domenica 27 gennaio 2013

Aforismi sull'uscita

"Ogni uscita è un’entrata in un altrove."
(Tom Stoppard)
"Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita." 
(Alda Merini)
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“Uno non deve mettere i fiorellini alla finestra della cella della quale è prigioniero, perché sennò anche se un giorno la porta sarà aperta lui non vorrà uscire.” (Silvano Agosti)
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"Le decisioni erano soltanto l’inizio di qualcosa. Quando si prendeva una decisione, in realtà si cominciava a scivolare in una forte corrente che ti portava verso un luogo mai neppure sognato al momento di decidere."
(Paulo Coelho)
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sabato 26 gennaio 2013

Dalla filosofia, alla crema panna e nutella, passando per la maionese



Una signora oggi stava facendo una certa torta, che ormai fa da dieci anni, una volta l'anno. Questa torta viene farcita con una crema di nutella e panna, ed il problema è che quando si va a inglobare la nutella nella panna, a volte viene fuori una crema buonissima, spumosa e perfetta, e altre volte la crema "impazzisce" (si sgonfia e si disfa in mille grumetti) e allora  addio, non si recupera più.
Poiché la signora ormai conosce questo rischio, procede per gradi, nel senso che non amalgama più tutta la panna con tutta la nutella in una volta sola, ma lo fa in due o tre volte, con due o tre diverse zuppiere, così magari in una zuppiera ha la crema riuscita e in un'altra quella "impazzita".
Oggi una delle tre zuppiere conteneva la crema impazzita e alla signora dispiaceva molto buttarla via, anche perché il sapore era buono. Allora si è ricordata che, al liceo, il suo professore di filosofia usò una volta una metafora, per spiegare non so che concetto filosofico. La metafora era "... il tale concetto filosofico  equivale un po' a ciò che si fa in cucina quando fate la maionese e vi impazzisce. Come la recuperate? Fate una nuova maionese, e a mano a mano,  a piccole dosi, inglobate nella maionese buona anche quella impazzita". Allora la signora ha seguito le istruzioni per la maionese ed effettivamente ha salvato anche la crema della torta. Così ha capito che c'è un unico principio che vale sia per la maionese, sia per la crema panna e nutella. E, visto che la questione a monte era stata posta in termini filosofici, probabilmente la signora passerà il resto della sua giornata pensando a tutti  gli altri casi in cui le cose che non funzionano possono riprendere a funzionare, se (magari a piccole dosi e un po' alla volta) vengono integrate in un contesto che funziona.

