loro ad essere oggettivamente insignificanti?
Pensa all'alternarsi di giorno e notte, allo sviluppo di un bambino, alla forza di gravità, alla pioggia, al vento, alle onde del mare, ai girini e alle rane, alla frutta di stagione, alla gravidanza di una donna, alle nuvole, ai semi delle piante...
Guarda queste e tutte le altre infinite cose ordinarie del nostro mondo con l'occhio di chi non le abbia mai viste prima.
Oppure, ancora meglio, immagina di dover descrivere qualcuna di queste cose ad un alieno che non le abbia mai viste.
Però non descrivergliele come cose insignificanti.
Digli la verità, ma digliela come se tu dovessi vendergli un viaggio sulla Terra.
Descrivigli le cose ordinarie di casa nostra come le meraviglie che effettivamente sono.
Meraviglie per cui valga la pena farsi un viaggio da queste parti.
Magari, in questo modo, lo straordinario nell'ordinario comincerai a notarlo meglio anche tu.
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***  2 esempi semi-seri   ***

"Questi, li vede? Ce ne sono tantissimi da noi! Sembrano sassolini, ma sono tutta un'altra cosa... Che le devo dire? Se ne prende uno, si mette sotto terra, gli si dà ogni giorno un po' d'acqua, gli si fa prendere un po' di luce e si sta ad aspettare. Prima o poi succede qualcosa di straordinario: tipo che esce un fiore, un carciofo, una zucca, un albero di mele... cose così, insomma: come le vede qui sul depliant.  Non ci crede, eh? Normale. Fate tutti così, all'inizio, voi alieni... poi venite sulla Terra e a ogni passo vi mettete a gridare: meraviglia! miracolo!"

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"Vuole una descrizione a parole mie, dice? Allora: a volte sono grandi, a volte meno grandi, di solito il colore  è bianco (ma può essere anche grigio, un po' azzurrino, o rosa, viola). Se ne stanno lì per aria, compaiono, scompaiono, si muovono, cambiano forma. Fanno un po' quello che gli pare. No, non sono esseri viventi. A vedere si vedono bene, ma non si possono toccare. Se allunghi la mano e provi a toccare non senti niente: come se toccassi l'aria. Ci puoi passare addirittura dentro, volendo! Non succede niente: al massimo vedi tutto bianco per un po'. No che non fanno paura! Perché mi fa questa domanda? Perché il mio collega le ha detto che i fantasmi sono terribili? Ma questi non sono fantasmi! No: sono tutta un'altra cosa. Si chiamano nuvole. Sono innoque: il peggio che possano fare è buttarti un po' d'acqua in testa! Allora, che fa? Lo prenota il viaggio per venire a vederle? O devo descriverle cos'è una donna incinta? Si figuri... una donna che dentro la pancia tiene un bimbetto tutto intero e tutto vivo! Ce ne sono a migliaia, sulla terra! Per non parlare dei vulcani, quelli poi... "

Vedi anche: 
"La saggezza è lasciar crescere ciò che nasce, gustare ciò che è maturo e lasciar perdere ciò che è morto." (Shafique Keshavjee)

giovedì 25 ottobre 2012

Imparare a rallentare

Stasera vi propongo un passo tratto dal libro "Quando hai fretta cammina lentamente" di Eknath Easwaran. 
Si tratta della prima di otto regole che l'autore suggerisce a chiunque voglia vivere meglio.
In un blog destinato a persone che corrono potrebbe sembrare provocatorio qualunque suggerimento di rallentare. Eppure qui, secondo me, si può trovare qualche dritta giusta per chiunque.
Insomma, cominciamo a leggere, magari piano piano, e poi si vedrà che fare.
(Senza nessuna fretta...) 
***

"1. Imparare a rallentare

Per evitare di correre tutto il giorno, cominciate presto la giornata, alzandovi di buon'ora. Ogni mattina, dedicate mezz'ora alla meditazione o alla lettura di brani ispiratori e alla riflessione. Non permettete intrusioni di nessun tipo in quello che è il momento più prezioso di tutta la giornata.

Fate colazione con molta calma.

Organizzatevi in modo da arrivare sempre in lieve anticipo, a prescindere dall'impegno che vi aspetta.

Semplificatevi la vita: non pretendete di fare più di quello che le vostre forze vi permettono. Cominciate con l'elencare le varie attività, poi vagliate l'elenco e depennate tutti gli impegni inutili o che non forniscano un effettivo beneficio.

