sabato 24 dicembre 2016

La meditazione del lago. Traccia audio

Alcuni aspetti della natura si prestano ad essere utilizzati come metafore di stati della mente.
In questo spirito, dopo la meditazione della montagna, vi presento oggi anche la meditazione del lago. 
Il lago è ricettivo e  accoglie ogni cosa che si riflette nella sua acqua, senza rifiutare niente, senza trattenere niente. 
Eppure, che si tratti di una montagna, di un albero o di una nuvola, il riflesso di ogni cosa non è che  un semplice riflesso, un evento che non cambia la natura o la struttura del lago.
Allo stesso modo, anche nella nostra mente può passare qualunque pensiero, sia in forma di immagine sia in forma discorsiva, e noi possiamo accorgerci che non si tratta di realtà (anche se   sembra tale), ma di un semplice evento mentale, evanescente come un riflesso sull'acqua, che compare, indugia per un po' e alla fine svanisce.
A volte la mente può essere agitata  come quando l'acqua di un lago sotto la spinta del vento si increspa in superficie. 
E come in un lago esiste una zona profonda, che resta quieta anche quando la superficie è increspata, così anche noi possiamo contattare una zona quieta dentro di noi e provare a dimorare in essa, osservando da lì la nostra esperienza come un fenomeno di superficie, che dura il tempo che dura e ci tocca fino a un certo punto.
A volte l'agitazione smuove sabbia e polvere, e l'acqua del lago diventa torbida, come la nostra mente quando è confusa per via dell'agitazione e delle emozioni difficili.
E allora non c'è  che da fermarsi e attendere che l'acqua si calmi e la polvere e la sabbia si depositino sul fondo. Così facciamo anche noi, quando ci prendiamo una pausa, ci fermiamo, meditiamo, e lasciamo che un po' alla volta la nebbia dei pensieri e delle emozioni si diradi, e la nostra mente riacquisti la lucidità, la chiara visione attraverso un'acqua tornata limpida.
Vi lascio all'ascolto della traccia audio che guida la meditazione.
Che la metafora del lago possa essere per voi fonte di ispirazione lungo il cammino verso la consapevolezza e la quiete della mente.




Possiamo rendere la nostra mente così simile all’acqua calma
che gli esseri che si raccoglieranno intorno a noi
potranno forse vedere la loro stessa immagine
e perciò vivere per un istante una vita più trasparente
forse perfino più intensa,
grazie alla nostra quiete.


venerdì 9 dicembre 2016

Io vulesse truva' pace. Come ridurre lo stress e vivere sereni. Incontro gratuito teorico ed esperienziale


Il 17 dicembre dalle 18 alle 20 due ore dedicate a un argomento che conosciamo tutti molto bene, cioè lo stress.
Cos'è esattamente lo stress?
Quando è che ci fa male?
Cosa possiamo fare per riuscire a mantenerlo entro limiti accettabili?
Una risposta a questa domanda viene dalle pratiche di mindfulness la cui efficacia contro stress, ansia e depressione è stata dimostrata da numerose ricerche scientifiche.
I partecipanti potranno sperimentare di persona qualche pratica di mindfulness durante l'incontro e ricevere ogni necessaria delucidazione sul programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction), che partirà il 12 gennaio 2017. 
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Per partecipare, prenotarsi telefonicamente al n.388.8257088
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La parola stress nell'uso comune viene usata indifferentemente sia per indicare gli eventi che ci causano difficoltà sia per indicare l'effetto che essi hanno su di noi. In tal modo finiamo col confondere tra loro due diversi aspetti, cioè lo "stimolo" e la "risposta"
Hans Seley, uno studioso degli anni Cinquanta che si occupava di fisiologia animale in condizioni di sopravvivenza difficili, preferì chiamare "stress" solo la risposta dell'organismo e "stressor" lo stimolo, da cui la sua definizione di stress come "risposta non specifica dell’organismo a qualsiasi pressione o richiesta", intendendo per “organismo” l’intero sistema mente-corpo.
Il genio di Seley fu nel sottolineare la "non specificità" della risposta da stress, nel senso che si tratta di una risposta fisiologica generalizzata con cui l'organismo cerca di adattarsi alle richieste e pressioni a cui è soggetto, quali che siano.
Seley chiamò questa risposta “sindrome generale di adattamento”, perché era il modo con cui l'organismo si adattava alle condizioni difficili (pericoli, traumi, cambiamenti) per sopravvivere.
Tuttavia non è molto difficile rendersi conto dell'esistenza anche di possibili "patologie dell'adattamento", nel senso che alcune risposte alle pressioni e alle difficoltà della vita possono diventare esse stesse fattori di squilibrio, se sono inadeguate e sregolate.
Questo significa che più diventiamo consapevoli del nostro modo abituale di rispondere agli eventi stressanti, più possibilità abbiamo di evitare reazioni sregolate che aggravano la nostra condizione.

