mercoledì 28 novembre 2012

Citazioni sul tema: Compromessi no, compromessi sì, flessibilità (ma fino a che punto?)

"Non venderti: sei tutto ciò che hai." (Janis Joplin)
***
"Il compromesso consiste nel conciliare pretese divergenti attraverso reciproche concessioni. Per questo è necessario che le due parti abbiano entrambe una pretesa valida e qualche valore da offrirsi reciprocamente. E, a sua volta, ciò significa che entrambe le parti concordano su un principio fondamentale che serve da base per il loro accordo. "(Ayn Rand)
***

"Il compromesso non è altro che il sacrificio di una cosa buona o giusta fatto nella speranza di conservarne un'altra; tuttavia troppo spesso si finisce per perderle entrambe." (Tryon Edwards)
***
"Non è possibile arrivare alla fine della giornata senza accettare almeno un compromesso. ... I compromessi tollerabili sono quelli che accettiamo fino in fondo, sapendo esattamente e preventivamente a che cosa stiamo rinunciando. Gli altri - quelli che molti di noi accettano continuamente - sono quelli potenti e silenziosi. Potenti perché non possiamo sfuggirvi e silenziosi perché sono inconsci o inespressi. I compromessi sono l'arte di toccare il fondo. Fino a un certo punto ci si può piegare, dopodiché ci si spezza. Sapere quanto ci si può piegare è il primo passo per fare accordi sensati; ma non è facile come sembra." (Sarah Ban Breathnach)
***
Coloro che sono inclini al compromesso non potranno mai fare una rivoluzione. (Mustafa Kemal Atatürk)
***

martedì 27 novembre 2012

"Ah, signora! Quella che lei crede una gobba è l’astuccio delle mie ali." (Giacomo Leopardi)



"Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”
(Albert Einstein)

lunedì 26 novembre 2012

"Desiderata" è meno bella per il fatto che è piaciuta anche a Scientology e ad Osho (oltre che a milioni di altre persone)?

Un lettore (sulla mia pagina facebook "E' nelle nostre lacrime e nel mare. Aforismi & Co.") ha avuto da ridire sul valore di "Desiderata", per il fatto che è stata adottata anche da Scientology e da Osho, riguardo a cui lui nutre ampie perplessità.
Colgo lo spunto dato dal suo commento per una considerazione generale, secondo me importante.
Sempre può capitare che le frasi più belle, i pensieri più elevati, le teorie di ogni tipo partorite da menti elette, vengano adottate da qualcuno che ne fa un uso non conforme allo spirito originario dell'autore o che comunque non rispetti, per noi che leggiamo, il valore intrinseco dell'opera e il suo vero spirito. Persino i pensieri di Madre Teresa, di Einstein, di Gandhi eccetera sono stati citati e utilizzati per finalità commerciali oppure adottati in testi di altri autori che non avevano certo il loro stesso spessore intellettuale, morale, umano eccetera. Eppure questo nulla toglie a ciò che ciascuno di noi, da sé, senza la mediazione d'altre menti, riesce a leggere nelle parole di Madre Teresa, di Einstein, di Gandhi, che evocano in noi pensieri eletti, che ci danno spunti per riflettere, e così via.
Questo vale anche per il Vangelo, la Bibbia, il Corano, ma anche per i Promessi Sposi, la Divina Commedia e l'Odissea! Se abbiamo l'impressione che qualcuno adoperi o interpreti impropriamente un'opera, o anche uno scritto sacro, tradendone lo spirito e facendone "trappole per sciocchi", come dice Kipling in "If" (e non mi riferisco qui specificamente né a Scientology né ad Osho, circa i quali non sto prendendo posizione alcuna, in questa sede), questo ci aiuterà ancora meglio a leggere l'opera da noi, in solitudine e in autonomia, prendendoci il meglio che possiamo da essa: e cioè ciò che ci avvicina di più a noi stessi e a ciò che per noi è "senso", e facendone una tappa nel nostro percorso di crescita, consapevoli che tutto ciò che tocca per noi corde importanti può essere talvolta utilizzato da qualcuno per manipolarci. 
E allora il discorso si fa più generale e molto più ampio, e riguarda in genere l'esposizione al rischio di essere manipolati con qualunque mezzo, e direi non solo con una poesia...
Troviamo il modo di proteggerci dai tentativi altrui di manipolarci,  ma non priviamoci per questo dell'arricchimento che possiamo trarre dalle opere più belle dell'ingegno umano. 
***

domenica 25 novembre 2012

Evergreen: Desiderata. Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta...