Non cercate di fare l'impossibile, né di soddisfare ogni vostro desiderio. Attenetevi giorno per giorno agli impegni più importanti e ricorrete al mantra per non farvi distrarre.

Dedicate ai pasti il tempo necessario. Sedete sempre a tavola e gustate il cibo in compagnia. Ripetete il mantra prima di mangiare e masticate lentamente.

Non lasciatevi travolgere dalla fretta. Ogni volta che vi accorgete di correre, ripetete il mantra per aiutarvi a rallentare il ritmo.

Esercitate la pazienza.

Non fate fretta a chi vive e lavora con voi. Date loro tempo, in modo da concederlo di riflesso anche a voi.

Coltivate i rapporti interpersonali in ogni occasione: vi aiuterà a invertire il processo di spersonalizzazione in atto nel nostro mondo.

Passate meno tempo davanti al televisore.

Riducete gli impegni dei vostri figli. In questo modo semplificherete loro la vita, consentirete loro di godere appieno di quello che fanno e guadagnerete tempo anche voi.

È importante non confondere la lentezza con l'indolenza, che genera negligenza, temporeggiamento e generale inefficienza. Nel rallentare i ritmi, curate meticolosamente l'esecuzione dei dettagli. Date il meglio di voi anche nei compiti più banali." 

(Eknath Easwaran)

Impermeabilizzazioni...

"Esattamente come indossiamo abiti impermeabili quando dobbiamo uscire sotto la pioggia, le volte in cui ci avventuriamo nelle burrasche della vita dobbiamo rendere impermeabile allo stress
 la nostra mente." 
(Eknath Easwaran)
Foto: "Esattamente come indossiamo abiti impermeabili quando dobbiamo uscire sotto la pioggia, le volte in cui ci avventuriamo nelle burrasche della vita dobbiamo rendere impermeabile allo stress la nostra mente." (Eknath Easwaran)

Ciò che si muove non congela: Eventi


A partire dal 2013 si organizzeranno incontri e percorsi di gruppo riguardanti i temi qui trattati, con particolare riguardo, quindi, a tutto ciò che può favorire un'esistenza più serena, autentica e creativa, nello spirito delle 10 regole d'oro della serenità.

Le sedi degli incontri saranno a Napoli (zona uscita tangenziale via Cilea) e a Portici.
La conduttrice dei gruppi sarà prevalentemente la Dottoressa Maria Michela Altiero, psicologa e autrice di questo blog.

Si raccolgono sin d'ora adesioni informali all'iniziativa, senza nessun impegno e a meri fini organizzativi.
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Ti piacerebbe  partecipare ad uno dei nostri gruppi?
Aiutaci a modulare la nostra offerta anche in base alle tue preferenze! Segui le istruzioni alla pagina "Eventi"
Ciò che si muove non congela: Eventi:

mercoledì 24 ottobre 2012

Ci sono novità alla pagina "Eventi"!
"Quando permettiamo alla nostra Luce propria di risplendere, inconsciamente accordiamo il permesso ad altre persone di fare lo stesso."
 (Nelson Mandela)

martedì 23 ottobre 2012

Fino a che punto, per sentirci bene, abbiamo bisogno dell'approvazione altrui?

"Assegniamo a come ci vedono gli altri più realtà del modo in cui vediamo noi stessi. Ma ciò equivale a vederci come un oggetto, perdendo il cuore del nostro vero essere." (Jean-Paul Sartre)
Fino a che punto, per sentirci bene, abbiamo bisogno dell'approvazione altrui?
Ne siamo per caso dipendenti? E, se sì, quanto?
Siamo di quelli che vanno in crisi di astinenza se gli altri non li ammirano o non li ammirano più?
In effetti sin da bambini impariamo a mettere in atto ogni tipo di trucchi per ricevere attenzione e amore, e a volte finiamo col portarci dietro, per tutta la vita, l'idea che per meritare amore dobbiamo comportarci in modo da ricevere l'approvazione di chi ci circonda. Così diciamo una cosa anche se non la pensiamo, ci vestiamo in un certo modo perché è tanto "giusto", e così via, in un susseguirsi di cose che richiamino l'approvazione altrui (compreso magari anche un partner da esibire in pubblico e farci bella figura).
Per quanto eccitante possa essere rispecchiarsi nello sguardo ammirato degli altri, questa può essere un'arma a doppio taglio. Infatti corriamo il rischio di depositare la fiducia in noi stessi, il senso del nostro stesso valore, in mani diverse dalle nostre: e quindi in un posto molto poco sicuro!
La stessa persona che prima ci ammirava, a un certo punto potrebbe stancarsi di noi. Oppure noi stessi potremmo cambiare in qualche nostro aspetto e non piacerle più. E allora? Non valiamo più niente, solo per questo?
"Quando rinunciamo alla nostra folle sete di approvazione," ci ricorda Brenda Shoshanna, "iniziamo a scoprire chi siamo davvero.... Lo Zen lo chiama 'il vero uomo senza rango'. E' il sé che non dipende dall'approvazione   degli altri o dalle circostanze esterne per sentirsi completo e felice. Con il bello e il brutto tempo procede per la sua strada incontaminato."
***
Ed ora una piccola storia zen.
"Una scimmia sedeva sulla sponda di un lago e vide il riflesso della luna nell'acqua. Incantata, entrò nell'acqua per prenderlo. Ma più cercava di afferrarlo e più il riflesso si sottraeva, frantumato in mille altri riflessi causati dalle onde che la scimmia produceva. La scimmia non riusciva a capire che era solo un riflesso.
Alla fine, in un ultimo disperato tentativo di acchiappare la luna, si tuffò nell'acqua e annegò. Se avesse smesso di agitare l'acqua e avesse guardato in alto, avrebbe visto la vera luna nel cielo."