venerdì 25 gennaio 2013

Camminare come forma di meditazione

"E' necessaria, per farsi camminatori, un'espressa dispensa dal Cielo." (Henry David Thoureau)
Ho cominciato a fare lunghe camminate meditative, alcuni anni fa: un giorno che ero reduce da una solenne arrabbiatura e avevo deciso di non tornare a casa fino a che non mi fossi calmata del tutto.
Allora cominciai a mettere semplicemente un piede davanti all'altro, e l'altro ancora avanti e così via, senza una meta precisa, e feci questo, diciamo, per un paio d'ore. Quando tornai a casa ero sudata e spettinata, ma in pace col mondo... e una doccia calda fece il resto.
Da allora ho cominciato a prendere in seria considerazione questa pratica, come forma di cura di sé,  sia dal punto fisico sia dal punto di vista mentale/spirituale.
Quando mi avvio in queste camminate, dico a chi me lo chiede che "vado a fare due passi", ma in realtà  si tratta di qualcosa di più. Si tratta di una specie di meditazione in movimento.   
Qualcuno parla a riguardo di "camminata consapevole". Infatti, come ogni altra attività, anche una camminata può essere fatta in modo consapevole o in modo non consapevole.
Camminare in modo consapevole è "camminare camminando", essere cioè completamente assorti in ciò che si sta facendo: la camminata.
Questo significa non avere la mente altrove, assorta in chissà quali grovigli di pensieri, ma averla presente nel momento, centrata su ogni singolo passo, sul lavoro dei nostri muscoli, sulle sensazioni che si sviluppano sotto le piante dei piedi e nel resto del corpo in movimento, mentre l'aria fresca ci entra nei polmoni e ci carezza la pelle, accompagnata dal  profumo delle foglie, dal fruscio dei rami  degli alberi o dal battito d'ali di un uccellino che si solleva in volo davanti a noi.
Questo non vuol dire che non ci verranno in mente pensieri che ci distraggono dalla nostra camminata. Loro verranno, noi li riconosceremo e con molta gentilezza li lasceremo andare, ce li lasceremo alle  spalle, mentre continuiamo a procedere passo dopo passo..
Immaginiamo, trattando con questi pensieri, di avere a che fare con una brava persona che vuole interromperci durante un lavoro importante e delicato; le diciamo con garbo: "Mi dispiace, ora sono occupato, ne parliamo dopo", e    riportiamo la nostra attenzione sul nostro lavoro. 
Durante queste passeggiate, possiamo andare alla scoperta di luoghi sconosciuti o avere in mente una bella meta da raggiungere: va bene sia l'una sia l'altra opzione. In queste camminate, infatti, è soprattutto lo spirito del viaggio che conta: la nostra capacità di trovare appagamento ad ogni passo del cammino e apprezzare la vita come ci si rivela a ogni istante.
Questo atteggiamento peraltro può essere esportato a qualunque momento della nostra vita, che spesso nel suo insieme è simboleggiata come viaggio, cosa che non è poi tanto distante dall'idea di una lunga camminata.
Ma anche senza arrivare a tanto (perché noi, gente che corre, quando corriamo corriamo e non possiamo sempre badare alle finezze), possiamo comunque sentirci meglio, sia fisicamente sia psicologicamente, se riusciamo a ritagliarci momenti da dedicare ad un'attività del genere.
All'inizio, se siamo fuori allenamento, possiamo cominciare con camminate brevi, di dieci minuti, e poi via via magari aumentarne la durata.
A volte anche una piccola passeggiata può dare i suoi vantaggi: dipende da come sappiamo valorizzarla.
Per dirla con il poeta inglese Rupert Brooke, che celebrava le gioie della quiete, fortunati coloro che sono capaci di "fare scorta di tranquillità e soddisfazione... e attingervi in seguito, quando la fonte manca ma il bisogno è grande".  
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"...Poi impariamo
che non c’è un cammino di pace;
camminare è la pace;
non c’è un cammino di gioia;
camminare è la gioia.
Noi camminiamo per noi stessi.

...Cammina e tocca la pace di ogni istante.
Ogni passo è una fresca brezza.
Ogni passo fa sbocciare un fiore sotto i nostri piedi.
Imprimi sulla terra il tuo amore e la tua gioia.
La terra sarà al sicuro
se c’è sicurezza in noi."

Thich Nhat Hanh (monaco Zen vietnamita)
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vedi anche il post: portare a passeggio l'artista bambino
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mercoledì 16 gennaio 2013

Citazioni sul tema vedere/non vedere, guardare/non guardare

"Le cose visibili possono essere invisibili. Se qualcuno va a cavallo nel bosco, prima lo si vede, poi no, ma si sa che c'è ... il nostro pensiero comprende tutti e due, il visibile e l'invisibile. Ed io utilizzo la pittura per rendere il pensiero visibile." (René Magritte)

"Ciò che vediamo non è ciò che vediamo ma ciò che siamo." (Fernando Pessoa)
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"Per vedere cosa c'è sotto il proprio naso occorre un grande sforzo." (George Orwell)

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"Quanto tempo risparmia chi non sta a guardare quello che dice o fa o pensa il suo vicino." (Marco Aurelio)
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"Un arcobaleno che dura un quarto d'ora non lo si guarda più." (Johann Wolfgang von Goethe)
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"Di regola, ciò che non si vede disturba la mente degli uomini assai più profondamente di ciò che essi vedono." (Giulio Cesare)

lunedì 14 gennaio 2013

Coltivare relazioni umane significative: feste di famiglia e relazioni one to one


"Uno degli aspetti più importanti delle tradizioni familiari - i rituali che le famiglie perpetuano anno dopo anno - è che le tradizioni contengono dei simboli e le famiglie hanno bisogno di simboli." 
(Steven J.Wolin)