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Quando una zebra viene minacciata da un leone (evento stressante), il suo organismo risponde con una cascata di reazioni automatiche tese a permetterle di correre il più velocemente possibile per cercare di mettersi in salvo: per esempio ci sarà un'accelerazione del ritmo cardiaco e del respiro per aumentare la quantità di sangue e di ossigeno nei muscoli (così la zebra potrà correre più del solito) insieme ad una rapida mobilitazione di energia (glucosio) dai siti di “stoccaggio”. Una volta cessato il pericolo, questa reazione fisiologica si interrompe e l'organismo ristabilisce lo stato di equilibrio precedente. La reazione da stress ha salvato la vita alla zebra.
Cosa succede invece a noi esseri umani del 2016?
Forse non siamo minacciati dai leoni, e tuttavia conviviamo con altri tipi di eventi che il nostro organismo riconosce come minacce attivandosi per mettersi in salvo, ma non sempre con i migliori risultati.
Domani abbiamo una riunione importante da cui dipende il nostro futuro professionale. Ci farebbe bene un bel sonno ristoratore, ma a letto non riusciamo a prendere sonno, perché ci viene in mente un aspetto della nostra relazione su cui non siamo ferratissimi, e poi il collega che vuole farci le scarpe, e il capo che pretende l'inverosimile, e il cliente esigente. E magari ci torna in mente anche quel dolorino strano che abbiamo da qualche giorno dietro la schiena. Perché non siamo ancora andati dal medico? Sarà una cosa grave? Ci alziamo e cerchiamo la risposta su Google. E giacché ci siamo leggiamo la posta elettronica. E allora scopriamo anche un'altra questione che dobbiamo ancora affrontare. 
E addio riposo e sonno ristoratore...
Al contrario della zebra, l’essere umano può essere tormentato dai pensieri. Quando ce ne stiamo con le mani in mano a preoccuparci di situazioni stressanti attiviamo le stesse risposte fisiologiche degli animali della savana. Noi però non diventiamo stressati perché inseguiti dai predatori, ci basta "pensare al predatore" (anticipare alcune minacce possibili, rievocare immagini minacciose già vissute , e così via) perché il nostro organismo reagisca allo stesso modo di quando la minaccia è presente. Se la risposta allo stress si attiva ripetutamente o se non si riesce a disattivarla una volta terminato l’evento stressante, entriamo nella zona di rischio che può portare alla malattia.


Alle zebre “non viene l’ulcera” - come dice il titolo di un famoso libro di Robert Sapolsky, neuroendocrinologo americano della Stanford University - perché stanno con la minaccia del presente così com'è (il leone vero) per tutto il tempo che essa dura, ma poi quando la minaccia reale cessa riescono a ripristinare le condizioni di equilibrio dell'organismo. Noi esseri umani invece aggiungiamo agli eventi reali anche le componenti mentali che amplificano e protraggono lo stato di allarme e di tensione dell'organismo, ben al di là della durata del fatto in sé (anticipiamo i rischi futuri o possibili, torniamo con il ricordo su fatti passati, ci interroghiamo su come avremmo potuto far meglio allora, su come faremo se accade ancora e molto altro ancora, come in un film a volte senza fine e senza intervallo...)


COS'È L’MBSR?
Il protocollo MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction ) è un metodo per la riduzione dello stress basato sulla consapevolezza (mindfulness),  sviluppato  dal Prof.Jon Kabat-Zinn, presso l’Università di Worcester (Boston) Massachusetts, a partire dalla fine degli anni '70.
La sua efficacia è stata comprovata  nel tempo da numerose ricerche  scientifiche.
Per le sue potenzialità cliniche, preventive e riabilitative, ha avuto  ampia diffusione a livello internazionale, trovando spazio in vari programmi di  intervento in ospedali, centri medici, carceri, scuole e organizzazioni di vario tipo, al fine di affrontare molte problematiche sia  fisiche che psicologiche legate allo stress.

A CHI È INDICATO L’MBRS?
Il programma MBSR può essere utile
in tutte le situazioni  di vita difficili, di breve o lunga durata, che sono fonti di stress, come: lutti, problemi di coppia, separazioni,  problemi familiari, lavorativi, economici, ecc.
• per una varietà di patologie correlate allo stress o fonte di stress, quali: dolori cronici, malattie cardiovascolari, cancro, malattie polmonari, ipertensione, cefalea, disturbi del sonno, disturbi digestivi, malattie della pelle, ecc.
• per problematiche psicologiche  come ansia, depressione, attacchi di panico.
L'MBSR è inoltre indicato come percorso di benessere personale centrato sull'imparare “come” prendersi cura di sé stessi per giungere a condizioni di maggior benessere ed equilibrio psicofisico.

COSA ASPETTARSI?
Il programma prevede otto incontri di gruppo a cadenza settimanale, di circa due ore e trenta ciascuno, oltre una giornata di pratica intensiva di circa sei ore. Ad ogni partecipante è richiesto inoltre un impegno quotidiano di pratica individuale a casa.
Il programma fornisce:
- istruzioni guidate per le pratiche di meditazione mindfulness;
- semplici esercizi di stretching e yoga mindful;
- dialogo di gruppo ed esercizi di comunicazione mindful;
- istruzioni personalizzate;
- schede e materiale audio di supporto per la pratica giornaliera.

COS'È LA MINDFULNESS E COM'È IMPIEGATA NELL'MBSR?
La mindfulness è la consapevolezza che emerge prestando attenzione all'esperienza presente intenzionalmente, momento per momento e in modo non giudicante.
Le pratiche di mindfulness derivano da antiche pratiche meditative orientali che sono state accolte anche in occidente  nell'ambito dei programmi di benessere psicologico perché rivelatesi estremamente efficaci e salutari, a prescindere dalle implicazione di tipo culturale e spirituale proprie dei contesti d'origine.
Il programma MBSR, attraverso l'addestramento intensivo alla meditazione mindfulness (e cioè  all'autoregolazione intenzionale dell'attenzione), insegna:
• a  coltivare una modalità di relazione decentrata rispetto all’esperienza cognitiva, emotiva e sensoriale dolorosa;
• a disattivare intenzionalmente le reazioni automatiche;
• a lasciar andare la tendenza alla proliferazione mentale e al doloroso rimuginio sulle esperienze dolorose.

