sabato 22 febbraio 2014

Un racconto come una goccia di cristallo

Racconto di 
Gabriel Garcìa Màrquez 
 tratto dal libro
"Non sono venuto a far discorsi"
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"Immaginate un piccolissimo paese in cui vive una donna anziana con due figli, uno di diciassette e una figlia minore di quattordici. Sta servendo loro la colazione e si nota che ha un'espressione molto preoccupata. I figli le chiedono cosa le succeda e lei risponde: «Non so, ma mi sono svegliata con il pensiero che qualcosa di molto grave accadrà in paese».
I figli ridono di lei, dicono che si tratta di presentimenti da vecchia, cose che passano. Il ragazzo se ne va a giocare a biliardo e, nel momento in cui sta per tirare una carambola semplicissima, l´avversario gli dice: «Scommetto un peso che non la fai». Tutti ridono, lui stesso ride, tira la carambola e il colpo non gli riesce. Il ragazzo paga la scommessa e gli chiedono: «Ma che cosa è successo? Era una carambola così facile...». Lui risponde: «È vero, ma mi è rimasta la preoccupazione per quello che mi ha detto mia madre stamattina su qualcosa di grave che sta per succedere in paese». Tutti ridono di lui e quello che ha vinto il peso torna a casa, dove ci sono sua madre e una cugina o una nipote, insomma, una qualche parente. Felice per la scommessa vinta, dice: «Ho vinto facile facile questo peso a Dámaso, perché è uno stupido». «E perché è uno stupido?» «Be´, perché non è riuscito a fare una carambola semplicissima, disturbato dalla preoccupazione per il fatto che sua madre stamattina si è svegliata con l´idea che qualcosa di molto grave stia per succedere in paese».
Allora la madre gli dice: «Non burlarti dei presentimenti dei vecchi, perché a volte si realizzano». La parente ascolta tutto, poi esce a comprare la carne. «Mi dia mezzo chilo di carne» dice al macellaio e, mentre lui la sta tagliando, aggiunge: «Meglio che me ne dia un chilo, perché dicono che stia per succedere qualcosa di grave ed è meglio essere preparati». Il macellaio la serve e quando arriva un´altra signora a comprare mezzo chilo di carne le dice: «Ne prenda un chilo perché sono venute un sacco di persone a dire che succederà qualcosa di grave. La gente si sta preparando, va in giro a far compere».

Allora la signora risponde: «Ho parecchi figli; guardi, meglio se me ne dà due chili». Poi se ne va con i suoi due chili e, per non allungare troppo il racconto, dirò che il macellaio in mezz´ora esaurisce la carne, ammazza un´altra vacca, la vende tutta e la voce continua a spargersi. Arriva il momento in cui tutti in paese stanno aspettando che succeda qualcosa. Si paralizzano le attività e all´improvviso, alle due del pomeriggio, fa caldo come sempre. Qualcuno dice: «Vi siete resi conto del caldo che sta facendo?». «Ma se in questo paese ha sempre fatto caldo...». Tanto caldo che è un paese in cui tutti i musicisti hanno strumenti rappezzati con il catrame e suonano sempre all´ombra perché, se lo fanno al sole, gli strumenti se ne cadono a pezzi. «Eppure» dice uno «a quest´ora non ha mai fatto tanto caldo». «Ma se alle due del pomeriggio è proprio l'ora in cui fa più caldo...». «Sì, ma non tanto caldo come adesso». Sul paese deserto, sulla piazza deserta cala all´improvviso un uccellino e si sparge la voce: «C´è un uccellino in piazza». E tutti accorrono spaventati a vedere l´uccellino.
«Ma, signori, ci sono sempre stati uccellini che si posano in piazza». «Sì, ma mai a quest´ora». Si giunge a un punto di tale tensione per gli abitanti del paese che sono tutti smaniosi di andarsene e non hanno il coraggio di farlo. «Io sì, che sono un vero uomo», urla uno «io me ne vado». Prende i mobili, i figli, gli animali, li mette su un carretto e attraversa la strada principale dove c´è tutto il paese a guardarlo. E a un certo punto la gente dice: «Se lui ha il coraggio di andarsene, allora ce ne andiamo anche noi», e cominciano letteralmente a smantellare il paese. Si portano via le cose, gli animali, tutto. E uno degli ultimi che abbandona il paese dice: «Che la disgrazia non si abbatta su ciò che resta della nostra casa», e allora incendia la casa e altri incendiano altre case. Fuggono in mezzo a un tremendo panico, come in un esodo di guerra, e tra di loro procede la signora che aveva avuto il presagio, urlando: «L´avevo detto che qualcosa di molto grave stava per succedere e mi hanno dato della pazza»."
Mi astengo dal commentare oggi questo racconto.
Dirò solo questo: che certi racconti sono come gocce di cristallo. Qualcuno ci vede un riflesso di se stesso o di un suo pensiero, qualcuno un riflesso del resto del mondo, qualcuno li considera lenti deformanti  sulla realtà e qualcuno lenti di ingrandimento.
Infine c'è anche chi li considera semplici passatempo, come le gocce di cristallo quando si mettono a proiettare tutt'intorno arcobaleni illusori, che un po' sono belli  e  un po' non servono a niente, che forse nemmeno esistono e che forse anche sì...
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Leggi anche il post Addio a Gabriel Garcìa Màrquez - Citazioni da "Cent'anni di solitudine"