Il periodo natalizio, appena concluso, probabilmente ha messo una parte di noi in situazioni di abbuffate non solo alimentari ma anche... relazionali. 
La tradizione di riunirsi in occasione delle feste è una cosa abbastanza frequente, nelle nostre famiglie; una tradizione che resta in piedi nonostante il succedersi delle generazioni, l'emigrazione di alcuni membri, le morti, le separazioni, le tensioni e i cambiamenti in genere. 
Tutte le tradizioni, per definizione, sono ripetitive e sempre uguali a se stesse;  ci possono piacere di più o di meno, secondo i casi e secondo i momenti, ma evidentemente ci danno comunque qualcosa di buono, se non ci sottraiamo.
La tradizione di riunirsi nelle feste può fornirci, per esempio, il piacere e il conforto che viene dal senso  di continuità della famiglia: se anche quest'anno siamo qui, a fare le solite cose, è segno che la nostra famiglia è ancora un luogo sicuro, che dura e promette di durare, sopravvive agli eventi e rimane integra nonostante i cambiamenti. Il che è più che sufficiente per rendere preziose le tradizioni familiari e per farcele conservare anche quando eventualmente ci pesano un po'.
Ciò che magari ora, a feste finite, andrebbe considerato è se in momenti del genere abbiamo celebrato  solo la famiglia nel suo insieme, come organismo, luogo sicuro, matrice di appartenenza, o siamo riusciti a valorizzare anche i legami autentici con i suoi singoli membri.
In effetti, per coltivare una sincera intesa con i vari membri della propria famiglia, possono andare anche bene, certo,  le grandi riunioni rituali e le occasioni corali di divertimento collettivo; ma non bisogna dimenticare che ogni rapporto vero, autentico, tra le persone, non può prescindere da momenti di incontro "uno ad uno", senza interferenze altrui e senza spettatori. Momenti in cui confermarsi l'un l'altro nell'intesa reciproca, nella comprensione, nell'intimità; io sono questo per te e tu sei questo per me, tu sei importante per me ed io sono importante per te, io mi interesso a te e tu ti interessi a me, io posso contare su di te e tu puoi contare su di me, io ti trovo simpatico e tu mi trovi simpatico, io voglio il tuo bene e tu vuoi il mio, e tutto ciò perché tra noi due c'è un legame ed un'intesa reciproca, al di là della mera appartenenza allo stesso gruppo.   
Se riusciremo a coltivare nell'ambito della nostra famiglia tanti rapporti "a due", quanti  sono i nostri familiari, e a riservare una considerazione individuale a ciascuno come persona, al di là della comune appartenenza alla "massa indifferenziata" familiare, anche le grandi riunioni avranno un altro senso per noi e saranno momenti di festa autentica, in cui non celebreremo solo la continuità della nostra famiglia ma anche la profondità dei nostri legami con i suoi vari membri. 

domenica 13 gennaio 2013

Oggi sono in video e... vi racconto una fiaba!

Oggi vi racconto a voce la fiaba che ho presentato all'incontro sul life coaching, tenuto a Portici il 6 gennaio scorso. Ho piacere di raccontarla a voi tutti, perché è una buona metafora dell'attivazione delle risorse di una persona in un momento di cambiamento esistenziale.
Buona domenica!


(la fiaba in sé inizia dal minuto 1.30: 
il primo minuto e mezzo contiene un minimo di introduzione al life coaching, per chi non sapesse cos'è)

giovedì 10 gennaio 2013

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Citazioni sugli errori

Nella foto Lucy van Pelt dai Peanuts
("Non ho mai fatto un errore in vita mia.
 Una volta ho creduto di averne fatto uno.
Ma mi sbagliavo")

"È facile definire 'errore' qualcosa perché il risultato è inaspettato o perché ci ha causato dolore. Ma chi decide se sia davvero stato un errore? Siamo noi a decidere se un errore è proprio un errore. Fate orecchie da mercante alla sciocca voce della paura e assaporate il piacere di sbagliare ogniqualvolta accade. Gli errori sono nostri amici: se non cadiamo, non potremo rialzarci. Vuol dire che abbiamo affrontato la paura e scelto di rischiare."
(Brenda Shoshanna, I 7 principi della serenità)
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"Io ero insistente con i miei insegnanti: per favore, restate in tema, e non datemi consigli che non riguardano la vostra materia. Così potrò esplorare la vita a modo mio.
Certo, commetterò molti sbagli, molti errori. Sono disposto a commettere degli errori perché questo è l’unico modo per imparare. Non esiste altro modo per imparare."
(Osho, Trova la tua voce interiore)