Desiderata
Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta e ricorda
quanta pace può esserci nel silenzio.
Finché è possibile senza doverti abbassare,
sii in buoni rapporti con tutte le persone.
Di' la verità con calma e chiarezza, e ascolta gli altri,
anche i noiosi e gli ignoranti:
anche loro hanno una storia da raccontare.
Evita le persone volgari e aggressive,
esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri,
corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine,
perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.
Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.
Conserva l’interesse per il tuo lavoro,
per quanto umile;
è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari,
perché il mondo è pieno di tranelli;
ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere la virtù;
molte persone lottano per grandi ideali,
e dovunque la vita e’ piena di eroismo.
Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti
e neppure sii cinico riguardo all’amore;
poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni
esso è perenne come l’erba.
Accetta benevolmente gli ammaestramenti
che derivano dall’età,
lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti
contro l’improvvisa sfortuna,
ma non tormentarti con l’immaginazione.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.
Al di là di una disciplina morale,
sii tranquillo con te stesso.
Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle;
tu hai diritto ad essere qui, e che ti sia chiaro o no,
non vi è dubbio che l’universo ti si stia schiudendo come dovrebbe.
Perciò sii in pace con Dio , comunque tu lo concepisca,
e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni,
conserva la pace con la tua anima
pur nella rumorosa confusione della vita.
Con tutti i suoi inganni,
i lavori ingrati e i sogni infranti,
è ancora un mondo stupendo.
Fai attenzione. Cerca di essere felice.
Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nell'antica chiesa di San Paolo
***
"Desiderata" (che in latino sta per “cose da desiderare” e in questo caso anche per “voti augurali”) è il titolo del bellissimo testo che avete appena letto: una poesia in prosa d'intensa portata spirituale, che forse già conoscevate ma che è sempre un piacere rileggere.
Ciò che forse non tutti sanno, però, è che non si tratta, realmente di un "Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nell'antica chiesa di San Paolo"!
In realtà pare che sia opera di Max Ehrmann, scrittore e avvocato statunitense ( laureato sia in legge sia in filosofia), che la scrisse e la pubblicò nel 1927, senza che riscuotesse un particolare successo.
Intorno al 1960, il reverendo Frederick Kates, parroco della St. Paul's Protestant Episcopal Church di Baltimora, pensò bene di inserirla in una raccolta di preghiere e inni compilata per la sua congregazione. In cima alla raccolta, mise l'annotazione "Old St. Paul's Church, Baltimore, A.C. 1692", intendendo riferirsi, con "1692",  all'anno di fondazione della chiesa. 
Di qui l'equivoco per cui, successivamente, si diffuse l'erronea convinzione che "Desiderata" fosse opera di un anonimo autore del XVII secolo, il cui manoscritto era stato rinvenuto in quella chiesa.
***
Nel 1965, alla morte del politico statunitense Adlai Stevenson, il testo di "Desiderata" fu trovato sul suo comodino. Allora si scoprì che egli voleva usarlo per le cartoline di Natale e, data la popolarità del personaggio, ben presto divennero famosi sia "Desiderata" sia la chiesa di San Paolo a Baltimora.
"Desiderata", poi, è diventata testo di culto per il movimento hippy, è stata diffusa nel mondo come simbolo pacifista e nel 1971 ne fu incisa una versione parlata su vinile per la Warner Bros Records (con musica psichedelica tipica delle atmosfere hippy di quel tempo) dal presentatore radiofonico statunitense Les Crane.
Ma non basta: a "Desiderata" si è ispirata anche la chiesa di Scientology (”You are a child of the universe, no less than the trees and the stars, you have a right to be here”); ed anche Osho che ne parla come di una pietra miliare nell’evoluzione della coscienza, nel suo libro "Guida Spirituale, discorsi sulla Desiderata".
***
Tutto questo senza contare le dispute legali sui diritti d'autore (perché la famiglia di Ehrmann pretendeva di incassarne le royalty ma l'opera intanto era diventata di pubblico dominio) nonché la leggenda che ancora circola sull'origine del testo e che vale la pena qui riportare, se non altro per amor di...  leggenda.
Il suo testo si trova su internet (cercando "Desiderata Baltimora Leggenda") in una versione identica, parola per parola, sui vari siti.  
Non sto quindi a modificarla e la riporto così com'è. Come "Desiderata" anche questa versione della leggenda è di "pubblico dominio" e non potrei citarne l'autore perché è impossibile sapere chi sia... un po' come il presunto anonimo poeta di Baltimora!
***
"Narra la leggenda che ci sono nel mondo nove 'Desiderata'.
Al momento ne sono state ritrovate tre:
la prima (la più antica) scritta in sanscrito ritrovata in India, la seconda ritrovata nella vecchia chiesa di Saint Paul a Baltimora nel 1692, la terza ritrovata in Bretagna nel 1998, sull'isola di Groix, in una casupola in pietra di pescatori a picco su un promontorio chiamato 'Trou de L'enfer'.

L'autore di 'Desiderata' si reincarna ogni secolo, ed in ogni secolo lascia il suo messaggio…
Questo secolo dovrebbe essere l'ultimo e poi la sua anima sarà libera dal ciclo delle rinascite. "
***
Personalmente, mi sono imbattuta in "Desiderata", per la prima volta, sul finire dello scorso millennio, in Toscana, quando facevo ancora il notaio. 
Quel testo mi piacque così tanto che ne feci varie fotocopie e le misi in un cassetto della scrivania.
Ogni tanto capitava che ne regalassi una a qualche persona che mi ispirava particolarmente, amici, collaboratori, ma anche clienti: in particolare a quei clienti che venivano da me con le loro brave carte, per parlare di affari, e poi finivano col farmi ragionamenti sul senso della vita. Non ero una psicologa all'epoca! A parlare ci parlavo volentieri con la gente, di tutto, anche del senso della vita, ma diciamo che tirare fuori al momento buono un bel pezzo di carta scritto, con ottimi consigli spirituali, si era rivelato un modo cortese ed efficace, per onorare degnamente lo spirito, e per riportare al tempo stesso l'attenzione su questioni di... carte!
***
Pochi giorni fa, in Campania, "Desiderata" (la cui ultima copia in mio possesso era andata persa durante un  trasloco) è riapparsa nella mia vita in circostanze molto particolari, su cui non starò a dilungarmi.
Piuttosto  il fatto interessante, che mi piace raccontare qui, è che le cose sono andate in un modo, in un certo senso, molto evocativo della leggenda.
La vecchia amata poesia conosciuta in un altro luogo e in un altro secolo (addirittura in un altro millennio...), che io stessa distribuivo e che avevo perso di vista dopo la partenza, è ricomparsa oggi, in un altro luogo, in un altro secolo e in un altro millennio, consegnatami da altre mani, con cui non sarei mai entrata in contatto,  rimanendo ferma nella vecchia dimensione.
Molte cose sono cambiate oggi nella mia vita, ma in quel testo mi riconosco sempre.
Come se incarnasse qualcosa che ha a che fare col nucleo essenziale dell'esistenza, che non tramonta col tempo e non si perde viaggiando.
***
Il senso di questa leggenda (come di altre), secondo me, è anche nell'attribuzione di una qualità  specifica all'oggetto di cui si parla.
La reincarnazione qui dell'anonimo autore nei secoli, e la riapparizione della poesia in diversi luoghi della terra, sta a indicare probabilmente l'universalità del suo contenuto e la sua attualità che permane nel tempo.
Desiderata parla di  qualcosa che riguarda l'essere umano a prescindere dal dove e dal quando,  a prescindere anche dalla sua identità, dal suo nome, dal suo titolo, dalla sua età, dalla sua posizione sociale, dal suo genere sessuale, e quant'altro. 
Come a dire: è anonimo l'autore che l'ha scritta, è anonimo il lettore a cui capita in mano; l'autore si reincarna nei secoli e ovunque e il messaggio resta sempre lo stesso e sempre valido per uomini e donne di ogni epoca e luogo, allievi anonimi di anonimo maestro.
***
Insomma ci sarà pure un motivo se la gente tramanda le leggende,  anche quando sa benissimo che la realtà storica è un'altra. Hanno due utilità diverse, la storia e la leggenda: e servono tutt'e due.
***

