domenica 11 novembre 2012

L' Uomo che piantava gli Alberi

Mi sono imbattuta per caso in un bel racconto dal titolo "L'uomo che piantava gli alberi" (L'homme qui plantait des arbres) di Jean Giono, pubblicato nel 1953.
E' la storia di Elzéard Bouffier, un pastore che l'autore dice di aver incontrato nel 1913, in una regione delle Alpi che penetra in Provenza.
A quell'epoca la zona era deserta, senza alberi e disabitata, e ovunque cresceva  solo lavanda selvatica.
Il pastore si era ritirato a vivere in solitudine lassù dopo la morte del suo unico figlio e poi di sua moglie. Se ne andava in giro tutti i giorni con una bella scorta di ghiande ed un bastone di ferro.
Ogni tanto si fermava, faceva un buco nel terreno con il bastone e ci metteva dentro una ghianda, che poi ricopriva di terra.

"Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparteneva. Mi rispose di no. Sapeva di chi era? Non lo sapeva. ... Non gli interessava conoscerne i proprietari.
Piantò così le cento ghiande con estrema cura...
Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori o di tutto quel che c’è di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c’era nulla."

 Quando l'autore tornò a visitare quei luoghi, dopo la prima guerra mondiale, era il 1920.

"Avevo visto morire troppa gente in cinque anni per non immaginarmi facilmente anche la morte di Elzéard Bouffier ... Non era morto. ...
Le querce del 1910 avevano adesso dieci anni ed erano più alte di me e di lui. Lo spettacolo era impressionante. Ero letteralmente ammutolito e, poiché lui non parlava, passammo l’intera giornata a passeggiare in silenzio per la sua foresta. Misurava, in tre tronconi, undici chilometri nella sua lunghezza massima. Se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle mani e dall’anima di quell’uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione."

Fatto sta che Bouffier continuò ancora, per anni ed anni, a piantare alberi, incurante di ciò che avveniva frattanto nel resto del mondo (compresa la seconda guerra mondiale!) e la zona, un tempo deserta, un po' alla volta si trasformò radicalmente.
La qualità dell'aria migliorò, i torrenti tornarono ad essere ricchi d'acqua, e molte persone tornarono a vivere nei dintorni.

Di seguito un'animazione della parte centrale della storia  di Elzéard Bouffier


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Le parti 1/3 e 3/3 di quest'animazione sono ai seguenti link (il cui ritmo mi sembra però un tantino lento per gente... abituata a correre!).
Video 1/3 - "L'uomo che piantava gli alberi"
Video 3/3 "L'uomo che piantava gli alberi"
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link al testo del racconto
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Questa storia è un buon esempio di uno dei tanti modi in cui si può affrontare una crisi.
Quando Elzéard Bouffier si ritira in solitudine sulle montagne, ha perso tutto: il suo unico figlio, sua moglie, e anche la fattoria dove viveva con loro.
Arriva in un luogo desolato e sente che può fare qualcosa, sente che vale ancora la pena fare qualcosa prima che la sua vita si chiuda.
Non è giovane. Ha un'età in cui di solito le persone pensano di aver già portato a compimento i propri progetti. Eppure inizia la sua opera, e lo fa con ostinazione, testardamente, senza scoraggiarsi di fronte alle difficoltà. Non dà per scontato che tutto ciò che pianta sopravviverà, crescerà. Per avere dieci querce, deve interrare cento ghiande, che precedentemente avrà dovuto accuratamente scegliere e selezionare. 
Così facendo, giorno dopo giorno, da solo e in silenzio, riesce a trasformare una terra desolata, abbandonata da Dio e dagli uomini, in un luogo in cui la vita ritorna in tutte le sue forme: le foreste ricrescono, si ripopolano di tante forme di vita, l'acqua  riprende a scorrere, i vecchi villaggi abbandonati si ripopolano anch'essi.
Eppure Elzéard Bouffier non ha ricostruito le case, non ha ripulito i ruscelli, non ha condotto sul posto animali e persone, né ha curato gli orti o intonacato le case.
Lui è stato semplicemente e ostinatamente fedele alla sua idea, al suo progetto: riportare gli alberi su una terra desolata. Il resto è venuto da sé.
Quanti altri Elzéard Bouffier esistono al mondo, sconosciuti e silenziosi? Forse ognuno ne ha un pezzetto potenziale dentro di sé.
Del resto, nella storia umana, qualcuno ha pur dovuto scoprire il fuoco,  o inventare la ruota e la scrittura, o ideare e realizzare i primi strumenti per coltivare la terra, per cacciare, pescare,  cucinare, cucire i vestiti.  Sono state costruite palafitte (e anche costruzioni diverse, certo!), sono stati dati nomi alle cose e alle rappresentazioni mentali che ne abbiamo, fino a creare lingue complesse, e in queste lingue fiabe, miti e poesie. Insomma, sono migliaia e migliaia  le opere degli uomini nella storia, frutto di inventiva e creatività, spesso  espressa in modo silenzioso nel lavoro quotidiano di tante persone, impegnate nelle attività più varie: artigiani, scienziati, casalinghe...
Molte volte tutto questo non è che la risposta - una delle tante possibili risposte - a cui si è arrivati dopo una lunga ricerca, messa in moto da un problema, da una cosa nuova da affrontare.
Proprio come avviene in ogni crisi della vita.
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E di ciò che avviene nelle crisi della vita, parlerò in un prossimo post.