Per scoprire chi siamo davvero, per essere in contatto con il nostro vero valore, dobbiamo smettere di annaspare nell'acqua: dobbiamo smettere di cercare il nostro riflesso negli occhi degli altri.
Oggi decidiamo di sentirci  persone di valore, a prescindere dagli applausi del pubblico.
Arriveranno anche quelli, al momento giusto, e ci faranno sempre piacere, ma non vacilleremo se non dovessimo sentirne l'eco, perché il senso del nostro valore sarà fondato su qualcosa di reale e durevole, di cui saremo noi stessi gli unici attenti custodi.  

lunedì 22 ottobre 2012


"La più grande forma di ignoranza

 è quando si comincia a perdere la propria natura."
(Maharaji)


"...mentre osservo candidi cumuli
che impazziscono in mille forme nel cielo
a chi mi domanda cosa faccia lì disteso
rispondo
guarisco."
(Maurizio Fabris)
"Ciascuno, a modo suo, trova ciò che deve amare,
 e lo ama,
 la finestra diventa uno specchio;
qualunque sia la cosa che amiamo,
 è quello
 che noi siamo."
 (David Leavitt)
 (nell'immagine: "Sogno allo specchio" di Fabio Fiorese)

domenica 21 ottobre 2012

Nutrire la serenità attraverso i sensi. Idee regalo per la nostra vista

I sensi ci forniscono informazioni preziose sull'ambiente in cui viviamo, ci dicono che forma/colore/dimensione hanno le cose, che rumore fanno, quanto sono morbide/dure/ruvide/lisce/calde/fredde, di cosa odorano, di cosa sanno.
Il nostro cervello elabora queste informazioni e a un certo punto sentenzia: "Mi piace", "Non mi piace", "Insomma...". Cose così.

Il fatto che ciò che i nostri sensi percepiscono ci risulti gradevole o sgradevole, non è ininfluente rispetto al nostro "star bene". A volte può influire meno, a volte di più.

A volte, come si dice, noi non siamo "connessi", non  facciamo caso a ciò che abbiamo davanti agli occhi, sotto il naso o nelle orecchie: non ne siamo pienamente consapevoli. 

Siamo talmente altrove con l'attenzione da non accorgerci della differenza tra ciò che ci piace e ciò che non ci piace in ciascun momento della nostra vita, e quindi neanche della differenza tra ciò che contribuisce a farci sentire bene e ciò che contribuisce a farci sentire male. 

Questo può capitare con tutti i sensi.
Oggi, in particolare, faremo due chiacchiere riguardo alla vista.  



***
C'è un racconto di Michel Faber  in cui una venditrice si reca a casa di una donna per offrirle un’alternativa alle solite finestre Per darle una dimostrazione, installa a ridosso  di una di queste uno schermo dotato di telecomando. Quando la donna lo accende per provarlo, vede dalla sua finestra, al posto del solito paesaggio squallido cui è abituata, un bel giardino di campagna, pieno di verde e  pace, con tanto di passerotti che svolazzano qua e là.

La venditrice le spiega che ciò che sta vedendo non è un video registrato, bensì un programma satellitare che riprende in diretta un parco  nel Rochester;  la signora resta talmente affascinata da quel nuovo magico panorama,  che l'affare si conclude su due piedi.