venerdì 23 novembre 2012

Vizi capitali: invidia

"Fu il sangue mio d’invidia sì riarso,
che se veduto avesse uom farsi lieto,
visto m’avresti di livore sparso."
(Dante, Purg. XIV, 82-84)
Se mai un'ombra d'invidia rendesse spiacevole ai nostri occhi (/cuore/stomaco/viscere) la persona che è/ha ciò che in realtà vorremmo per noi, tenere a mente due cose.
  • Uno: l'invidia, bene o male, ci costringe a fare due conti con noi stessi. Quando invidiamo, ci stiamo rimproverando qualcosa: anche solo il fatto di aver messo da parte un sogno, un'ambizione, una direzione; e a volte proprio da qui si può partire per ritrovare la propria strada.
  • Due: ogni volta che pensiamo di qualcuno: "Se fossi al suo posto avrei risolto tutti i miei problemi", ricordiamoci che sì, forse i nostri problemi li avremmo risolti tutti, ma non  sarebbe finita qui. Avremmo comunque da risolvere altri problemi. Quelli suoi!

Ogni vita è unica, ogni vita ha le sue difficoltà.
Le nostre difficoltà a volte ci spingono ad invidiare la vita degli altri.
E così "vorremmo avere la bellezza di Marilyn Monroe, o il talento di Marguerite Duras, o l'esistenza avventurosa di Hemingway", come dice - nel suo libro Guarire -  David Servan-Schreiber.  Il quale però osserva anche che "Marylin Monroe, la donna più sexy, più famosa e più libera, desiderata perfino dal presidente degli Stati Uniti, annega la propria disperazione nell'alcol e muore per overdose di barbiturici. Kurt Cobain, il cantante dei Nirvana, diventato dall'oggi al domani una star mondiale, si uccide prima di raggiungere i trent'anni. Suicida muore anche Hemingway, al quale né il premio Nobel né la vita straordinariamente intensa hanno potuto risparmiare una profonda sensazione di vuoto esistenziale. E Marguerite Duras, intelligente, capace di suscitare grandi emozioni, adulata dai suoi amanti, si è distrutta con l'alcol. A rendere l'esistenza più facile non sono né il genio, né la gloria, né il potere, né il denaro, né l'adulazione delle donne o degli uomini.
Eppure esistono persone veramente felici. Quasi sempre le accomuna il sentimento che la vita sia prodiga di doni.Sanno apprezzare chi le circonda e i piccoli piaceri quotidiani: il cibo, il sonno, la serenità della natura, la bellezza della città in cui vivono. Amano creare e costruire, si tratti di oggetti, di progetti o di relazioni interpersonali, non appartengono a nessuna setta o religione particolare e si incontrano in tutto il mondo. 
Alcune sono ricche, altre no; alcune sono sposate, altre vivono sole; alcune possiedono un talento particolare, altre sono assolutamente comuni. Tutte, indistintamente, hanno però conosciuto sconfitte, delusioni, momenti difficili, perché nessuno vi sfugge. Ma nell'insieme sembra che sappiano affrontare gli ostacoli meglio di altri: si direbbe che abbiano un'inclinazione a rimettersi in piedi di fronte alle avversità e a dare un senso alla propria esistenza, come se intrattenessero un rapporto più intimo con sé stessi, con gli altri e con la vita che hanno scelto."

***
In conclusione, se vogliamo essere più sereni, possiamo utilizzare l'invidia come un cartello stradale che ci dice a chi forse vorremmo assomigliare, dove vorremmo trovarci e altre cose così.
Possiamo perdonarcela e ascoltare ciò che ha da dirci riguardo a noi stessi, più che riguardo agli altri.
Possiamo utilizzare la sua spinta (o il suo pungolo...)  per sostenere azioni che favoriscono la nostra crescita personale e ci avvicinino a ciò che ha davvero valore per noi.
Prestando attenzione, possiamo anche scoprire che in realtà non desideriamo essere realmente "al posto" delle persone che invidiamo (nella loro specifica casa, con il loro specifico lavoro, con il loro specifico partner ecc.), ma semplicemente avere il loro coraggio di portare alla luce se stesse, di ascoltarsi, di andare diritte verso ciò in cui credono, di assumere una posizione e di difenderla, di insistere dove noi ci siamo arresi, di trovare il modo di conciliare ciò che noi non riusciamo a conciliare, e così via. Quante preziose informazioni possiamo trarre da tutto ciò per la nostra vita...