Il prossimo programma inizia  il 12 gennaio 2017
Per informazioni: 388.8257088





martedì 29 novembre 2016

Notizie dal programma Mindfulness per un'ora

Giovedì prossimo alle 19.30 ci sarà il secondo incontro del ciclo Mindfulness per un'ora.
Per scelta, il programma di pratiche di ogni singolo incontro si scopre sul momento, senza che venga annunciato in precedenza. Chi viene sa di doversi munire di tappetino, copertina, cuscino, calzini antiscivolo (alcuni tengono le loro cose stabilmente qui...), ma non sa in anticipo chi parteciperà, quanti saremo, cosa faremo.
Anche questo fa parte dello spirito del training: ci alleniamo infatti a stare con la realtà così com'è, qualunque cosa porti  momento per momento, con interesse, curiosità, equanimità, lasciando che le cose siano così come sono, e prestando attenzione ai vari aspetti della nostra esperienza (fisici, mentali, emotivi) a mano a mano che si presentano.
C'è anche da dire che il programma di questi incontri ha comunque una sua logica, che è quella di coltivare  alcuni aspetti trattati durante i programmi strutturati (MBSR e PMP), sui quali ora possiamo soffermarci  specificamente per approfondirli e comprenderli meglio.
In ogni incontro ci saranno quindi sempre:
- momenti dedicati a pratiche formali sedute o sdraiate;
- momenti di consapevolezza del corpo in movimento (yoga, energetica o camminata consapevole);
- alcune precisazioni di tipo tecnico, ove occorrenti;
- una lettura su argomento attinente alla mindfulness;
- una condivisione di gruppo.
Questi incontri non prevedono che vengano assegnate specifiche pratiche da svolgere a casa. Semplicemente viene offerta la possibilità, a chi vuole, di portare a casa una lettura di approfondimento sulle attitudini mentali che accompagnano e sostengono il fiorire della mente mindful nella nostra vita. Nell'osservare il funzionamento della nostra mente nel relazionarsi alle comuni esperienze della vita, possiamo coltivare intenzionalmente non solo la presenza mentale (cercando di essere presenti all'esperienza momento per momento) ma possiamo scegliere di coltivare anche alcune attitudini della mente che apportano più gentilezza, più amorevolezza e più pace nel nostro cuore e nella nostra mente. E questa cosa è importantissima se vogliamo ritrovare la serenità e portare più armonia ed equilibrio nella nostra vita. Un po' alla volta ci accorgeremo infatti che non c'è mindfulness dove non c'è heartness, perché pienezza di mente e di cuore vanno di pari passo, ed è questo che getta una luce nuova nella nostra vita, una luce che porta chiarezza alla nostra visione delle cose ma al tempo stesso ci scalda il cuore.
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Ci vediamo giovedì prossimo. Ricordiamoci - come e quando ci riesce... - di prenotare (388.8257088).
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domenica 27 novembre 2016

L'origine delle scarpe. Una favola sul funzionamento della mente, raccontata e commentata da Jon Kabat-Zinn


C'è un'antica storia che racconta come furono inventate le scarpe. 
C'era una volta, tanto tanto tempo fa, una principessa che un giorno mentre passeggiava andò a sbattere con l'alluce su una radice che sporgeva dal sentiero. Seccata, andò dal primo ministro e gli chiese con insistenza che formulasse un editto in cui si dichiarava che il regno doveva essere interamente ricoperto di cuoio, così che nessuno più dovesse patire un simile incidente. Ora, il primo ministro sapeva che il re desiderava sempre accontentare la figlia in ogni modo e dunque avrebbe avuto la tentazione di pavimentare davvero tutto il regno di cuoio; la cosa da una parte avrebbe risolto il problema e avrebbe reso felice la principessa e salvato tutti dall'indegno incidente, ma d'altro canto sarebbe stata pesantemente problematica per molti aspetti, per non parlare della spesa.
 Il primo ministro ci pensò su in fretta [non vorrei dire «su due piedi»] e rispose: «Ci sono! Sua altezza, invece di ricoprire di cuoio tutto il regno, perché non mettiamo insieme dei pezzi di cuoio e li adattiamo ai vostri piedi, convenientemente attaccati fra loro? In questo modo, dovunque andiate, i vostri piedini sarebbero protetti nel punto di contatto con il terreno e noi non dovremmo affrontare una spesa così ingente e rinunciare alla dolcezza della terra». Alla principessa piacque molto quel suggerimento, e così nel mondo comparvero le scarpe, e si evitò una grande pazzia.


Trovo incantevole questa storia; nella sua veste di favola per bambini rivela svariate intuizioni profonde sulla nostra mente. Punto primo: ci capitano cose che generano contrarietà e avversione, due termini che i buddhisti di alcune tradizioni amano usare e che penso descrivano molto accuratamente le nostre emozioni quando le cose «non vanno a modo nostro». Sbattiamo l'alluce, non ci piace per niente; in quel preciso momento e luogo ci sentiamo proprio contrariati, ostacolati, e cadiamo nell'avversione. Potremmo perfino dire: «Odio sbattere l'alluce!». In quel momento e in quel luogo ne facciamo una questione, un problema, di solito «un mio problema»; e allora il problema bisogna risolverlo. Se non stiamo attenti la soluzione può essere di gran lunga peggiore del problema.

Punto secondo: la saggezza suggerisce che il luogo in cui applicare il rimedio sia il punto di contatto nel momento stesso del contatto. Dunque evitiamo di sbattere gli alluci indossando una protezione sui piedi, non ricoprendo tutto il mondo mossi dall'ignoranza, dal desiderio, dalla paura o dalla rabbia.