Il racconto si intitola "Gli occhi dell'anima", alludendo a ciò che sostiene la venditrice per promuovere il prodotto: che le finestre, cioè, sono gli occhi dell'anima

Ora, parafrasando Michel Faber, mi verrebbe da dire che i nostri stessi occhi sono come finestre. E - perché no? - proprio finestre dell'anima! 
Ovunque io posi lo sguardo, qualcosa mi entra "dentro".
Può essere un bel panorama o la vista di un gatto morto.

Fa qualche differenza vedere una cosa o l'altra? Direi proprio di sì.
Se vogliamo coltivare la serenità del nostro spirito, dobbiamo tener conto anche della qualità del nutrimento che assumiamo attraverso la vista.
Poter posare lo sguardo su una cosa che ci piace - anche una cosa semplice, come una rosa fresca che abbiamo colto in terrazza, la fotografia della persona amata o dei nostri figli, un biglietto d'auguri con una bella immagine - è una piccola iniezione di positività che ci giova sempre e che può  anche amorevolmente soccorrerci nei momenti di... bisogno.

Pensate, per esempio, a quando ricevete una telefonata pesante a cui non potete sottrarvi. Dove posate lo sguardo per consolarvi? Non so voi, ma io vado diritta sulla cosa più bella che ho intorno, e ristoro lo spirito almeno attraverso gli occhi, visto che me lo stanno martoriando attraverso l'udito. Il mio udito mi sta suggerendo un pensiero del tipo: "il mondo non mi piace"; la mia vista lo compensa suggerendomi un pensiero di segno opposto: "il mondo mi piace". 

Del resto non sarà un caso che, soprattutto un tempo, molte persone mettessero sulle scrivanie le foto dei propri figli o dell'amato coniuge. Allo stesso modo non è un caso che in molti ambienti si usi attaccare quadri alle pareti o che ci siano immagini di ogni tipo sui calendari, quasi a voler soddisfare il bisogno di qualcosa di bello per ogni giorno dell'anno.

L'elenco degli esempi sarebbe infinito e mi fermo qui.
Potete fermarvi qui anche voi, se volete, e cominciare a fare più attenzione alla qualità dei vostri paesaggi abituali, migliorandola nei limiti del possibile e ricordando sempre che anche piccoli cambiamenti su questo fronte possono aggiungere qualcosa alla qualità della vostra vita; oppure potete proseguire nella lettura, nel  caso abbiate voglia oggi di fare un un bel regalo alla vostra vista e alla vostra anima  e siate in cerca di ispirazione. 

Dopo tutto questo blog nasce proprio con l'idea di elargire ispirazioni per migliorare la qualità della vita. 
E tranquilli... nessuno cercherà di vendervi una finestra!

***

Idee regalo per la nostra vista.

Oggi passa in rassegna le cose su cui puoi posare lo sguardo, quando sei nei luoghi dove passi abitualmente le tue ore (il tuo ufficio, il tuo laboratorio, la tua cucina, il tuo soggiorno, la tua camera da letto, addirittura il tuo bagno!).

Sono cose che ti piacciono quando le guardi? Ti sollevano lo spirito? Ti ricordano rapidamente (e senza ombra di dubbio) che al mondo c'è anche gioia e bellezza? O sono per lo più cose che non ti dicono niente, che magari addirittura detesti e che stanno lì , continuamente davanti ai tuoi occhi, non si sa bene perché, come un qualunque incidente della vita?

Magari è roba che quando l'hai messa lì ti piaceva, e ora non ti piace più.
Magari è un regalo che ti hanno fatto al matrimonio o tre Natali fa,  o anche una cosa che mettesti lì un tempo senza tanta convinzione, solo perché l'ambiente ti sembrava sguarnito, e ce l'hai lasciata. 

Bene.
Tra tutte le cose che hai sempre sotto gli occhi e che non ti piacciono, distingui quelle utili e necessarie da quelle inutili e non necessarie. Quindi prendi carta e penna e scrivi in stampatello in cima a un bel foglio la seguente frase:
"Ecco come mi libererò delle cose brutte e inutili che tengo continuamente davanti agli occhi".

A seguire, compilerai un bell'elenco di tutte queste cose e per ciascuna di esse stabilirai che tipo di "viaggio" hai in programma per lei (la collocherai in garage, la darai in beneficenza,  la venderai al mercatino dell'usato, la butterai nella spazzatura). Quindi ce lo scrivi accanto.