giovedì 20 febbraio 2014

Gruppo per l'autoconsapevolezza femminile "Ricomincio da me": nuovo ciclo 7-14- 21- 28 marzo 2014

Il prossimo 7 marzo parte un nuovo ciclo di 4 incontri di
Ricomincio da me - Gruppo per l'autoconsapevolezza femminile.
(clicca qui per andare alla pagina attività, eventi, corsi, gruppi)
Chi intende partecipare deve prenotarsi telefonicamente al numero 388.8257088.
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Si tratta di un ciclo di incontri al femminile teso a dare risposta a un desiderio che molto spesso mi viene manifestato dalle donne (inizialmente dai 40 anni in su, ma ora anche sotto i 40 anni): cioè quello di un gruppo interamente dedicato a loro, dove poter portare se stesse, i propri pensieri, le proprie emozioni, le proprie battaglie col mondo e in cui sentirsi accolte, riconosciute, ascoltate, rispettate e supportate moralmente da un'intera... squadra di alleate.
E' proprio per rispondere a questo tipo di esigenza, che quest'anno sono partiti presso il mio studio i gruppi di discussione per l'autoconsapevolezza femminile.
I gruppi si propongono come occasione di confronto e alleanza tra donne alla ricerca di un riconoscimento dei propri valori, bisogni e desideri e anche del coraggio di agire coerentemente ad essi.
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Un gruppo di discussione non è un gruppo terapeutico e non è nemmeno un gruppo di formazione, ma è un luogo dove, sotto la guida della psicologa-conduttrice, è concesso dar voce ai propri pensieri e alle proprie emozioni, in relazione ai temi trattati, riguardanti le più diffuse e sentite tematiche femminili.
Il gruppo è sia un'occasione per prendere contatto con la propria interiorità e la propria  autenticità, sia un'occasione per affinare, oltre alla capacità di ascolto di sé, anche quella di ascolto dell'altro, in un clima teso a favorire, prima nel gruppo e poi anche all'esterno, relazioni più spontanee, autentiche, significative e improntate alla reciprocità.
La partecipazione all'evento è aperta a tutte le donne interessate, ma il numero dei posti è limitato. Occorre prenotare. Per informazioni e prenotazioni, contattare il numero 388.8257088.
Per seguire l'evento su facebook (con le sue possibili ripetizioni) e per invitare amiche clicca qui
Per andare alla pagina delle attività, eventi, corsi e gruppi, clicca qui

domenica 16 febbraio 2014

I bambini s'incontrano - poesia di Rabindranath Tagore


I bambini s'incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Sopra di loro il cielo è immobile
nella sua immensità
ma l'acqua del mare che non conosce riposo
si agita tempestosa.
I bambini s'incontrano con grida e danze
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Costruiscono castelli di sabbia 
e giocano con conchiglie vuote.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sulla superficie ampia del mare.
I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi.
Non sanno nuotare 
né sanno gettare le reti.
I pescatori di perle si tuffano per cercare
i mercanti navigano sulle loro navi
i bambini raccolgono sassolini
e poi li gettano di nuovo nel mare.
Non cercano tesori nascosti
non sanno gettare le reti.
Ride il mare increspandosi
ride la spiaggia luccicando pallidamente.
Le onde portatrici di morte
cantano ai bambini cantilene senza senso
come fa la madre
quando dondola la culla del suo bimbo.
Il mare gioca con i bambini
e la spiaggia ride luccicando pallidamente.
I bambini s'incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Nel cielo senza sentieri vaga la tempesta
nel mare senza sentieri naufragano le navi
la morte è in giro e i bambini giocano.
Sulla spiaggia di mondi sconfinati
c'è un grande convegno di bambini.