Al tempo stesso è importante che noi restiamo in contatto con noi stessi e con i doni che la vita ci ha dato, impedendo che il continuo confronto con gli altri e il desiderio che le cose siano diverse da come sono ci distolgano dall'apprezzare e dal godere pienamente delle nostre personali fortune. 
Non diamo per scontati i nostri doni.
Riconosciamoli prestando ad essi attenzione. Facciamolo intenzionalmente. Godiamoceli nel qui e ora. Sono tutte fonti di gioia e di conforto a portata di mano nel qui ed ora, a prescindere da dove siamo diretti e da ciò che ci ripromettiamo di fare per migliorare nella nostra vita.
In questo spirito, possiamo per esempio:
e questo mentre continuiamo a
  • coltivare i nostri sogni e le nostre aspirazioni (clicca qui)
  • e andare alla scoperta di territori sconosciuti (clicca qui),
Se abbracciamo il principio spirituale secondo cui il miglior modo per combattere un "vizio" è alimentare una "virtù", male certamente non ci farà.
L'unico rischio, magari, se ve ne venisse troppo bene, può essere incorrere nell'invidia altrui.
Ma se saremo sereni e in pace con noi stessi, potremo anche comprenderla, perdonarla e rispondere con generosità.
E anche - chissà - ricordare a chi ci invidia di dare uno sguardo a questo post....


"Il miglior modo di combattere il male è quello di progredire energicamente nel bene."
(Richard Wilhelm, dal commento alla sentenza dell'esagramma 43 dell'I Ching -  KUAI - LO STRARIPAMENTO - LA DECISIONE)







giovedì 22 novembre 2012

Cura di sé e cura degli altri: il delicato equilibrio tra autorealizzazione e altruismo

Una lettrice, dopo aver letto il post sull'uomo che piantava gli alberi, ha commentato:

"Ciascuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa di significativo e determinante... piccole cose apparentemente insignificanti che possono rendere il mondo migliore... ed io, che potrei fare?".

Questa domanda ("io che potrei fare?") 
mi dà lo spunto per una riflessione
 sul rapporto esistente tra
 "l'aver cura di sé" e "l'aver cura degli altri".

Nelle nostre dieci regole della serenità è dato molto spazio alla cura di sé propriamente intesa (curare il proprio corpo, curare il proprio spirito, e altre cose così). 
Poi si arriva alla settima regola e si legge: "coltivare relazioni umane significative", cosa che implica un donarsi agli altri, un prendersi cura d'altri, un superamento apparente della cura di sé che al tempo stesso arricchisce di significato anche lo stesso sé.
In effetti è come se esistesse una specie di circolo virtuoso che parte dalla cura di sé e giunge alla cura degli altri, la quale diventa poi, a sua volta, un'altra tappa essenziale della cura di sé.
Volendo procedere per gradi, si potrebbe dire così:
se ognuno di noi fosse una persona migliore, il mondo intero sarebbe migliore; se ognuno di noi si sentisse un po' meglio, tutto il mondo si sentirebbe un po' meglio. Quindi, se vuoi rendere un buon servizio a questo  mondo, abbi innanzitutto cura di te; se vuoi un mondo migliore, comincia a migliorare te stesso.
Però non è questa la risposta che volevo dare alla lettrice.
E' un'altra. E sta in quello che ho chiamato il "circolo virtuoso".
La  cura di noi stessi e l'attenzione ai nostri bisogni, che qui vengono caldamente consigliate,  non vanno intese tout-court come espressioni di (un anche sano) egoismo, perché possono ben essere declinate  in un'ottica di generale vantaggio. 
Dopo tutto anche Elzéard Bouffier piantava gli alberi perché di base gli faceva piacere farlo e gli faceva anche bene farlo. La sua attività solitaria giovava contemporaneamente all'intera regione, ai suoi abitanti e a sé stesso che, con quella trovata,  ridava un senso positivo alla sua vita spezzata. 
Tutto ciò tira in ballo il concetto di autorealizzazione (così caro a noi life coach umanistici) e la conseguente domanda: è etico dare molto spazio alla propria autorealizzazione quando il mondo va a rotoli e tanta gente ha bisogno di aiuto?
La risposta può essere benissimo sì; infatti  l'autorealizzazione può essere un processo altamente etico, nel momento in cui è capace di attuare simultaneamente il bene proprio e quello altrui.
E' ciò che sosterrò a conclusione di questo post.
Ma poiché non posso andare avanti col dubbio che chi legge non sappia cosa si intende qui per autorealizzazione, apro una parentesi su questo concetto.
Saltate il prossimo paragrafo, voi che sapete... (lo scrivo in verde, così non si sbaglia!)
***
Il concetto di "autorealizzazione" parte dall'assunto che ci sia qualcosa dentro di noi che è potenzialità dell'essere, e che spinge per venire fuori (come l'acqua spinge per uscire da una sorgente) affinché il nostro vero sé possa venire alla luce, svilupparsi in pienezza e dare i suoi doni al mondo.
Nel corso della nostra vita, le nostre potenzialità  a volte trovano effettivamente (in misura maggiore o minore) sbocco ed espressione, e altre volte invece restano (in misura maggiore o minore) inespresse.
Il senso di appagamento che si trae dall'attualizzare le proprie potenzialità e, viceversa, il senso di insoddisfazione e frustrazione che viene dal non poterle esprimere, è esperienza nota a molti.
Sul punto si sono pronunciati ampiamente vari autori, ed in particolar modo Abraham Maslow (che pone l'autorealizzazione in vetta alla sua piramide dei bisogni umani) ed Erich Fromm.
"La nascita", sostiene Erich Fromm (nel suo libro 'Dalla parte dell'uomo'), "non è che un passo particolare entro un continuum che comincia con il concepimento e termina con la morte. Tutto ciò che giace tra questi due poli è un processo, consistente nel dare alla luce le proprie potenzialità, e nel portare alla vita tutto ciò che è potenzialmente dato nelle due cellule germinali. Ma mentre la crescita fisica procede di per se stessa, purché siano fornite le adatte condizioni, il processo della nascita sul piano mentale, all'opposto, non si verifica automaticamente. Esige l'attività produttiva, che dia vita alle potenzialità emotive e intellettuali dell'uomo, che dia vita al suo 'sé'." 
Abraham Maslow dice a sua volta (nel suo libro 'Motivazione e Personalità'), che, per quanto ogni altra esigenza possa essere stata soddisfatta (bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza, bisogni sociali e di appartenenza, bisogni di stima), possiamo spesso aspettarci che presto si svilupperà un nuovo stato di scontentezza e di irrequietezza, se l’individuo non sarà occupato a fare ciò che egli, individualmente, è adatto a fare. Un musico deve fare musica, un pittore deve dipingere, un poeta deve scrivere per poter essere definitivamente in pace con se stesso. Ciò che uno può essere, deve esserlo. Egli deve essere come la sua natura lo vuole. Questo è il bisogno che possiamo chiamare di autorealizzazione. 
Questo termine ... si riferisce al desiderio dell'uomo di autocompimento, cioè alla tendenza che egli ha  ad attualizzare ciò che è potenziale. Questa tendenza può essere indicata come il desiderio a divenire sempre più ciò che idiosincraticamente si è, a divenire tutto ciò che si è capace di diventare.
La forma specifica che questi bisogni assumeranno varia ovviamente molto da persona a persona. In un individuo possono assumere la forma del desiderio di essere una madre ideale, in un altro possono esprimersi atleticamente, in un altro nel fare quadri o invenzioni. A questo livello ci sono grandi differenze individuali."