Poi prenderai delle scatole (o, se preferisci, delle buste), scriverai su ciascuna una destinazione  (garage, beneficenza, mercatino, spazzatura) e - senza pietà - metterai... ciascun viaggiatore sul suo treno! Cioè metterai ogni cosa brutta e inutile nella scatola che le spetta, quella con la sua destinazione,  foss'anche semplicemente il garage.

Se per disfarti di alcune di queste cose ritieni di aver bisogno di tempo (perché per esempio vuoi approfittare di un'asta natalizia o di una fiera o di un'altra qualunque occasione, o semplicemente vuoi riflettere prima di liberartene per sempre), comincia a metterle comunque nella loro scatola, e trova il modo di ricordarti alla scadenza di portare la scatola a destinazione. Le agende degli appuntamenti serviranno pure a qualcosa: puoi scriverci di ricordarti di qualche scatola in partenza, ma anche come (e quando) ti libererai delle cose brutte e inutili che non possono entrare nelle scatole. 

Fino a che il lavoro non sarà giunto a buon fine, conserva l'elenco e tienilo a portata di mano, come memorandum. Ma dopo liberati anche di quello e non pensarci più! 

Bene.
Già dopo il semplice rituale dell'inscatolamento, ti accorgerai che per ogni cosa brutta/inutile di cui ti sei liberato, avrai creato un bello spazio vuoto.
Rispettalo.
Questo spazio liberato, già di per sé, ha un valore.
Non aver fretta di riempirlo con la prima cosa che capita.
Altrimenti, a quel punto, tanto valeva tenersi il vecchio ciarpame!

Aspetta che arrivi la cosa "giusta", quella che quando ci posi sopra lo sguardo ti faccia sentire bene.
Nel frattempo, ogni volta che capita, posa lo sguardo sulle cose belle che già possiedi, e che magari prima erano sopraffatte dall'ingombro di tutto il resto e nascoste chissà dove.

Metti anche a portata di sguardo qualcosa di bello ed effimero, che puoi cambiare quando vuoi, come un bellissimo salvaschermo o un bellissimo sfondo per il desktop, qualche  fiore reciso, una bella foderina di una rivista, una cartolina che ti fa sognare terre lontane,  penne e matite un po' allegre,  e cose così.

Prima o poi, senza fretta, verrà anche il tempo della foto più bella della tua vita, della statuina fascinosa, della fontana zen, del quadro che ti toglie il fiato, dell'oggetto dal fascino antico. Tutte benedizione per i tuoi occhi e per il tuo spirito, che non sempre puoi ottenere a comando.

Bisogna dar loro il tempo di arrivare e, quando arrivano, onorarne l'importanza che hanno per  la tua vista e per il tuo spirito, accogliendole in quello spazio vuoto che hai preservato e rispettato fino a quel momento e che stava aspettando proprio loro.  

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venerdì 19 ottobre 2012

Le nostre segrete aspirazioni, le nostre naturali attitudini...

"La vita che vogliamo non è semplicemente quella che abbiamo scelto e costruito...
 E' quella che ora dobbiamo scegliere e costruire." (Wendell Berry)

"Mi piacerebbe imparare, o ricordare, come si vive" (Annie Dillard)


E' facile dire a qualcuno "Sii te stesso", il difficile è ricordarsi chi si è veramente.
Quali sono le segrete aspirazioni del tuo cuore, le attitudini della tua vera natura?
Rifletti oggi sul bagaglio di inclinazioni con cui (se non addirittura "per cui") sei venuto al mondo.

Per che cosa nutri da sempre una naturale attrazione, propensione, passione?
Quali sono le parti di te che sono rimaste inespresse, messe a tacere, o che nel tempo hai trascurato, abbandonato, per dedicarti a cose più serie, più importanti, più urgenti?
Forse ora è giunto il momento di tirarle finalmente fuori.
Canta, se sei nato per cantare; recita, se sei nato per recitare; cucina, se sei nato per cucinare; studia, se sei nato per studiare; fotografa, se sei nato per fotografare; zappa, se sei nato per zappare.
Cerca un corso nella tua città, oppure un corso on line, o un qualunque manuale di istruzioni (anche per negati). Trova persone che coltivano la tua stessa passione, condividila con loro, informati su come procedono, cosa fanno, dove si incontrano, dove si procurano materiali, strumenti, occasioni.
Riappròpriati delle tue capacità, coltivale, lascia che si esprimano.
Concediti questo lusso. Consideralo un buon investimento.  