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"L’essere umano è imperfetto e commette ogni giorno degli errori. Ma per quanto gravi, questi errori non devono invadere la sua coscienza, perché non servirebbe a nulla.
Il fatto che per un momento egli provi rimorso o vergogna è una buona cosa, poiché non ci si può correggere se non si comincia col rendersi conto di aver avuto torto ad agire in un certo modo, e ci si pente.
Il rimorso, però, deve servire unicamente a prendere la decisione di non ripetere più gli stessi errori. Se persiste, è inutile e persino nocivo."
 (Omraam Mikhaël Aïvanhov)
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"Sbagliate in fretta e a basso costo, sbagliate spesso, sbagliate senza procurarvi danni irreparabili.
Sbagliare è l’unico modo per capire che cosa funziona e che cosa non funziona."
(Seth Godin, Il Ruggito della mucca viola)

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"Nelle sacche dell'errore (che è un erramento) può ancora trovarsi un cammino."
(Roberto Peregalli, I luoghi e la polvere)

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"Tutti commettono errori. È per questo che c'è una gomma per ogni matita."
(Proverbio giapponese)

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"Guarda gli errori degli altri e correggi i tuoi."
(Proverbio giapponese)

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"Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio, la torre di Pisa."
(Gianni Rodari, Il libro degli errori)

martedì 8 gennaio 2013

Evergreen: Preghiera di una monaca inglese del 1700

C'è una preghiera, tradizionalmente attribuita ad  una monaca inglese del Settecento, che mi è sempre piaciuta sia perché venata da una leggera punta di ironia, sia perché suona come un buon ammonimento  contro il reale rischio di "invecchiare".
Ciò che ci rende davvero "vecchi" - sembra dire questa preghiera - non è tanto la nostra età, quanto una  generale "pesantezza" che comincia a caratterizzare il nostro sguardo sul mondo ed il nostro modo di rapportarci agli altri e a noi stessi. 
Attenzione, allora: è vero che con gli anni diventiamo carichi di sapere e di esperienza, ma questo non basta a renderci persone migliori; c'è ancora una lezione da imparare: fare un buon uso di questo carico, saperlo reggere, saperlo valorizzare e contenere, altrimenti rischiamo di farne un fardello che fa colare a picco la qualità delle nostre relazioni sociali e affettive. 

nella foto: chiostro dell' Abbazia di Lacock  (Wiltshire - Inghilterra)

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Preghiera di una monaca inglese del 1700

Signore, tu sai meglio di me che sto invecchiando

e che tra non molto sarò vecchia del tutto.
Guardami dalla fatale abitudine di credere
ch'io debba dire il mio parere su tutti gli argomenti, in qualsiasi circostanza.
Liberami dalla voglia di dare una sistemazione alle cose di tutti.
Fammi riflessiva, ma non musona,
pronta ad aiutare, senza impormi.
Sembra un vero peccato non usare la mia vasta saggezza,
 ma tu sai, Signore, che alla fin fine qualche amico voglio pure conservarmelo.
Tieni libera la mia mente dal disperdersi in infiniti particolari;
fammi arrivare subito al concreto.
Chiudi le mie labbra sui miei guai e pene:
stanno aumentando e la voglia di parlarne
diventa prepotente con il passare degli anni.
Non oso chiederti grazia così grande
come quella di non godere del racconto dei guai altrui,
ma aiutami a sopportare gli sforzi con pazienza.
E non oso chiederti di accrescermi la memoria,
ma ti chiedo maggiore umiltà e minore sicurezza quando la mia memoria sembra urtarsi con le memorie altrui.
Insegnami la sacrosanta lezione che qualche volta posso sbagliarmi anch'io.
Conservami ragionevolmente dolce:
non voglio essere una santa (è così difficile vivere insieme con alcune di loro!).
Però una persona vecchia e amara costituisce il coronamento dell'opera del diavolo.
Rendimi capace di scoprire il bene in luoghi inattesi e qualità in chi non te l'aspetti.
E concedimi, Signore, la grazia di riconoscerlo apertamente.
Amen
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Bene, questa è la versione integrale della preghiera.
Il contenuto mi sembra sempre valido, anche dopo più di tre secoli, sia che si voglia usarla per pregare sia che si voglia tenerla a mente come promemoria di buoni propositi.
Se risultasse un po' lunghetta, come preghiera per gente che corre, una formula abbreviata potrebbe essere: 
"Dio mio, mandami pure le rughe e i capelli bianchi, se è proprio necessario, ma - per carità -  preserva  la mia simpatia e la mia saggezza e  aiutami a farle crescere sempre più,  a mano a mano che procedo nella vita, per la gioia mia e di chiunque graviti nella mia orbita! Amen."
In una formula del genere il succo del discorso è intatto (anche se, certo, addio poesia!).
Come preghiera anche la formula breve è chiara per Dio, che sa benissimo di cosa stiamo parlando.
Rispettare la formula lunga è solo un modo di ricordare a noi stessi  cosa s' intende per simpatia, saggezza e attenzione verso chi si relaziona con noi (caso mai con l'età  cominciassimo a dimenticarlo e a diventare... insopportabili!).