***
Chiusa parentesi sul concetto di autorealizzazione.
***
Per rispondere finalmente alla domanda della lettrice, io evidenzierei un fatto molto importante, e cioè che la cosa più bella del processo di autorealizzazione è trovare un punto di incontro tra domanda e offerta, e cioè tra ciò che noi  abbiamo da offrire al mondo (e che ci dà gioia offrirgli) e ciò che il mondo richiede, perché ne ha bisogno.
Quando le due cose si incontrano, si attua simultaneamente il bene di chi dà e di chi riceve, ed è un successo condiviso, un'iniezione potente di significato esistenziale.
E' la gioia del musicista che suona condivisa con il pubblico che ascolta, del vero medico che cura e del suo paziente che si fa curare, di una mamma felice di  recitare una vecchia filastrocca al suo bambino e del suo bambino che ride nell'ascoltarla, di un giardiniere che coltiva volentieri  il suo giardino e delle sue piante che crescono rigogliose rispondendo alle sue cure.
Allora, se mi chiedi: "Io che potrei fare per rendere il mondo migliore?" ti potrei rispondere mille cose, ma la mia risposta preferita resta sempre: "Porta alla luce i tuoi doni e fanne omaggio al mondo", che sarebbe a dire  "Compi la tua autorealizzazione e fanne un atto di altruismo".
***
Questa peraltro è la conclusione a cui giunge lo stesso Maslow, quando osserva che i soggetti autorealizzati "hanno verso gli esseri umani in generale un profondo sentimento di identificazione, di simpatia e di affetto, nonostante i momenti occasionali di ira, di impazienza o di disgusto… A causa di tale sentimento di comunione, essi hanno un genuino desiderio di aiutare la specie umana. È come se fossero membri di una sola grande famiglia… Le persone che si autorealizzano hanno relazioni interpersonali più profonde di ogni altro adulto. Esse sono capaci di maggiore fusione, di maggiore amore, di identificazione più perfetta, di una maggiore riduzione delle barriere dell'ego di quanto la ritengano possibile le altre persone… In un senso molto reale e molto speciale si può dire che amano o piuttosto compatiscono tutta l'umanità".
In queste persone, commenta Lodovico Prola (Cenni sulla teoria psicologica di Abraham Maslow, in Buddismo e Società n.99/2003) "molti dualismi e dicotomie sono superati, le polarità scompaiono e molte opposizioni, ritenute fondamentali, sono sostituite da unità. Ad esempio le vecchie opposizioni tra cuore e mente, fra ragione e istinto scompaiono nelle persone autorealizzate. Non è possibile contrapporre egoismo e disinteresse perché per principio ogni atto è insieme egoistico e altruistico. Né si può opporre il dovere al piacere, né il lavoro al gioco quando il dovere è piacere e il lavoro è gioco."
Con lo stesso spirito Maslow parla del diventare un "servo", pur insistendo sull'importanza del realizzarsi: "Il miglior modo per diventare un miglior servitore degli altri è diventare persone migliori dentro. Ma per diventarlo è necessario servire gli altri. E' dunque possibile, anzi doveroso, fare le due cose simultaneamente".
 

