lunedì 14 novembre 2016

Anche questo passerà. Una fiaba sufi e altre vicende

Nell'immagine un dipinto di Merab Gagiladze
C'era una volta un re che un giorno chiamò a sé tutti i saggi del regno e disse loro: "Sono stanco di sentirmi come un fuscello in balìa della sorte, felice, ansioso o disperato a seconda di come vanno le cose. Vorrei trovare il modo di affrontare più serenamente gli alti e bassi della vita. Potete darmi un suggerimento? Che so, una frase, una formula che io possa ripetere a me stesso in qualunque circostanza, e che mi aiuti a rimanere saldo e stabile nei momenti di difficoltà,  mi risollevi lo spirito nei tempi di sfortuna e mi mantenga  equilibrato nei momenti di successo?"
I saggi si riunirono e, dopo una lunga discussione, si trovarono finalmente d'accordo sulla formula da suggerirgli. La scrissero su un pezzetto di carta e consegnarono il bigliettino al re, raccomandandogli di non leggerlo subito per pura curiosità, ma di aspettare il momento del bisogno. 
Il re mise allora il foglietto in un piccolo scrigno segreto alloggiato sotto il diamante del suo anello e non ci pensò più.
Dopo qualche tempo, il regno fu attaccato a sorpresa dall'esercito di un regno vicino. Il re e i suoi uomini combatterono coraggiosamente ma persero la battaglia. Il re fu costretto a fuggire da solo con i nemici alle calcagna. Si inoltrò nel folto di un bosco e a un certo punto si accorse di essersi infilato in una via senza uscita. Di fronte a lui c'era infatti un burrone e proseguire significava precipitare e morire.
Solo sull'orlo del precipizio, con i nemici che lo stavano inseguendo e che probabilmente tra poco lo avrebbero raggiunto, il re si sentì perso. Ma a quel punto  un raggio di sole si rifletté sul diamante del suo anello e il re si ricordò del messaggio dei saggi. Aprì allora l'anello e lesse il biglietto. Sopra c'era scritto: "Anche questo passerà" .
Il re lesse e rilesse quelle parole più volte finché comprese finalmente il messaggio dei saggi. Disse tra sé: "Sì, anche questo passerà. Fino a ieri godevo del mio bel regno ed ero un re potente e onorato. Ora il regno è sparito e con esso tutti i suoi piaceri. Ora sono qui da solo, sull'orlo di un precipizio e con i nemici che mi  inseguono. Ma anche questo momento passerà, come ogni altro momento. Come passa il momento della sicurezza, così passa il momento del pericolo." 
Un senso di calma scese allora dentro di lui fino a inondargli la mente e il cuore. E mentre continuava a stare in quel luogo senza vie d'uscita, un po' alla volta si rese conto anche di tutta la bellezza della natura che lo circondava,  così ricca di colori e di profumi, e apprezzò il canto degli uccelli, e si accorse dello stormire delle foglie mosse dal vento. Dopo un po' gli giunse alle orecchie anche il rumore dei cavalli dei nemici, prima più lontani, poi sempre più vicini, e voci di uomini che si scambiavano indicazioni gridando. Sentì l'esercito fermarsi e indugiare a poca distanza da lui. Finché un po' alla volta sentì quelle voci e quel rumore di cavalli allontanarsi sempre più, fino a scomparire. I nemici non lo avevano visto e si erano avviati in un'altra direzione. Era in salvo.
Dopo quel giorno, il re coraggiosamente e tenacemente ricompose e riorganizzò  un po' alla volta il suo esercito disperso e riuscì alla fine a liberare il suo regno dall'invasore.
Traversò allora in trionfo le vie della capitale e il suo popolo lo accolse con grandi festeggiamenti. La gente al suo passaggio gli lanciava petali di fiori e gli tributava ogni onore. E per le strade le persone  facevano festa chiassosamente, tra danze, musiche e risate.  
Il re sentiva lievitare dentro di sé la contentezza e l'orgoglio. E a un certo punto si trovò a commentare tra sé: "Questa è la prova del mio valore e del fatto che il mio popolo mi ama e mi onora. Sono un re forte, coraggioso, benvoluto e difficile da sconfiggere."
Il suo anello di diamante mandò allora un riflesso di luce dritto dentro ai  suoi occhi. Il re si risvegliò dai suoi pensieri e si ricordò che  i saggi gli avevano dato un messaggio valevole non solo per i tempi difficili o sfortunati, ma anche per quelli del successo e della fortuna. 
