lunedì 15 agosto 2016

Le strade della serenità: la gioia per la gioia altrui


Oggi è Ferragosto e può darsi che sia per noi una giornata di eventi rilassanti, divertenti, entusiasmanti.  Vi auguro di cuore che sia così (e in tal caso vi invito anche a tornare subito alla vostra vita reale, anziché restare qui su internet...).
Per quelli di noi che hanno invece in programma una giornata libera, sì, ma non esattamente entusiasmante, suggerisco di prendere in considerazione una pratica di benessere ispirata a un antico principio spirituale, che è coltivare la capacità di gioire per la gioia degli altri.
Chi ha avuto figli probabilmente conosce molto bene questo tipo di gioia, anche senza averla coltivata intenzionalmente. Vedi tuo figlio che gioisce e di riflesso gioisci anche tu,  benché nella tua vita in quel momento non stia accadendo niente di speciale (il rovescio della medaglia, come tutti sappiamo,  è che la volta che vedi tuo figlio soffrire, soffri anche tu. Ma questo è un altro paio di maniche).
Questa pratica è particolarmente indicata nei periodi di vacanza, perché le occasioni di incontrare gente che gioisce (anche solo per un momento) possono essere più frequenti.
Mi viene in mente a tal proposito - saltando un po' di palo in frasca - una frase che disse mia sorella tanti anni fa, mentre facevamo zapping alla ricerca di un film rilassante in televisione. Disse: "Vediamo se troviamo una storia di gente ricca che se la spassa...". Beninteso non ne trovammo nemmeno una. Molte storie di gente ricca magari sì. Ma nessuna di gente che davvero se la spassasse e basta. Questo perché la pace, la tranquillità e la gioia non fanno storia, se non quando sono conquistate grazie al superamento di problemi, difficoltà e avventure. Cosa che rende assolutamente non riposante pure lo svago.
Ma torniamo a noi. Supponiamo per un momento che vogliamo avvicinarci per libera scelta a "storie non storie" per coltivare intenzionalmente la gioia come emozione salutare, avvalendoci di quella meravigliosa risorsa umana che è l'empatia, per cui riusciamo a sentire ciò che sente un'altra persona. Eliminiamo - almeno per oggi, che è Ferragosto -  la necessità del pathos, dell'intreccio complicato, dell'enigma, della soluzione del problema come condizione per meritarci il dono di un lieto fine e accostiamoci alla gioia altrui come se andassimo dritti al piacere del lieto fine.  
Difficile comprendere di cosa parlo?
Forse sì.
Se si trattasse di una fiaba (per esempio il Principe Ranocchio, ma anche Biancaneve, Cenerentola, la Bella Addormentata nel bosco, e chissà quante altre) ci avvicineremmo a qualcosa del genere: "C'erano una volta una fanciulla e un principe che si sposarono felici e contenti (dopo varie peripezie, come in tutte le storie). Che bello!". 
Questo è il mondo delle fiabe, mi direte.  Ma nel mondo reale?
Nel mondo reale ognuno di noi ha i suoi momenti sì e i suoi momenti no.
Ma se noi siamo capaci di gioire dei momenti sì degli altri, le nostre occasioni di gioia sono immediatamente moltiplicate.
Più che darvi un manuale di istruzioni per questa pratica, posso farvi qualche esempio. La cosa oggi mi riesce particolarmente facile perché ho appena fatto una passeggiata a piedi di due ore, incontrando molte persone sulla mia strada che mi hanno trasmesso la loro gioia senza saperlo.
Ecco l'elenco di alcuni dei miei fornitori di gioia, oggi.
1) Giovane padre di famiglia pallido, oggi finalmente in ferie, raggiunge in auto la famiglia in località di vacanza. Conosco già la storia perché si ripete ogni anno, ma vederlo partire ora con quell'aria leggera e contenta mi apre il cuore.
2) Signore di mezza età in pantaloncini corti emerge da dietro gli scogli con una busta piena di cozze. Le ha pescate tutte lui! Lo vedo camminare baldanzoso come un ragazzo davanti a me. Lo sento contento. Mi sento contenta.