***
Per cui attenzione a non confondere le opere di bene con i sacrifici.
Se sacrificherete voi stessi per fare il bene di qualcuno, potreste non ottenere in cambio la gratitudine che vi aspettate, perché in luogo del seme della gratitudine potreste aver gettato quello del debito morale o del senso di colpa, capaci di avvelenare anche il bene ricevuto e rendere amari, per chi li riceve, i frutti della vostra opera.
Se invece potrete offrire in dono agli altri ciò che siete felici di donare, perché per voi stessi costituisce  autorealizzazione, seminerete gioia e benedizione intorno a voi, e sarete grati voi per primi a chi apprezza e  accoglie volentieri quegli stessi doni, che consentono a voi di esprimervi.
****
Concludendo, ecco ciò che rispondo a chi mi chiede cosa può fare per migliorare il mondo: dona ciò che ti viene meglio e che, mentre lo fai, ti rende felice.
****
***

mercoledì 21 novembre 2012

"La vita è un processo evolutivo, una combinazione di stati che dobbiamo attraversare. 
Dove le persone falliscono è nel voler scegliere uno stato e rimanervici.
Questo è paragonabile ad una specie di morte." 
(Anaïs Nin)

martedì 20 novembre 2012

Accettare le circostanze in cui ci troviamo in questo momento



Che si tratti di un arazzo, di un tappeto o della nostra stessa vita, l'importanza di un filo nero o di un filo d'oro, in una trama, si giudica male in corso d'opera. Per quanto sia grande il piacere o il dispiacere con cui accogliamo  nella trama di un arazzo un nuovo filo, o nella nostra vita una nuova esperienza, i suoi effetti (positivi o negativi) sul disegno complessivo si rivelano solo nel tempo. A lavori in corso, possono esserci passaggi essenziali il cui valore ci sfugge. Sono soprattutto i momenti in cui, per esempio, si tesse un aspetto secondario della scena, si disegna un dettaglio  non particolarmente edificante, si costruisce lo sfondo, si colora una zona grigia, si rappresenta un elemento umile d'arredo, si lavora sulle comparse anziché sui protagonisti. 
Eppure è importante saper accettare ogni fase della tessitura della nostra trama, riconoscendo che ogni momento è necessario, ha un suo valore, e dobbiamo comunque passarci.
Accettare le circostanze in cui ci troviamo in questo momento, invece di opporre ad esse resistenza, è il primo passo per poter cambiare qualcosa. Continuare a tessere il nostro arazzo, anche quando si deve lavorare alla zona grigia, è il primo passo per avvicinarsi alla zona successiva dai bei toni che ci attirano.
Oggi accetta la tua realtà, accetta i limiti che essa ti impone, e riconosci che tutto fa parte del viaggio: anche questo preciso momento. Accetta i tuoi anni, i tuoi chili, il tuo saldo sul conto corrente, i vetri delle tue finestre macchiati di pioggia, le ammaccature sul paraurti della tua automobile e quant'altro appartiene al tuo presente, così com'è (e non come dovrebbe essere): al tuo presente reale. 
Quando accettiamo le condizioni in cui ci troviamo, sinceramente e profondamente, il nostro animo si ammorbidisce, ci rilassiamo, cessa la nostra opposizione a ciò che è reale, e subentra un senso di sollievo e di liberazione.
Solo quando cessa la lotta contro le cose della vita così come sono, può cominciare il processo di risanamento. 
A quel punto è come se cominciassimo a emettere una vibrazione diversa e divenissimo più positivi.
In un certo senso è come se l'accettazione sbloccasse qualcosa dentro di noi, e gettasse una luce diversa sulla nostra realtà, consentendoci di vederla meglio, qui ed ora, e quindi di vedere meglio anche qual è il passo successivo da fare.
(Il che in fondo non è molto diverso dal dire: conosci e accetta i tuoi limiti, se vuoi superarli.)


domenica 18 novembre 2012

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Ancora una risposta di Erich Fromm

"L'esistenza umana è caratterizzata dal fatto che l'uomo è solo, e separato dal mondo. Incapace di sopportare la separazione, si sente spinto a perseguire la relazione e l'unità. 
... E' un paradosso dell'esistenza umana il fatto che l'uomo debba simultaneamente cercare l'unione e l'indipendenza; l'unione con altri e nello stesso tempo la preservazione della propria singolarità e particolarità.
... E' possibile essere relazionati col mondo agendo e comprendendo. L'uomo produce cose, e nel processo di creazione esercita il suo potere sulla materia. L'uomo comprende il mondo, mentalmente ed emotivamente, attraverso l'amore e attraverso la ragione. La sua capacità di ragionare gli consente di penetrare oltre la superficie e di cogliere l'essenza del suo oggetto, entrando con esso in relazione attiva. La sua capacità d'amore gli consente di spezzare il diaframma che lo separa da un'altra persona, e di comprenderla. Sebbene l'amore e la ragione non siano che due forme differenti della comprensione del mondo, e sebbene nessuna delle due sia possibile senza l'altra, sono espressione di potenzialità diverse, quella dell'emozione e quella del pensiero ...
... l'amore è un sentimento specifico; e mentre ogni essere umano ha capacità d'amare, realizzarla è una delle più ardue conquiste. L'amore genuino si radica nella produttività, e può propriamente chiamarsi, pertanto, "amore produttivo". La sua essenza è la medesima sia che si tratti dell'amore della madre per il figlio, del nostro amore per l'uomo, o dell'amore erotico tra due individui. (Vedremo più tardi che si tratta pure della stessa cosa quando si parla dell'amore per il prossimo e dell'amore per se stessi.) Sebbene gli oggetti dell'amore differiscano , e di conseguenza differiscano l'intensità e la qualità dell'amore stesso, si può dire che certi elementi fondamentali siano caratteristici di tutte le forme di amore produttivo. Tali elementi sono la sollecitudine, la responsabilità, il rispetto, e la conoscenza."
 (Erich Fromm, Dalla parte dell'uomo)
***
Vedi anche su facebook "Sera di Luna"
pagina di spunti su Amore & Co. collegata a questo blog
https://www.facebook.com/seradiluna1

sabato 17 novembre 2012

Coltivare la serenità attraverso i sensi. L'olfatto

"Gli odori stimolano i ricordi, ma risvegliano anche i nostri sensi appannati, ci vezzeggiano, ci coccolano, ci aiutano a definire l'immagine che abbiamo di noi, rimestano il calderone del nostro fascino, ci avvertono dei pericoli, ci inducono in tentazione, soffiano sul nostro fervore religioso, ci accompagnano in cielo, ci sposano alla moda, ci immergono nel lusso."
(Diane Ackerman)