Rilesse il biglietto custodito nell'anello: "Anche questo passerà...". 
La pace e il silenzio scesero allora dentro di lui, in  mezzo al chiasso e alla baraonda generale, e la nebbia dei pensieri si diradò nella sua mente
Da protagonista identificato con le manifestazioni del momento,  si sentì umile e quieto testimone degli eventi. 
Ecco la vittoria,  la gioia e la festa, ed ecco anche la consapevolezza che niente dura per sempre.
Tutto ciò che arriva a un certo punto se ne va.
Una ragione in più per vivere pienamente ogni momento, ricordandosi che è unico, prezioso, irripetibile.
Nell'immagine un dipinto di Merab Gagiladze
Da giovane, quando di una serie di dodici piatti me ne restavano a un certo punto solo quattro, la prendevo piuttosto male. All'epoca avevo le bambine piccole e un discreto andirivieni di gente per la casa. Qualche piatto sfuggiva di mano alle bambine, qualcuno agli ospiti o alla tata, qualcun altro a me. E insomma si faceva presto a spaccarne otto.
Al terzo servizio di piatti si impose una decisione: o trovavo dei piatti infrangibili o dovevo accettare che i piatti di porcellana e di ceramica prima o poi si sarebbero rotti e non c'era niente da fare.
In un negozio di articoli per la casa scoprii una promozione per una deliziosa serie di piatti a fiorellini. Mi piacevano un sacco, anche se davanti agli occhi me li vedevo già tutti in cocci. Visto che costavano poco, decisi di comprarne diciotto anziché dodici, così ne avrei avuti sei di scorta e ci avremmo messo più tempo ad arrivare a quattro.
Quei piatti alla fine sono durati più a lungo del previsto. Li uso tuttora e non saprei dire quanti sono (certamente più di quattro). Continuano a piacermi, per via dei loro fiorellini allegri, ma la vera caratteristica che li ha resi   speciali è di essere entrati in casa mia già con l'idea che si sarebbero rotti. Per cui non me la sono mai presa, quando se ne è rotto qualcuno. E non perché era costato poco, ma perché ne avevo accettato la rottura prima ancora che si verificasse.
Quante cose nella vita  riusciamo a considerare in questa prospettiva e ad accettare che passeranno, si romperanno, finiranno, ma non per questo non meritano di essere vissute fino in fondo, momento per  momento?
A volte la fine delle cose può essere per noi motivo di dolore, che si tratti di una fase della vita che si chiude, della fine di una relazione, della  conclusione di un progetto o della morte di qualcuno.
A volte può essere fonte di gioia e liberazione, come la fine di una malattia, di una guerra,  di una prigionia, o anche il pensionamento se il nostro lavoro era per noi fonte di tormento.
Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Il sole sorge e poi tramonta. Un fiore sboccia e poi appassisce. Noi stessi nasciamo, cresciamo e moriamo. Possiamo gioire o disperarci per questo, ma la fine delle cose è nella natura stessa delle cose. La legge del cambiamento è l'unica realtà che non cambia mai.
Quando riusciamo ad accettare davvero questa realtà, non consideriamo più le nostre perdite come una sfortuna squisitamente nostra, perché l'evento con cui stiamo facendo i conti è solo una delle tante  manifestazioni di quest'unica realtà universale.
Nell'immagine un dipinto di Merab Gagiladze
All'epoca delle stragi di piatti, una sera tornando a casa trovai una statuetta di ceramica decapitata.
"Chi l'ha rotta?", chiesi alla mia bambina di quattro anni.
"Si è rotta da sé", mi rispose lei con naturalezza.
Aveva senso in quel momento stabilire chi fosse il colpevole? Se magari una palla, o piuttosto la bambina che l'aveva lanciata, o la sua amichetta che non l'aveva parata, o la tata che le aveva lasciate giocare in salotto, oppure io che non avevo messo la statuetta in un posto sicuro?
Qualunque cosa possa dire una legge o una polizza di assicurazione circa la responsabilità per la rottura di una cosa fragile, la verità ultima è nella natura delle cose.
La statuetta si era rotta perché era di ceramica.
Per cui alla fine, tutto sommato, aveva ragione la bambina.
Quella statuetta non l'aveva rotta nessuno. Si era rotta da sé, secondo natura.

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