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domenica 9 febbraio 2014

E della rabbia, che me ne faccio?






Care Signore,
Vi piacerebbe essere così?
Vi siete mai sentite così?
Vi hanno mai fatte sentire così?

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Non sono poche le donne che temono di poter somigliare a Medusa, quando si arrabbiano.
Tra avere un diavolo per capello e avere una capigliatura di serpenti, non corre poi tanta differenza.
E così anche il potere distruttivo della  nostra collera, quando si manifesta in maniera violenta, somiglia tanto alla distruttività dello sguardo di Medusa, capace di pietrificare ogni essere vivente, e così di distruggere le relazioni.
Medusa simboleggia un femminile negativo e distruttivo, che può venir fuori anche da una donna stupenda, sotto l'effetto dell'ira.
E non a caso la leggenda vuole che fu proprio l'ira di una dea, Atena, a trasformare la povera Medusa, da fascinosa a mostruosa. Il che aggiunge un altro elemento alla nostra metafora, suggerendo cioè che una vera dea (come una vera signora), quando si arrabbia, non può tollerare di avere in sé gli aspetti brutti, distruttivi e poco dignitosi che una tale emozione tira fuori ed abbia bisogno di sbarazzarsene al più presto, per non vederli e non sentirli.
Atena  infatti fa proprio così: li colloca fuori di sé e li carica su Medusa; da una parte c'è il mostro e dall'altra la dea; da una parte la  rabbia terribile, vergognosa e inaccettabile, dall'altra la bellezza, la dignità e lo stile.
Nel suo libro The Heart of Religion, Phiroz Mehta, dice:
"La prima reazione di fronte a uno stato spiacevole e negativo è quella di sbarazzarsene.
Posso tentare di dimenticare o ignorare, di sopprimerlo o fuggirlo: per disperazione posso anche tentare di distruggerne la causa. Invece devo essere pienamente osservante e spassionato ed assorbirlo con delicatezza nella mia psiche, così da consentire che il mio male si trasformi in comprensione."
Questo significa che, per fare i conti con la nostra rabbia, dobbiamo innanzitutto riconoscerla, tollerare il disagio che ci provoca, e accettarla così com'è, senza agirla d'impulso e senza cercare di sbarazzarcene quanto prima.
Il che non significa inghiottirla, bensì entrare in uno stato che ci consenta di padroneggiarla, di utilizzare cioè  la sua carica energetica per cambiare la situazione che stiamo vivendo,  per dire ciò che è appropriato dire, e fare ciò che è giusto fare, in quella circostanza.
Questo significa non cadere né nella passività impaurita (inghiottire) né  nella reattività impulsiva (che, sotto sotto, ha molto a che fare, anch'essa, con la paura).
Significa trasformare la nostra istintiva aggressività  in assertività, dove l'aggressività è un atteggiamento che dice "io sono contro di te", mente l'assertività è affermare con decisione (e all'occorrenza a gran voce) semplicemente "io sono" (e quindi ho il diritto di esistere e di essere rispettato con le mie caratteristiche, i miei bisogni, i miei valori, la mia dignità, i miei desideri, la mia ricerca di benessere).
Ed ora una storia indiana, metafora di tutto ciò, e a seguire la soluzione accolta alla fine anche dalla saggia Atena.
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Tanti anni fa - facciamo mille - in una terra lontana, diciamo in India, c'era un villaggio con un grosso problema: un enorme serpente velenoso minacciava e terrorizzava la popolazione ed aveva  già fatto  parecchie vittime.
Un giorno passò per il villaggio un sant'uomo, di quelli capaci di governare le forze della natura e di parlare con gli animali, e la gente chiese il suo aiuto.
Egli allora parlò al serpente, che da quel giorno divenne mansueto e inoffensivo.
Dopo qualche tempo, il sant'uomo tornò al villaggio ed apprese che il serpente se la passava molto male, perché la gente gliene faceva di tutti i colori: gli tirava sassi, lo trascinava per la coda, lo derideva e lo umiliava.
Allora il sant'uomo andò nuovamente dal serpente e gli disse: "Io ti avevo invitato a non fare del male agli altri, ma non ti avevo detto di non sibilare..."
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Se nella leggenda indiana l'assertività è simboleggiata dal serpente che sibila, pur non uccidendo, anche la mitologia greca offre un'immagine simbolica che sembra comporre il conflitto tra i due aspetti della femminilità rappresentati da Medusa e Atena.
Quando Medusa infatti viene decapitata da Perseo, la sua testa - ancora minacciosa - viene donata, dopo varie peripezie, dall'eroe ad Atena.
La dea non solo accetta il dono (e una testa decapitata non è certo un mazzo di rose...), ma pone la testa di Medusa sulla sua egida, che diviene così uno strumento di difesa ancora più potente.
La dea, in tal modo, conserva la sua divina dignità, ma al tempo stesso si riappropria dei suoi aspetti-Medusa, prima rifiutati, accettandoli e mettendoli al servizio delle sue parti elette.
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Leggi anche:
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venerdì 7 febbraio 2014