lunedì 7 gennaio 2013

Tre aforismi sull'attesa

"Se non ci metterà troppo, 
l’aspetterò tutta la vita."
(Oscar Wilde, L’importanza di chiamarsi Ernesto)



"Tutto ciò che vale 
merita di essere atteso."
 (Anonimo)
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"Non sono orfana di qualcosa che è andato via,
ma di qualcosa che deve ancora arrivare." 
(Roberto Vecchioni) 
***
E per chi non fosse sazio,
 ecco a seguire un mio video interamente dedicato all'attesa, al suo peso e al suo valore.




venerdì 4 gennaio 2013

Chiarimenti sul life coaching

Rispondo al volo ad alcune domande di chi mi ha contattata per l'incontro del 6 gennaio, dove presenterò in breve le caratteristiche di un percorso di life coaching.
- L'incontro di gruppo di domenica è un incontro di tipo informativo/divulgativo, completamente gratuito e d'impostazione molto soft. Chiacchiereremo, insomma, e al massimo faremo qualche semplice attività di avvicinamento al metodo. Niente a che fare con una "lezione". E, soprattutto, niente a che fare con una "psicoterapia di gruppo".
- Infatti il life coaching NON E' psicoterapia. Obiettivo del life coaching non è curare problemi e disturbi psichici, non è "cambiare" le persone o farle "guarire" da qualcosa. Chi si rivolge al life coach porta un'insoddifazione in alcuni ambiti della propria vita, che intende affrontare di petto (come tutti di tanto in tanto ci troviamo a fare) ma non intende affrontare da solo.
- Perché rivolgersi ad un life coach per affrontare (comunque da sé) la propria vita? Perché a volte nelle situazioni ci stiamo talmente dentro che non riusciamo a guardarle dalla prospettiva migliore: e cioè un po' "da fuori" e con uno sguardo lucido e attento. Momenti di pausa dedicati proprio a questo sguardo più lucido consentono di prendere atto della complessità delle situazioni in cui ci troviamo, valutando meglio le risorse e gli ostacoli, le aree di possibile sviluppo, e così via, fino a fare chiarezza su cosa vogliamo, dove vogliamo dirigerci, e come lavorare per arrivarci.
Un bravo coach che mi è stato maestro ama contestare la metafora del viaggio verso una meta, quando si parla di coaching. E' una metafora, dice, che da sola non tiene conto del fatto che a volte le strade da percorrere dobbiamo costruircele con le nostre mani.
La sua metafora preferita è quella della costruzione di una cattedrale: non è tanto questione di camminare, ma di costruire una realtà con impegno, un mattone sopra l'altro (e possibilmente su fondamenta solide), partendo da un progetto, un sogno, che vogliamo realizzare.
Altre volte la metafora del "costruire" viene declinata nella versione della costruzione di un ponte, che unisce i due aspetti dell'impegno costruttivo e del cammino. Se vuoi partire dalla tua situazione attuale e procedere verso la tua situazione desiderata, devi costruire un ponte di collegamento tra le due, mattone dopo mattone (e possibilmente su pilastri solidi!).
Buona giornata a tutti! (ci sono ancora tre posti liberi per l'incontro di domenica, per chi volesse aderire; per notizie, clicca qui)