Possiamo difenderci in modo analogo dal seguito elaborato di pensieri e diemozioni a cascata, spesso fastidiosi oppure affascinanti, che ogni singola, nuda impressione sensoriale innesca. Possiamo farlo portando l'attenzione al punto di contatto, nel momento del contatto con l'impressione sensoriale. E così quando c'è una percezione visiva gli occhi sono momentaneamente in contatto con la nuda e cruda realtà di ciò che si vede; nell'attimo successivo irrompe ogni sorta di pensieri e sentimenti...

«Ah sì, lo conosco.» «Non è carino.» «Non mi piace come mi piaceva quell'altro.» «Mi piacerebbe che rimanesse così.» «Mi piacerebbe che se ne andasse.» «Perché è venuto proprio adesso a darmi fastidio, a ostacolarmi, a frustrarmi?» eccetera.

La cosa, la situazione, è quel che è. Riusciamo a vederla con attenzione aperta e nuda, nel momento stesso in cui vediamo, e poi a portare la nostra consapevolezza a cogliere lo scatenarsi della cascata di pensieri e sentimenti, di preferenze e avversioni, di giudizi, desideri, ricordi, speranze e sensazioni di panico che seguono il contatto originale come la notte segue il giorno?

Se siamo capaci, anche solo per un momento, di limitarci a riposare nella visione di ciò che c'è da vedere e ad applicare con cura la consapevolezza al momento del contatto, possiamo lasciare che questa ci avverta della cascata - generata dalla piacevolezza o spiacevolezza o indifferenza dell'esperienza del momento - nell'attimo stesso in cui inizia; e possiamo scegliere di non lasciarcene intrappolare, quali che siano le sue caratteristiche, ma di lasciare invece che si svolga così com'è, senza correrle dietro se piacevole e senza rifiutarla se spiacevole. In quel preciso momento può darsi che vedremo dissolversi le contrarietà, perché le riconosciamo semplicemente come fenomeni mentali che sorgono nella mente.

Applicando la consapevolezza al punto di contatto nell'istante del contatto possiamo restarcene tranquilli nell'apertura del «vedere» puro e semplice, senza lasciarci trascinare così tanto nell'abituale produzione di pensieri condizionata e reattiva (la quale naturalmente non fa che portare ancora più turbolenza e disturbo alla mente togliendoci ogni possibilità di apprezzare la nuda e cruda realtà di ciò che è oppure, per quel che conta, di reagirvi in modo personale ed efficace).

La consapevolezza dunque ci serve da scarpe, proteggendoci dalle conseguenze dell'abitudine a reagire emotivamente, a lasciarci distrarre, a farci del male senza saperlo; è un'abitudine che affonda le radici nel fatto di non riconoscere, non ricordare e non occupare la natura più profonda del nostro stesso essere nel momento stesso in cui si genera una qualunque impressione dei sensi.

Se applichiamo la consapevolezza in quel momento e in quel modo, la natura del nostro vedere - il miracolo della visione - è libera di essere quello che è e la natura essenziale della mente non ne viene disturbata. In quel momento noi siamo liberi da ogni cosa nociva, liberi da ogni concettualizzazione e da ogni traccia di attaccamento: ci limitiamo a dimorare in pace nella conoscenza di ciò che viene visto, udito, annusato, gustato, percepito con il tatto oppure pensato, che sia piacevole, spiacevole o neutro. Concatenare simili momenti di presenza mentale gli uni agli altri ci permette di riposare sempre di più in una consapevolezza non concettuale, non reattiva, più libera dall'obbligo di scegliere, e ci permette di essere realmente quella conoscenza che è la consapevolezza, di essere la sua spaziosità, la sua libertà.
Mica male, per un paio di scarpe a buon mercato!
In realtà non sono poi tanto a buon mercato, anzi: sono senza prezzo, dunque inestimabili. Non possono nemmeno essere comperate, ce le possiamo solo fabbricare con fatica e con saggezza. Alla fine risulteranno, per dirla con le parole di T.S. Eliot, « costare nientemeno che tutto, tutto quanto ».


(da Jon Kabat-Zinn, Riprendere i sensi. Guarire se stessi e il mondo con la consapevolezza, edizione italiana Tea Pratica, 2008, p.46)

Le immagini di questo post sono tratte da opere di  Michel Tcherevkoff

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sabato 19 novembre 2016

Mindfulness per un'ora. Incontri settimanali di pratica aperti a tutti


A partire dal 24 novembre e fino al 22 dicembre,
tutti i giovedì, escluso l'8 dicembre, dalle 19.30 alle 20.30
incontri di pratica di mindfulness aperti a tutti.
Torre del Greco, via G.Marconi n.35
Conduce le pratiche Maria Michela Altiero psicologa 
istruttrice certificata di mindfulness e protocolli mindfulness-based
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Per partecipare, occorre prenotarsi telefonicamente entro le ore 12 del giorno dell'incontro al numero 388.8257088.
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La partecipazione è consigliata:
  • a chi ha già svolto il programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) o il programma programma PMP (Mindfulness Psicosomatica/Progetto Benessere Globale Gaia) e desidera continuare a praticare con altre persone, in modo da sostenere  la propria motivazione ed arricchirsi come essere umano;    
  • a chi non si sente pronto per impegnarsi in un  percorso intensivo come il programma MBSR o lungo come il programma PMP, ma vuole comunque iniziare a praticare;
  • a chi desidera iscriversi al prossimo programma MBSR, in partenza a gennaio 2017, e vuole iniziare a praticare sin d'ora per fare una scelta più consapevole più avanti;
  • ai docenti che stanno seguendo il  programma PMP (Progetto Benessere Globale Gaia) e desiderano altre occasioni di pratica di gruppo
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Vuoi iniziare subito?
Prova con una traccia audio di 14 minuti oppure sperimenta la pratica sdraiata del body-scan
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Se sei interessato a partecipare al prossimo programma MBSR o ad uno successivo appena si forma il gruppo, puoi contattarmi per essere inserito nella lista d'attesa