Il 14 febbraio 2014 ore 18-20 gruppo di discussione sul tema: "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore?"


Il 14 febbraio dalle ore 18 alle ore 20, ci sarà un incontro di gruppo dedicato al tema: "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore?".
Chi volesse partecipare deve prenotarsi telefonicamente, chiamando al numero 388.8257088.
L'evento è stato presentato oggi anche su facebook, dove è possibile vedere ulteriori informazioni ed invitare i propri amici, dopo aver cliccato "parteciperò".
Per andare all'evento su facebook, clicca qui!
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Chi fosse interessato ad altre iniziative simili, ed in genere a spunti sull'amore e dintorni, può visitare la nuova pagina facebook (appena nata), dedicata al tema e collegata a questo blog.
Si chiama "Sera di Luna. Spunti su Amore & Co. di 'Ciò che si muove non congela' (clicca qui).
Per ricevere notizie e aggiornamenti dalla pagina, occorre cliccare prima su "Mi piace",  quindi fermarsi qualche secondo su detto bottone, attendere che compaia il menu a tendina, e lì spuntare “✓Ricevi le notifiche” e ”Aggiungi alle liste di interessi".

sabato 1 febbraio 2014

Mitologia e psicologia. 3) Era e l'archetipo della moglie fedele

ERA NELLA MITOLOGIA
Era (per i romani, Giunone) era la dea del matrimonio e, in quanto consorte di Zeus, Grande Signora dell’Olimpo.
Figlia di Crono e Rea (e quindi anche sorella di Zeus), appena nata fu inghiottita dal padre come altri suoi figli.
Liberata e restituita alla vita quando era ormai già fanciulla (grazie a uno stratagemma ideato da Meti e attuato da Zeus), fu allevata da due benevole divinità della natura, Oceano e Teti, che le fecero da genitori adottivi.
La sua bellezza attirò l’attenzione di Zeus che, per avvicinarsi a lei, assunse le sembianze di un uccellino infreddolito e tremante. Quando Era, intenerita, lo accolse al seno per riscaldarlo, Zeus riprese il suo vero aspetto e cercò di possederla con la forza. Ma non ci riuscì.
Allora, pur di averla, promise di sposarla e i due ebbero una lunga luna di miele, che si dice sia durata addirittura trecento anni.
Finita la luna di miele, però, finì anche il resto.
Zeus infatti riprese le sue scorribande amorose, già per lui abituali prima del matrimonio, e le fu ripetutamente infedele.
La gelosia vendicativa di Era è un tema ricorrente in buona parte delle leggende e degli aneddoti che la riguardano. La dea reagiva al dolore per i tradimenti del coniuge con l'azione, ma anziché riversare il suo biasimo su di lui si accaniva contro le  rivali, i rampolli illegittimi di Zeus, i testimoni dei fatti, senza dare  rilevanza alcuna alla circostanza che le sue rivali fossero il più delle volte esse stesse vittime di Zeus, che le aveva sedotte con l’inganno e/o possedute con la forza.
Era ebbe diversi figli.
Quando Zeus generò Atena da solo (dimostrandole che poteva fare a meno di lei anche per procreare), Era decise di fare altrettanto e generò da sola Efesto, dio del fuoco, che tuttavia nacque imperfetto, a differenza della perfetta Atena, e fu quindi da lei rifiutato e scaraventato giù dall'Olimpo.
Nei rituali, la devozione per Era si celebrava in tre diversi periodi dell'anno, in ognuno dei quali veniva attribuito alla dea un diverso appellativo, in relazione a un diverso stadio della sua vita:
- in primavera, si celebrava Era Parthenos, cioè Era la Fanciulla o Era la Vergine (e nei rituali si immergeva l'immagine della dea in un bagno che le restituiva simbolicamente giovinezza e verginità);