3) Coppia con passeggino chiacchiera. Bimba con cappellino nel passeggino si lascia condurre tranquilla guardandosi intorno. Mostra interesse per tutto ciò che vede, compresi i miei sandali colorati. Respiro il suo stupore e la gioia della scoperta, mentre mi ricordo anch'io di quanto è interessante il mondo e ne gioisco.
4) Signora con cane passeggia sul lato ombreggiato della strada. Lei e il cane hanno la stessa andatura. Percepisco una buona sintonia tra loro. Mi trasmettono un bel senso di quieta compagnia, lo sento e ne gioisco. 
5) Bambino sulla riva del mare sta costruendo castello di sabbia. Ha inserito un  porticato coperto con canne di bambù. Gli faccio segno di ok con la mano. Mi risponde con un enorme sorriso sdentato. Mi sento orgogliosa per lui e ne gioisco.
6) Giovanotto tatuato e muscoloso sta facendo allenamento con gli attrezzi dei giardini pubblici. Riconosco il suo piacere di far lavorare i muscoli. La mia passeggiata di due ore è quasi finita e il mio corpo è grato per il movimento che ha praticato. La gioia che è nel corpo del giovane è presente  anche nel mio corpo.
***
Coltivare la gioia per la gioia altrui è una buona strada anche per tenere a bada alcuni sentimenti difficili, come per esempio l'invidia, che possono impadronirsi di noi quando le nostre cose non vanno come vorremmo. L'invidia è in un certo senso l'esatto contrario della gioia per la gioia altrui, perché è di fatto una forma di sofferenza per la gioia altrui. 
Qui ci sarebbe molto da dire e lo spazio non lo consente. Ad ogni modo ci sono già altri post sull'invidia in questo blog, basta cercarli (uno per esempio è al seguente link: www.ciochesimuovenoncongela.blogspot.it/2012/11/vizi-capitali-invidia.html).
Ciò che vorrei sottolineare è che, poiché è molto difficile provare simultaneamente due sentimenti di segno opposto riguardo a un medesimo oggetto, alimentare intenzionalmente un sentire di un certo tipo può avere una funzione protettiva per noi dal sentire di segno opposto. 
Beninteso non è così facile sostituire di colpo l'invidia, quando c'è, con la gioia per la gioia altrui.
Questo tipo di lavoro richiede un certo impegno (e quindi anche una certa motivazione), ma soprattutto richiede una buon livello di consapevolezza riguardo al nostro sentire.
La mindfulness in questo senso può esserci di aiuto.
Con le pratiche di mindfulness noi impariamo a prenderci cura del nostro mondo interno (fatto di pensieri, emozioni, sensazioni) innanzitutto osservandolo in modo non giudicante. Nel momento stesso in cui un sentimento come l'invidia diventa oggetto della nostra osservazione (com'è fatta esattamente? in che zona del corpo si manifesta?  come cambia e come non cambia, di momento in momento, mentre ci apriamo ad essa, accogliendola e osservandola con interesse e curiosità?) la sua presa su di noi si allenta. In un certo senso non siamo più invidiosi, ma semplicemente stiamo in compagnia di un evento (l'invidia) che si mostra a noi per essere esplorato e conosciuto, affinché la nostra consapevolezza arrivi a includerlo tra le tante sfaccettature del nostro panorama interno di sensazioni ed emozioni, senza alimentarlo inutilmente di energia (come avviene quando ci aggrappiamo a un certo sentire, tornandoci sopra con pensieri che lo alimentano, oppure lottiamo contro di esso, magari rimproverandocelo e criticandoci, ma senza riuscire a liberarcene).
La mindfulness ci consente di accorgerci di ciò che abbiamo nella mente e nel cuore, in un certo momento, riguardo a un certo oggetto. E di dire: è così. Questa resa allo stato delle cose, questo vederle quietamente in faccia, senza paura o ansia di cambiarle, poi ci consente di scegliere cosa fare, assecondando i nostri valori e le nostre intenzioni.
Ecco allora che la pratica di coltivare la gioia per la gioia altrui trova un ambiente interno adatto ad accoglierla e a farla fiorire. E i suoi frutti possono essere davvero sorprendenti.