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lunedì 14 novembre 2016

Anche questo passerà. Una fiaba sufi e altre vicende

Nell'immagine un dipinto di Merab Gagiladze
C'era una volta un re che un giorno chiamò a sé tutti i saggi del regno e disse loro: "Sono stanco di sentirmi come un fuscello in balìa della sorte, felice, ansioso o disperato a seconda di come vanno le cose. Vorrei trovare il modo di affrontare più serenamente gli alti e bassi della vita. Potete darmi un suggerimento? Che so, una frase, una formula che io possa ripetere a me stesso in qualunque circostanza, e che mi aiuti a rimanere saldo e stabile nei momenti di difficoltà,  mi risollevi lo spirito nei tempi di sfortuna e mi mantenga  equilibrato nei momenti di successo?"
I saggi si riunirono e, dopo una lunga discussione, si trovarono finalmente d'accordo sulla formula da suggerirgli. La scrissero su un pezzetto di carta e consegnarono il bigliettino al re, raccomandandogli di non leggerlo subito per pura curiosità, ma di aspettare il momento del bisogno. 
Il re mise allora il foglietto in un piccolo scrigno segreto alloggiato sotto il diamante del suo anello e non ci pensò più.
Dopo qualche tempo, il regno fu attaccato a sorpresa dall'esercito di un regno vicino. Il re e i suoi uomini combatterono coraggiosamente ma persero la battaglia. Il re fu costretto a fuggire da solo con i nemici alle calcagna. Si inoltrò nel folto di un bosco e a un certo punto si accorse di essersi infilato in una via senza uscita. Di fronte a lui c'era infatti un burrone e proseguire significava precipitare e morire.
Solo sull'orlo del precipizio, con i nemici che lo stavano inseguendo e che probabilmente tra poco lo avrebbero raggiunto, il re si sentì perso. Ma a quel punto  un raggio di sole si rifletté sul diamante del suo anello e il re si ricordò del messaggio dei saggi. Aprì allora l'anello e lesse il biglietto. Sopra c'era scritto: "Anche questo passerà" .
Il re lesse e rilesse quelle parole più volte finché comprese finalmente il messaggio dei saggi. Disse tra sé: "Sì, anche questo passerà. Fino a ieri godevo del mio bel regno ed ero un re potente e onorato. Ora il regno è sparito e con esso tutti i suoi piaceri. Ora sono qui da solo, sull'orlo di un precipizio e con i nemici che mi  inseguono. Ma anche questo momento passerà, come ogni altro momento. Come passa il momento della sicurezza, così passa il momento del pericolo." 
Un senso di calma scese allora dentro di lui fino a inondargli la mente e il cuore. E mentre continuava a stare in quel luogo senza vie d'uscita, un po' alla volta si rese conto anche di tutta la bellezza della natura che lo circondava,  così ricca di colori e di profumi, e apprezzò il canto degli uccelli, e si accorse dello stormire delle foglie mosse dal vento. Dopo un po' gli giunse alle orecchie anche il rumore dei cavalli dei nemici, prima più lontani, poi sempre più vicini, e voci di uomini che si scambiavano indicazioni gridando. Sentì l'esercito fermarsi e indugiare a poca distanza da lui. Finché un po' alla volta sentì quelle voci e quel rumore di cavalli allontanarsi sempre più, fino a scomparire. I nemici non lo avevano visto e si erano avviati in un'altra direzione. Era in salvo.
Dopo quel giorno, il re coraggiosamente e tenacemente ricompose e riorganizzò  un po' alla volta il suo esercito disperso e riuscì alla fine a liberare il suo regno dall'invasore.
Traversò allora in trionfo le vie della capitale e il suo popolo lo accolse con grandi festeggiamenti. La gente al suo passaggio gli lanciava petali di fiori e gli tributava ogni onore. E per le strade le persone  facevano festa chiassosamente, tra danze, musiche e risate.  
Il re sentiva lievitare dentro di sé la contentezza e l'orgoglio. E a un certo punto si trovò a commentare tra sé: "Questa è la prova del mio valore e del fatto che il mio popolo mi ama e mi onora. Sono un re forte, coraggioso, benvoluto e difficile da sconfiggere."
Il suo anello di diamante mandò allora un riflesso di luce dritto dentro ai  suoi occhi. Il re si risvegliò dai suoi pensieri e si ricordò che  i saggi gli avevano dato un messaggio valevole non solo per i tempi difficili o sfortunati, ma anche per quelli del successo e della fortuna. 
Rilesse il biglietto custodito nell'anello: "Anche questo passerà...". 
La pace e il silenzio scesero allora dentro di lui, in  mezzo al chiasso e alla baraonda generale, e la nebbia dei pensieri si diradò nella sua mente
Da protagonista identificato con le manifestazioni del momento,  si sentì umile e quieto testimone degli eventi. 
Ecco la vittoria,  la gioia e la festa, ed ecco anche la consapevolezza che niente dura per sempre.
Tutto ciò che arriva a un certo punto se ne va.
Una ragione in più per vivere pienamente ogni momento, ricordandosi che è unico, prezioso, irripetibile.
Nell'immagine un dipinto di Merab Gagiladze
Da giovane, quando di una serie di dodici piatti me ne restavano a un certo punto solo quattro, la prendevo piuttosto male. All'epoca avevo le bambine piccole e un discreto andirivieni di gente per la casa. Qualche piatto sfuggiva di mano alle bambine, qualcuno agli ospiti o alla tata, qualcun altro a me. E insomma si faceva presto a spaccarne otto.
Al terzo servizio di piatti si impose una decisione: o trovavo dei piatti infrangibili o dovevo accettare che i piatti di porcellana e di ceramica prima o poi si sarebbero rotti e non c'era niente da fare.
In un negozio di articoli per la casa scoprii una promozione per una deliziosa serie di piatti a fiorellini. Mi piacevano un sacco, anche se davanti agli occhi me li vedevo già tutti in cocci. Visto che costavano poco, decisi di comprarne diciotto anziché dodici, così ne avrei avuti sei di scorta e ci avremmo messo più tempo ad arrivare a quattro.
Quei piatti alla fine sono durati più a lungo del previsto. Li uso tuttora e non saprei dire quanti sono (certamente più di quattro). Continuano a piacermi, per via dei loro fiorellini allegri, ma la vera caratteristica che li ha resi   speciali è di essere entrati in casa mia già con l'idea che si sarebbero rotti. Per cui non me la sono mai presa, quando se ne è rotto qualcuno. E non perché era costato poco, ma perché ne avevo accettato la rottura prima ancora che si verificasse.
Quante cose nella vita  riusciamo a considerare in questa prospettiva e ad accettare che passeranno, si romperanno, finiranno, ma non per questo non meritano di essere vissute fino in fondo, momento per  momento?
A volte la fine delle cose può essere per noi motivo di dolore, che si tratti di una fase della vita che si chiude, della fine di una relazione, della  conclusione di un progetto o della morte di qualcuno.
A volte può essere fonte di gioia e liberazione, come la fine di una malattia, di una guerra,  di una prigionia, o anche il pensionamento se il nostro lavoro era per noi fonte di tormento.
Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Il sole sorge e poi tramonta. Un fiore sboccia e poi appassisce. Noi stessi nasciamo, cresciamo e moriamo. Possiamo gioire o disperarci per questo, ma la fine delle cose è nella natura stessa delle cose. La legge del cambiamento è l'unica realtà che non cambia mai.
Quando riusciamo ad accettare davvero questa realtà, non consideriamo più le nostre perdite come una sfortuna squisitamente nostra, perché l'evento con cui stiamo facendo i conti è solo una delle tante  manifestazioni di quest'unica realtà universale.
Nell'immagine un dipinto di Merab Gagiladze
All'epoca delle stragi di piatti, una sera tornando a casa trovai una statuetta di ceramica decapitata.
"Chi l'ha rotta?", chiesi alla mia bambina di quattro anni.
"Si è rotta da sé", mi rispose lei con naturalezza.
Aveva senso in quel momento stabilire chi fosse il colpevole? Se magari una palla, o piuttosto la bambina che l'aveva lanciata, o la sua amichetta che non l'aveva parata, o la tata che le aveva lasciate giocare in salotto, oppure io che non avevo messo la statuetta in un posto sicuro?
Qualunque cosa possa dire una legge o una polizza di assicurazione circa la responsabilità per la rottura di una cosa fragile, la verità ultima è nella natura delle cose.
La statuetta si era rotta perché era di ceramica.
Per cui alla fine, tutto sommato, aveva ragione la bambina.
Quella statuetta non l'aveva rotta nessuno. Si era rotta da sé, secondo natura.