- in estate e in autunno,  si celebrava Era Teleia, cioè Era la Perfetta o Era la Realizzata (dove la perfezione di Era si realizzava in un matrimonio rituale);
- in inverno, si celebrava Era Chera, vale a dire Era la Vedova (e la cerimonia metteva in atto un litigio con Zeus e la separazione da lui).
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COME SI PRESENTA ERA NELLE DONNE D'OGGI
In una donna d'oggi l'archetipo di Era si manifesta come desiderio più o meno forte di essere moglie.
Quando questo modello è dominante, la donna percepisce l'essere moglie come motivo centrale della propria esistenza.
La presenza di Era in una donna si riconosce facilmente:
  • è la bambina di quattro o cinque anni, che gioca volentieri a marito e moglie (cioè gioca a mandare "il marito" in ufficio, così lei resta a casa a spazzare e a preparargli il pranzetto); 
  • è l'adolescente col ragazzo fisso e l'anello al dito, che sogna a occhi aperti il giorno del matrimonio e si prova e riprova il cognome di lui, scrivendolo su libri e quaderni;
  • è la giovane che considera l'università un luogo adatto per trovarsi un compagno, più che la culla delle proprie ambizioni professionali, e considera la cultura un attributo che si confà a una buona moglie, più che un valore in sé e per sé;
  • è la sposa raggiante che si sente una dea, mentre attraversa la navata nel  giorno più importante della sua vita, e che vive l'unione con lo sposo anche a livello mistico, come vincolo sacro e attuazione di un desiderio di completezza;
  • è la donna che lavora e che, nonostante i successi professionali, si percepisce come  una fallita, perché non si è sposata;
  • è la moglie che dice al marito: "Dovunque tu andrai, io ti seguirò" e poi lo segue davvero,  rinunciando alla propria carriera per quella di lui  (la vera carriera di lei è il matrimonio);
  • è anche la moglie che, quando scopre di essere stata tradita, riversa tutta la collera sulla rivale (...quella donnaccia!) spostandola dal marito da cui dipende emotivamente;
  • è la madre che, nei litigi tra padre e figli, prende le parti del padre (perché lui viene al primo posto, anche prima dei figli);
  • è anche l'ex moglie che continua a sentirsi moglie dell'ex marito, anche dopo il divorzio, perché non riesce ad accettarne la perdita;
  • ed è infine la vedova inconsolabile che, alla morte del coniuge, dice:"La mia vita è finita" e lo pensa davvero. 
Stando così le cose, è evidente che la felicità o l'infelicità di una donna dominata da Era dipende in buona parte dal trovare o meno un buon marito (cioè un marito devoto, che dia valore al legame ed apprezzi lei come moglie).
Se non troverà marito, ne soffrirà moltissimo e addirittura si vergognerà del suo status di "zitella".
Se troverà un cattivo marito (che la trascura, la inganna e la tradisce, come faceva Zeus), ne soffrirà moltissimo ma probabilmente se lo terrà, come fece Era, perché tendenzialmente non è propensa a separarsi.
La mitologia della dea offre vari spunti che lasciano riflettere, per la loro valenza simbolica: dal tipo d'uomo che spesso attrae la donna Era, ai rischi che corre una donna del genere se è troppo aderente all'archetipo e non lascia spazio anche ad altre dee, fino al ventaglio di soluzioni che si apre davanti a lei quando (e se) il modello va in crisi ed occorre attingere agli stati di risorsa.


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