giovedì 3 gennaio 2013

Incamminarsi verso la propria meta e avvalersi di un coach

Passato Capodanno, ho tolto la copertina natalizia del blog e per un momento ho rimesso quella di sempre: l'immagine della mia scrivania con la tenda rossa sulla destra.
Quell'immagine riflette ciò che realmente ho davanti agli occhi quando vi scrivo, per cui, quando apro il blog e la guardo, la mia mente va direttamente all'idea di scrivere un post. E' propiziatoria, diciamo così.
Ieri però era il 2 gennaio e mi sentivo in... partenza. L'immagine della scrivania non rifletteva la mia tensione ad incamminarmi nel nuovo anno. Qualcosa nell'aria diceva "Pronti, partenza... via!". Come facevo a restare immobile alla scrivania? 
Infatti ci sono stata molto poco. Giusto il tempo di fare una cosa la mattina (cambiare l'immagine di copertina) e una cosa la sera (l'invito per il nostro incontro del 6 gennaio sul tema del life coaching ).
In realtà le due cose sono connesse.
L'immagine è quella di due zainetti e due bastoni che a settembre io e mia figlia abbiamo appoggiato tra le pietre del Vesuvio, durante una sosta del nostro cammino verso il cratere. Stavamo salendo insieme verso la cima della nostra montagna (che per l'appunto è il Vesuvio); gli zainetti erano il nostro bagaglio ed i bastoni gli  strumenti per facilitare la salita.
Anche questa immagine è propiziatoria,  mi sono detta. Non tanto per lo scrivere (che alla fine è venuto comunque) quanto per il mettersi in cammino. 
Ma in cammino verso che? Noi nella realtà salivamo verso il cratere del Vesuvio, ma la scalata di una  montagna (e di un vulcano, poi!) ha ampi risvolti anche simbolici. Ognuno, dopo tutto, ha una salita davanti a sé (una montagna da scalare) quando ha in mente una sua meta, quando ha degli obiettivi nella vita che richiedono impegno, fede, tenacia, lavoro.
Con che mezzi l'affronta, oltre che con le sue gambe? La foto sembra dire: con ciò che si è portato nello zaino come bagaglio personale, con un bastone e magari - visto che zaini e bastoni sono due - anche con un compagno di viaggio, che qui è presente come compagno del momento di sosta. 
Questo è lo spirito di chi si avvale del life coaching, mi sono detta.
Avviarsi con le proprie forze (gambe),  le proprie risorse (bagaglio) ed i propri strumenti (bastone) verso la propria meta, ma non fare il viaggio da soli. O almeno non del tutto. Si può essere soli sulla strada ed in buona compagnia durante le soste.
Una sosta fatta in due può essere utile per confrontarsi, riflettere insieme, valutare insieme, programmare,  rivedere l'itinerario, prendere il coraggio per andare avanti, ma a volte anche per tornare indietro, cambiare sentiero, e così via.
Anche così può essere letto il life coaching.
*** 
Il di più a voce nel nostro incontro fissato per 
Domenica 6 gennaio 2013, dalle ore 18 alle ore 20, a Portici.
Il clima sarà amichevole e quasi giocoso, e sarà l'occasione per dare ai presenti  un piccolo assaggio gratuito del metodo e propiziare un buon inizio del "vero" anno lavorativo.
Chi volesse aderire, può mettersi in contatto con me, telefonicamente (al 388.8257088) o via email (maltiero@alice.it),  e riceverà ulteriori indicazioni su come arrivare (e cosa...portare!).

A presto!



mercoledì 2 gennaio 2013

Disegna il quadro della tua vita - Un primo assaggio gratuito di life coaching

Come già annunciato, ecco il primo evento dell'anno per quanti di voi sono interessati ad approfondire l'argomento "life coaching".
Domenica 6 gennaio 2013, dalle ore 18 alle ore 20, a Portici, ci sarà un primo incontro gratuito con un  piccolo gruppo di persone, cui sarà offerto un assaggio del metodo.
Il clima sarà amichevole e quasi giocoso; un incontro nell'ultimo giorno delle feste, teso a propiziare un buon inizio del "vero" anno lavorativo.
Chi volesse aderire, può mettersi in contatto con me, telefonicamente (388.8257088) o via email maltiero@alice.it,  e riceverà ulteriori indicazioni su come arrivare (e cosa...portare!).
A presto! Buona ripresa a tutti.

martedì 1 gennaio 2013

"Qual è l'età dell'anima umana? Come essa ha la virtù del camaleonte di mutar colore a ogni nuovo incontro, d'esser gaia con chi è allegro e triste con chi è depresso, così anche la sua età è mutevole come il suo umore." (James Joyce)
Nella foto opera di Cecilia Parades (body painting)