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sabato 22 ottobre 2016

Mindfulness. Accogliere il dolore fisico lasciando andare la paura di sentirlo. Traccia audio sulle sensazioni fisiche

"Ogni giorno ci sono centinaia di situazioni indesiderate che sorgono come le onde dell'uniforme mare delle nostre vite. [...] Proviamo a lavorare intenzionalmente con questa schiumeggiante umidità che ci viene incontro mascherata da ciò che non desideriamo. Che cosa potrebbe succedere, se riuscissimo anche solo per pochi istanti, a interrompere questa frenetica attività di negazione, recriminazione o rifiuto che generalmente accompagna simili situazioni? Proviamo a vedere se riusciamo a vivere per alcuni attimi o minuti lasciando le cose esattamente come sono..."  (Saki Santorelli, Guarisci te stesso

Personalmente considero miracoloso ogni evento che percepisco nel corpo. A volte mi dico che se stessi davvero attenta a tutto ciò che avviene nel mio corpo in ogni singolo momento della mia vita, vivrei in uno stato di permanente ammirato stupore. Vedo. Miracolo! Sento gli odori. Miracolo! Sento i suoni, i sapori, il caldo, il freddo, il liscio, il piacere, il dolore. Miracolo miracolo miracolo! Per non parlare di tutte le funzioni corporee e degli incredibili processi che avvengono nel nostro corpo spontaneamente, mentre noi siamo indaffarati e presi dalle nostre mille faccende importanti (che non avranno più tanta importanza il giorno che il nostro corpo deciderà di spegnersi, o che potranno diventare comunque secondarie se il nostro corpo si incepperà costringendoci una buona volta a prestargli attenzione).  
Quando uno assiste a un miracolo di solito non sta tanto a sottilizzare circa il fatto se è gradevole o sgradevole. Sgrana gli occhi, resta a bocca aperta, e presta la massima attenzione a ciò che avviene, per non perdersi il minimo dettaglio dell'esperienza.
Oggi riproponiamoci di assumere questo tipo di atteggiamento nei confronti del nostro corpo e di tutto ciò che sentiamo standoci dentro. Proviamo a prestare intenzionalmente attenzione alle nostre esperienze sensoriali momento per momento, così come si presentano, senza preferenze, senza giudizi, prescindendo  dal fatto che siano gradevoli, sgradevoli o neutre. Proprio come si farebbe se si fosse testimoni di un evento eccezionale, degno del massimo interesse a prescindere dal suo livello di gradevolezza.