Tra i consigli di bellezza citati nel post del 13 novembre scorso, se ricordate bene, c'era anche   "sapere di buono"; questo per l'elementare ragione che chi sa di buono ci piace di più, e quindi ci sembra anche più bello!
Cosa s'intenda per sapere di buono può essere oggetto di interpretazioni varie, ma l'accezione può benissimo introdurre un discorso sulla celebrazione dell'olfatto, perché "sapere di buono" può significare anche "emanare un buon profumo".
Ognuno di noi ha un proprio odore personale: un bouquet fatto di dieta, salute, ormoni, igiene, oltre ad essenze varie di cui eventualmente si cosparga.
Una persona ci passa accanto e noi stiamo lì che respiriamo. Può lasciarci il dono di una scia profumata o l'offesa di un cattivo odore. L'una e l'altra cosa non sono senza peso. L'odore che gratifica o offende il nostro olfatto ha a che fare direttamente col nostro respiro: entra dalla stessa via attraverso cui aspiriamo l'aria che ci serve per vivere. Ecco perché ci viene voglia di scappare, quando il nostro interlocutore - che magari dice tante cose belle - ha un alito pestilenziale; non è per maleducazione, o per incapacità di sostenere una conversazione... è per legittima difesa! Qualcosa ci dice che quell'aria ci fa male, e probabilmente è vero.
Allo stesso modo gli odori buoni, quelli che amiamo, hanno il potere di dare conforto e gioia al nostro spirito. Una spruzzatina di un profumo che amiamo ci tira subito su.
Se venissimo colpiti da anosmia (se cioè perdessimo il nostro senso dell'odorato), ci ritroveremmo senza una preziosa bussola interna. Infatti sono moltissime le informazioni che ci vengono dall'olfatto. Tant'è vero che usiamo dire "sento puzza di bruciato", per indicare il sospetto intuitivo che qualcosa non vada per il verso giusto; come parliamo di giudizi dati "a naso", riferendoci metaforicamente proprio al nostro olfatto come strumento primitivo per  orientarci nel mondo. Quest'ultimo è pieno di odori d'ogni tipo che possono risvegliare i nostri ricordi, colorare le  nostre emozioni, influenzare i nostri sentimenti ed il nostro umore.
Simbolicamente, poi, i profumi hanno anche un legame con il divino, con il sacro. Dio ordinò a Mosè di costruire un altare di aromi e di bruciare dolce incenso durante le preghiere; profumi ed essenze aromatiche venivano usati nell'antico Egitto durante il processo di mummificazione, ed anche nelle antiche cerimonie religiose romane e greche, e in molte altre cerimonie liturgiche anche dei tempi attuali, come se gli aromi, diffondendosi  liberi nell'aria, potessero creare un ponte simbolico tra terra e cielo.
***
Oggi pensiamo a quali doni possiamo fare al nostro olfatto per gratificarlo.
Andiamo alla ricerca di  semplici piaceri olfattivi capaci di darci gioia.
Ognuno può scovare le esperienze che più gli sono congeniali: coltivare sul balcone di casa piante aromatiche, andare a passeggio nel bosco dopo la pioggia, farsi un bel bagno profumato, bruciare nel camino scorze d'arancia e chiodi di garofano, farsi un giro al reparto profumi di un grande magazzino, andare a comprare il pane  caldo al forno,  accendere candele  profumate,  e così via.
*** 
Ed ora una citazione sul tema dell'olfatto da un libro interamente dedicato al... profumo.

"Gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi ai profumi. Poiché il profumo è fratello del respiro. Con esso penetrava gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’amore dall’odio.
 Colui che dominava gli odori, 
dominava il cuore degli uomini.”
 (Patrick Suskind, Il profumo)

***

A proposito della "madeleine" di Proust



"... il passato nostro. E' inutile cercare di rievocarlo, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani. Esso si nasconde ... in qualche oggetto materiale (nella sensazione che ci verrebbe data da quest'oggetto materiale) che noi non supponiamo. Quest'oggetto, vuole il caso che lo incontriamo prima di morire, o che non lo incontriamo. ...Ed ecco ... portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «madeleine»... trasalii ... Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M'aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l'amore, colmandomi d'un'essenza preziosa... Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla? ...Certo, ciò che palpita così in fondo a me dev'essere l'immagine, il ricordo visivo, che, legato a quel sapore, tenta di seguirlo fino a me.... E ad un tratto il ricordo m'è apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di «madeleine» che la domenica mattina a Combray... quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio....E come in quel gioco in cui i Giapponesi si divertono a immergere in una scodella di porcellana piena d'acqua dei pezzetti di carta fin allora indistinti, che, appena immersi, si distendono, prendono contorno, si colorano, si differenziano, diventano fiori, case, figure umane consistenti e riconoscibili, così ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swann, e le ninfee della Vivonne e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta Combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidità, è sorto, città e giardini, dalla mia tazza di tè." (Marcel Proust)
***

martedì 13 novembre 2012

Riflessioni sul corpo (e qualche... suggerimento di bellezza!)