Perché proprio ora?  per farne che? ormai è troppo tardi...
Soliti discorsi. In realtà è sempre il momento buono per disseppellire un tesoro nascosto!
Una volta tirato fuori, qualcosa di buono comunque ne verrà.
Dovunque c'è amore, c'è qualcosa di buono.
E fare ciò che amiamo fare, ciò per cui siamo portati, ciò in cui esprimiamo la nostra vera natura, ci fa sempre bene.
Se non nuoce a nessuno, per quale motivo non prendere in mano gli "attrezzi del proprio vero mestiere"?
E' vero, magari non siamo più ragazzi, non abbiamo più le energie di un tempo, né le occasioni, né la stessa quantità di  futuro.
E allora?
Non è mai troppo tardi per esprimere le proprie potenzialità, tradurle in opera e gioirne.
Che poi quest'opera trovi un riconoscimento da parte del mondo non è dato saperlo, ma certamente non potrà trovarlo se non viene alla  luce.
Non preoccuparti che senso abbia cominciare oggi una cosa che avresti dovuto iniziare venti anni fa. Potresti vivere altri vent'anni e dirti che era una cosa da fare oggi. 
Ricordati, come sostiene un vecchio detto, che ogni viaggio comincia dal primo passo, ovunque si sia diretti. La cosa più difficile è la decisione di incamminarsi, di muoversi, di mettersi in gioco.
Una volta iniziato il viaggio, i passi si moltiplicano rapidamente uno dietro l'altro, la strada si apre quasi da sé davanti a noi, troviamo compagni, nuove ispirazioni e nuove motivazioni.
Il cammino di chi procede verso la propria autorealizzazione è benedetto.
A volte, questa benedizione la percepiamo solo noi e ci accorgiamo di non poter condividere il nostro entusiasmo con amici e parenti. 
Anzi, a volte è addirittura sconsigliabile informarli del nostro progetto, perché magari ci scoraggiano prima ancora che noi iniziamo. Ci dicono cose tipo: "Sei un illuso. Non approderai a niente. Non hai più l'età. Non hai le capacità".
Tappatevi le orecchie, appena qualcuno comincia a farvi discorsi del genere.
Chiedetevi: "Quali sogni meravigliosi ha realizzato questa persona nella sua vita?". Se la risposta è "Nessuno" (e di solito lo è, quando uno parla così), allora non è un consigliere attendibile. Se potete permettervelo, smettete di ascoltare e cambiate argomento. Se non potete permettervelo (perché magari si tratta del principale finanziatore del vostro sogno...), beh, allora almeno non dategli retta. E' in ballo la vostra autorealizzazione, non la sua. E solo voi avete il diritto di giudicare per quale motivo siete venuti su questa terra e se vale la pena andare... dove vi porta il cuore.
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Per concludere, ecco due citazioni,  una di Sarah Ban Breathnach, l'altra di Hermann Hesse, che dicono  in modo piuttosto suggestivo qualcosa che forse... ci può riguardare.

"Ecco cosa credo che accada. Appena prima di arrivare su questa terra per cominciare la vita, ci viene data una fotografia del nostro futuro - il Progetto Divino - perché ci entusiasmiamo alla grande avventura che ci aspetta. Quando la macchina fotografica celeste espelle la fotografia, siamo tanto impazienti di cominciare l'avventura che afferriamo il negativo anziché la fotografia. Così ora abbiamo il disegno di una vita favolosa, ma la prospettiva è capovolta. Il bianco sembra nero, il nero appare bianco. Abbiamo l'immagine intera, ma è al contrario. Così piangiamo quando dovemmo ridere, siamo invidiose quando dovremmo sentirci ispirate, viviamo la privazione invece dell'abbondanza, prendiamo la via più difficile invece di quella facile, ci tiriamo indietro invece di avanzare. E, cosa peggiore di tutte, chiudiamo il nostro cuore per evitare le ferite, quando aprirlo è il solo modo per conoscere la gioia... Oggi prendi il negativo del tuo Progetto Divino e lascia che l'Amore lo sviluppi, così potrai cominciare a vivere la vita per la quale sei stata creata." (Sarah Ban Breathnach)
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"La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso. Finisca poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Affar suo è trovare il proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto e senza fratture dentro di sé. Tutto il resto significa soffermarsi a metà, è un tentativo di fuga, è il ritorno all’ideale della massa, è adattamento e paura del proprio cuore." (Hermann Hesse, Demian)