La verità è che noi tutti abbiamo la tendenza ad aprirci alle esperienze piacevoli e a sottrarci a quelle spiacevoli, cosa che in sé e per sé va bene e ci consente per esempio di non bruciarci vicino al fuoco, perché ci teniamo a distanza di sicurezza, e di non morire assiderati perché corriamo a metterci un cappotto quando ci accorgiamo di avere freddo. 
Ci sono tuttavia delle volte in cui questo atteggiamento non è funzionale, perché il rifiuto rispetto all'esperienza dolorosa e il tentativo di proteggerci dal dolore non ci libera da esso, ma magari aggrava anche la situazione, aggiungendo qualche tensione nel corpo, intorno all'area dove la sensazione dolorosa si presenta (discorso che vale peraltro sia per il dolore fisico sia per quello emotivo, e avremo modo di riparlarne).
Oggi vi presento una traccia audio che guida una pratica formale di mindfulness tesa proprio a portare l'attenzione alle sensazioni del corpo senza rifiutarne nessuna, ma anzi con l'invito a sentire e prestare attenzione anche a quelle sgradevoli che dovessero emergere mentre pratichiamo.
Il suggerimento è di non accostarsi a questa pratica con l'intenzione di sbarazzarsi del dolore fisico ma piuttosto con l'intenzione di incontrarlo, conoscerlo meglio e venirci a patti. Quali sono i patti? Molto semplici. Anche senza dirli a parole, hanno a che fare con un atteggiamento accogliente verso il dolore, come se gli dicessimo: "Benvenuto.  Piacere di fare la tua conoscenza. Lascia che io ti conosca meglio. Lascia che io ti abbracci. Lascia che io ti consideri parte del miracolo, come ogni altro aspetto del corpo che abito". 
E anziché fuggire dal sentire, anziché chiudere le porte al sentire doloroso per paura di soffrire, ci apriamo ad esso coraggiosamente e osserviamo la nostra esperienza con attenzione, con interesse, con una curiosità calda e amorevole, proprio come farebbe una mamma che sta vicino al suo bambino con la febbre o il mal di pancia, e lo cura anche con la sua semplice presenza, la sua disponibilità a stare lì con lui, prestandogli attenzione e osservando come evolve la situazione momento dopo momento.
Ad un certo punto può darsi anche che la mamma metta un cuscino dietro la testa del bambino o gli rimbocchi le coperte,  restando ad osservare cosa cambia e cosa non cambia nello stato del figlioletto grazie a quel piccolo intervento. E questo è  un po' l'atteggiamento che assumeremo anche noi quando seguiremo le indicazioni della voce guida e "faremo qualcosa"  (per esempio respirare nelle zone dove avvertiamo il disagio o la tensione). L'importante è che ci sia chiaro che l'esercizio non consiste tanto nel fare queste cose (ne potremmo fare altre centomila, volendo, e continuare così a perpetrare l'abitudine a reagire allo stimolo doloroso, senza ascoltarlo, ma solo cercando di non sentirlo) quanto nell'imparare ad accostarci quietamente ai disagi che provengono dal corpo, lasciando andare la paura di sentirli e imparando così a stare con essi in un modo completamente nuovo, che trasforma il dolore e il disagio perché cambia il nostro modo di relazionarci con essi.
Chiudo qui questo post, anche perché mi rendo conto che non ha molto senso continuare a scrivere parole su parole su una questione che non va tanto "capita" quanto "sperimentata". Certo, per noi che siamo esseri pensanti può risultare difficile accostarci a delle pratiche che non capiamo. E' come richiedere un atto di fede. Ma fede in che? Suggerirei di provare ad aver fede, fiducia, nella nostra capacità di poter fare qualcosa per noi stessi e di accudirci, curarci, semplicemente stando davvero in contatto con il nostro corpo così com'è, senza fuggire dal sentire fisico. Fede che un corpo abitato dalla consapevolezza è diverso da un corpo abbandonato dalla mente, proprio come una casa abitata e con il camino acceso è diversa da una casa  abbandonata, fredda e con le luci spente. 
Vi lascio finalmente alla traccia audio, ricordandovi ancora una volta che tutte le tracce audio finora pubblicate servono a sostenere la pratica individuale a casa di chi sta seguendo o ha già seguito uno dei programmi mindfulness-based che propongo dal vivo (per chi fosse interessato, alla pagina degli eventi c'è il calendario dei prossimi corsi in programma e delle relative presentazioni gratuite).
Le tracce audio sono solo semplici esercizi, ma non possono in alcun modo considerarsi sostitutive dei percorsi dal vivo, dove entrano in gioco molte altre componenti, assolutamente determinanti ai fini degli effetti trasformativi che la mindfulness può portare nelle nostre vite.

sabato 1 ottobre 2016

Mindfulness. Tre minuti di respiro. Mini-meditazione per i momenti difficili (e non solo). Nuova traccia audio