"Noi pensiamo con i nostri muscoli,
 noi pensiamo con tutto ciò che costituisce
 il nostro corpo."
(Erich Fromm)
"Il corpo è un abito sacro.
 E' il tuo primo e ultimo abito; 
è ciò con cui entri nella vita e ti distacchi dalla vita,
 e dovrebbe essere trattato con onore."
 (Martha Graham)
***
"Il corpo è, letteralmente,
 il nostro mezzo per essere
 - per donare, amare, muoversi, sentire."
(Diana K. Roesch)
***
E ora... 
qualche consiglio di bellezza
(che non guasta mai!)
dal libro "La Parigina"
di Ines de la Fressange Sophie Gachet: 

"Per mantenersi belle il più a lungo possibile...
* Avere un aspetto curato.
* Sapere di buono.
* Avere bei denti. Farsi togliere il tartaro regolarmente (ogni sei mesi)
* Sorridere.
* Essere indulgente.
* Essere disinvolta e dimenticare l'età.
* Essere più cool.
* Essere meno egoista.
* Essere innamorata di un uomo, di un progetto, di una casa. Funziona da lifting.
* Fare cose che ci assomigliano. Favorisce la 'zenitudine'.
* Accettare che ci siano dei giorni 'no'. E approfittare dei giorni 'sì'."


lunedì 12 novembre 2012

Affrontare le crisi connesse alle svolte e ai cambiamenti della vita

Ognuno di noi, nel corso della  propria vita, affronta prima o poi svolte e cambiamenti esistenziali piccoli o grandi, cioè momenti di passaggio dallo scenario usuale del nostro vivere fino a quel momento, ad uno scenario nuovo e sconosciuto.
In questi casi, a volte persino quando si tratta di cambiamenti voluti, il nostro equilibrio mentale, costruito sulla situazione precedente, può subire uno scossone; si può provare un senso di spaesamento connesso alla fatica di ri-orientarsi, prima di trovare un equilibrio nuovo più adatto alle mutate circostanze. 
Purtroppo questo equilibrio nuovo non è qualcosa che si trovi a comando:  va piuttosto trovato un po' alla volta, per tentativi ed errori; va costruito nella vita di ogni giorno, passo per passo, attraverso i piccoli atti quotidiani.
Ciò può comportare che per un periodo si proceda un po' "al buio", senza un preciso equilibrio che ci accompagni; e questa cosa può fare anche un po' paura, giacché spesso non siamo in grado di prevedere,  in base alle nostre precedenti esperienze, come andrà ad evolvere questa situazione che per noi è tutta nuova.
Una crisi - come molte altre cosa della vita - ha un suo inizio, una sua evoluzione e anche una sua fine.
La fine può essere positiva, se ha uno sbocco evolutivo, se conduce cioè ad un equilibrio nuovo in una tappa successiva di un processo di sviluppo; in tal caso la crisi, superata con successo,  è stata vissuta come occasione di crescita: se ne esce più maturi, più forti, arricchiti d'esperienza e consapevolezza.
Altre volte questo non succede, e la crisi può portare ad esiti negativi, fino a sfociare  addirittura in patologia (cosa paradossalmente più frequente soprattutto nelle crisi mancate, cioè non affrontate quando era il momento).
Le crisi non sono connesse solo agli eventi eccezionali e imprevedibili dell'esistenza (come terremoti, incidenti, fallimenti, separazioni, eccetera), ma anche alle tappe più o meno canoniche e prevedibili del ciclo di vita individuale e familiare.
Il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, dall'adolescenza alla maturità e poi alla mezza età e alla vecchiaia; un trasloco, un matrimonio, la nascita di un figlio, l'uscita di casa dei figli ormai cresciuti; i cambiamenti di città, di scuola, di lavoro;  il pensionamento, la morte di una persona cara (che, secondo i casi, può rientrare o meno nelle attese canoniche della temporalità),  e così via, sono tutti momenti in cui ci troviamo di fronte a un passaggio del vivere, che implica  innanzitutto una perdita di cui bisogna fare il lutto.
La sfida è ogni volta quella di perdersi per poi ritrovarsi: un processo di morte e di rinascita, che può diventare anche una grande occasione di crescita.
A volte è proprio una crisi che può portarci a scoprire dentro di noi risorse inaspettate, rimaste fino a quel momento latenti.

"Senza il passaggio e la cerniera delle crisi", dice Alba Marcoli, nel suo bel libro 'Passaggi di vita', "faremmo probabilmente molta più fatica o ci sarebbe addirittura impossibile aprire le porte successive del nostro cammino, così come senza la cerniera del gomito e delle ginocchia non riusciremmo a fare tutto ciò che facciamo con le nostre braccia e le nostre gambe. Allora è forse proprio il nostro diventare presbiti dopo i quarant'anni che sancisce il fatto, malinconico, che non siamo più adolescenti, ma allo stesso tempo ci prepara a entrare nella pienezza della maturità e a goderne i frutti reali, invece di continuare a camminare nella vita voltati indietro verso un'età che non c'è più. E sarà proprio l'entrare nella maturità e il riconoscere che certe cose, come i vent'anni, non ci saranno più, ciò che ci permetterà forse di scoprire i lati della nostra infanzia o adolescenza che invece possiamo e vogliamo portare avanti nel tempo perché li sentiamo appartenenti alla nostra vicenda umana.
Un po' come succede nell'elaborazione del lutto per la perdita di una persona cara: una volta attraversato  il lungo periodo necessario a vivere  tutto il dolore e la rabbia per la sua assenza, a poco a poco il suo ricordo da vivo comincerà a ritornare e a far compagnia nella mente e nel cuore.
Come osserva Racamier, è probabile che l'uscita evolutiva dalla crisi sia rappresentata dalla capacità di tollerare una certa 'ambiguità': quella di essere contemporaneamente tristi per la perdita di una persona amata o di un periodo della vita o di qualcos'altro che ci era caro, ma anche contenti del loro ricordo buono dentro di noi, che ci accompagna per il resto dei nostri giorni, perché quella vicenda ci è appartenuta e nessuno la può cancellare.".


***

***