Quando siamo presi dal vortice degli impegni,quando abbiamo la sensazione di non essere padroni di noi stessi e non riusciamo più a goderci le cose belle della vita, allora è il momento di fermarsi un istante e riconquistare quell’unico momento della nostra esistenza di cui disponiamo per vivere, crescere, sentire, amare e gioire. (Jon Kabat-Zinn)
Nell'immagine Conversation di Hengki24 su deviantart
In uno dei primi lontani ritiri di meditazione della mia vita - quando ancora la parola mindfulness non mi era familiare - ebbi la fortuna di ricevere questa imbeccata dal mio istruttore dell'epoca. 
"Ci possiamo ritirare in una grotta e fare gli eremiti e meditare meditare meditare e credere di essere arrivati chissà dove. Ma la  vera sfida è tornare nel mondo, stare nel mondo, vivendo una vita ordinaria e lasciando che i frutti della meditazione si manifestino nella nostra vita mentre la viviamo semplicemente così com'è".
La saggezza elementare di queste parole ha accompagnato i miei passi fino ad oggi ed è con quello spirito che anche oggi propongo alla gente i vari programmi basati sulla mindfulness. Oggi che essi  sono sostenuti dal conforto delle validazioni scientifiche e sono entrati a pieno titolo nel mondo della psicologia e delle pratiche di benessere globale PNEI (per la salute del corpo e della mente), è sempre in quelle parole che io trovo un senso per tutto questo.
Noi non meditiamo per sottrarci alla realtà e fuggire dal mondo (dalla nostra casa, famiglia, città, scuola, azienda, professione, ecc.) ma per riuscire a stare al mondo in un modo diverso, cercando di ricordarci  di essere presenti con la mente, con il corpo e con il cuore, ogni volta che possiamo, grati di essere vivi e autenticamente partecipi della grande avventura dell'esistenza, con tutto ciò che essa ci porta, con la compagnia di chiunque c'è così com'è e con l'assenza di chiunque non c'è (quale che sia il motivo per cui non c'è), trovando un po' di pace anche nel bel mezzo delle battaglie della vita, che come ben sappiamo sono parte ineludibile della  condizione umana, che tutti ci accomuna, pur nelle nostre diversità
***
Proprio in questo spirito, vi propongo oggi una mini-meditazione, che in un certo senso fa da ponte tra le pratiche di meditazione formali e le pratiche di meditazione informali.
Come nelle pratiche formali, ci sarà un tempo (di pochi minuti) dedicato alla pratica e delle istruzioni a cui ci atterremo (compresa la posizione del corpo).
Come nelle pratiche informali, si tratta di portare la consapevolezza nella vita di tutti i giorni, mentre siamo coinvolti nel suo vortice abituale e vogliamo ricordare a noi stessi che c'è un luogo sicuro dentro di noi, in cui possiamo prendere posto e dimorare quietamente, mentre viviamo qualunque  momento così com'è, con tutte le sue sfide, i suoi stimoli, la sua complessità.
Ecco la traccia con il link al mio canale YouTube e a seguire un commento e qualche chiarimento riguardo al senso e all'utilità della pratica stessa.


Per l'esercizio di oggi, mi sono ispirata alla pratica dei "Tre minuti di respiro", descritta nel libro "Ritrovare la serenità" di Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn.
La traccia in sé dura in realtà quattro minuti, ma la pratica potrebbe avere qualunque durata (più breve, più lunga). Il numero 3 infatti si riferisce più che altro alle tre diverse fasi dell'esercizio, che sono:
  • La fase di consapevolezza dei propri pensieri, sentimenti e sensazioni fisiche
  • La fase di raccoglimento, in cui si porta l'attenzione al respiro, utilizzandolo per ancorarsi al presente 
  • La fase di espansione e di apertura all'esperienza
La quarta fase, che non c'è nell'esercizio, ma che è subito successiva ad esso, consiste semplicemente nel  "rientrare" nella nostra vita con un atteggiamento diverso, che ci rende capaci di relazionarci meglio alle circostanze del momento.
"E' possibile che i pensieri negativi, i sentimenti sgradevoli, le sensazioni fisiche intense, il capo arrabbiato o il bambino che strilla siano ancora qui." dicono  Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn. "Ma il fatto che ora possiamo affrontarli nella modalità dell'essere, da una prospettiva più raccolta, deliberata, spaziosa e meno egocentrica, può fare una grande differenza. 
Ora possiamo affrontarli con i piedi per terra, rispondendo in modo competente alle esigenze del momento, piuttosto che reagire automaticamente, in modi che non fanno altro che moltiplicare la difficoltà. Una volta che siamo in questa modalità mentale, la sua intrinseca saggezza può rendere molto più chiaro il passo successivo che dobbiamo compiere. E noi possiamo sostenere questa modalità più saggia restando presenti e consapevoli, come meglio riusciamo, radicati nella consapevolezza della nostra esperienza fisica in ogni momento." 
Nell'immagine Old time sake di hengki24 su deviantart
Quando vi avvicinate a questa pratica, il mio suggerimento è di non banalizzarne l'importanza, solo perché la sua durata è breve.
In realtà  si tratta di una piccola pratica preziosa, che potrà diventare per noi sempre più potente, a mano a mano che le altre nostre pratiche di mindfulness (più lunghe) si approfondiscono e si perfezionano.
Se noi siamo diventati capaci, infatti, di sedere con il nostro respiro per venti minuti ogni giorno, durante la pratica formale seduta, quando si tratterà di raccoglierci contattando il nostro respiro per un minuto, mentre siamo in piedi nel bel mezzo della nostra vita, la cosa potrà riuscirci abbastanza semplice, ed avremo a disposizione un'ancora potente, nel presente,  per ritornare velocemente in noi stessi nei momenti più difficili, in cui la nostra presenza di spirito è messa alla prova.
 E questo vale anche, beninteso, per il costante allenamento ad osservare e contattare i nostri pensieri, le nostre sensazioni fisiche e le nostre emozioni, durante le pratiche formali, esperienza di consapevolezza che possiamo richiamare velocemente al momento buono, anche durante una piccola pratica come questa.