domenica 29 dicembre 2013

Brave ragazze sfortunate in amore. Lezione di sopravvivenza n.2. Se il tuo lui è sposato

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Nel post "Brave ragazze sfortunate in amore. Lezione di sopravvivenza n.1...",  abbiamo considerato alcune caratteristiche che possono rendere una donna un "soggetto particolarmente a rischio" in materia di pene d'amore. Questo avviene per esempio:
  • se è molto "bisognosa" di amore, di attenzioni, di telefonate, di compagnia, di presenza, di cure e anche di una relazione affettiva che idealmente dovrebbe soddisfare buona parte di questi bisogni; 
  • se ha la tendenza a confondere il desiderio sessuale con l'amore;
  • se ha la tendenza a fare di un uomo il centro del suo universo, facendo ruotare intorno a lui l'organizzazione della propria vita, i propri progetti e i propri sogni;
  • se, velatamente o smaccatamente, è ancora alla ricerca del principe azzurro, perché il sogno più grande della sua vita è e resta quello, costi quel che costi.
Quando l'oggetto d'amore è poi addirittura un uomo sposato... addio! Per una donna con certe   caratteristiche le probabilità di soffrire diventano talmente alte, da costituire quasi una certezza. Come lo è anche la probabilità di uscirne a pezzi, quando la storia finisce, visto che un'altra quasi certezza è che queste storie il più delle volte, presto o tardi,  finiscono e in genere fanno tanto più male, quanto più a lungo sono durate.
La miglior cosa che possa fare una donna di questo tipo, quando viene sfiorata dalla tentazione di viversi una storia con un uomo sposato, è di darsela a gambe finché è in tempo. Cioè praticamente subito! Di corsa. E senza mai voltarsi indietro.
Pensieri come: "La vita è già così pesante. Perché negarsi un'occasione di gioia? Pazienza se lui è sposato: è un problema suo, mica mio! Per ora prendiamoci il buono, poi si vedrà" è meglio ricacciarli  indietro subito. Infatti per poterseli permettere (e quindi permettersi di attuarli) bisogna prima saper padroneggiare bene -  ma proprio bene bene - la prima regola di sopravvivenza.
L'unico modo infatti per viversi una storia con un uomo sposato, senza uscirne massacrate,  è:
  •  riuscire a conservare sempre (o il più possibile) la padronanza delle proprie emozioni;
  •  avere sangue sufficientemente freddo e mente sufficientemente lucida da non abbassare mai la guardia rispetto al livello del proprio coinvolgimento nella relazione;
  • tenersi stretta la propria vita di sempre, i propri interessi, il proprio lavoro, i propri amici, i propri possibili altri partner, e  continuare a investire su un proprio autonomo progetto di vita,  indipendentemente da lui:
  • viversi la storia per quello che è: sesso, scambio erotico, somma di momenti piacevoli,  area di gioco tra adulti, e non scivolare mai nell'illusione che sia un amore costruttivo, basato su  una  progettualità di coppia e sull'attenzione paritaria e reciproca ai bisogni di entrambi (perché i bisogni dell'amante saranno sempre all'ultimo posto rispetto a una lunga lista di bisogni di lui...);
  •  non lasciarsi  trasportare da fantasie romantiche di nessun tipo e meno che mai cullarsi nell'illusione che prima o poi lui lascerà la moglie per scegliere l'amante (questa infatti è un'ipotesi  estremamente remota: la maggior parte degli uomini sposati non lascia la famiglia per l'amante - salvo che non siano le mogli a sbatterli fuori di casa! - e spesso proprio avere un'amante consente a un uomo di  sopportare meglio anche una vita matrimoniale insoddisfacente, senza doverla smontare e affrontare le mille conseguenti "scomodità").
Insomma, detta in parole povere, l'importante è non illudersi che una relazione con un uomo sposato possa essere ciò che non è e che probabilmente non sarà mai.
L'importante è essere consapevoli in ogni momento che un'amante è cosa molto diversa da una fidanzata, e che, nello scenario della vita di lui, il ruolo di protagonista appartiene e apparterrà sempre alla moglie (per quante corna lui le faccia), mentre il ruolo dell'amante è e resterà sempre quello di una semplice comparsa (e spesso anche di una comparsa tra le tante).
Per cui alla fine la cosa più importante di tutte, per non lasciarci le penne con un uomo sposato, se proprio proprio si è deciso di averci una storia, è: NON INNAMORARSENE ASSOLUTAMENTE!
Ma le brave ragazze sfortunate in amore è come se da quest'orecchio non ci sentissero tanto bene.
A loro discolpa, c'è anche da dire che il nostro cervello (e figurarsi il nostro cuore!) non va tanto  d'accordo con gli imperativi negativi. Per cui, per ottenere che una cosa non venga fatta, è preferibile  formulare il comando in positivo: dire cosa fare anziché cosa non fare (dire "Scappa!" piuttosto che  "Non innamorarti!").
Per cui, care ragazze sfortunate in amore, il mio consiglio di base per ogni volta che resterete  abbagliate dal luccichio nello sguardo di un uomo al cui anulare sinistro luccica pure una bella fede nuziale, è sempre: "Scappate via, prima di innamorarvi!".
Però, se non vi sentite brave ragazze sfortunate in amore, bensì donne intraprendenti e organizzate, che vogliono viversi tutte le esperienze che la vita ha da offrire loro, allora regolatevi liberamente secondo le vostre forze e i vostri principi, perché sicuramente siete voi le vere esperte della vostra vita e nessuno ha il diritto di intromettersi.
Tuttavia un consiglietto piccolo piccolo mi permetto di  darlo anche a voi (visto che anche le donne dall'apparenza più forte possono rivelarsi inaspettatamente molto vulnerabili nelle faccende di cuore!). Il consiglio è questo: mettete una data di scadenza alla relazione sin dal primo bacio. Come sui formaggini. E rispettatela. Rispettatela anche se vi costa fatica. E non sottovalutate la possibilità che proprio questa fatica significhi qualcosa (se aveste voglia di mangiare dei formaggini scaduti e potenzialmente tossici, vi porreste o no la questione di una dipendenza dai formaggini?).
Monica Morganti e Sara Eba Di Vaio, nel loro interessante libricino "Se il tuo lui è sposato - Istruzioni per l'uso" (che fa un quadro molto lucido di queste situazioni, con un tono piacevole e informale adatto un po' a tutte), dicono a riguardo:
"Se dai una data di scadenza alla non-relazione ["non relazione" è il nome con cui le autrici chiamano la storia che si può avere con un uomo sposato] è più facile per te non costruirci sopra il film del 'per sempre': vanno benissimo 5-6 settimane per cominciare, eventualmente rinnovabili non più di due volte. La scadenza ti ricorda di stare nella presenza, goderti l'attimo, non creare attaccamento".
E altrove dicono anche: "Ciò ti permette di vivere una non relazione con un uomo sposato, sopravvivendone quando finirà.
Del resto se stare con uno sposato 8 settimane può essere entusiasmante, starci 4 anni è davvero un massacro; inoltre i momenti più esaltanti con LUI sono sempre le prime settimane, quindi non cercare di farla durare eternamente... goditi i primi incontri!
Non diventare l'amante per 10 anni!
Se, mentre stai leggendo questo libro, sei l'amante già da 3 anni, comincia a pensare seriamente di mollare perché non ha alcun senso e può solo peggiorare. LUI cercherà prima o poi un'altra amante: l'amante è trasgressione e non può essere 'cuccia', per quello c'è già la moglie."

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A seguire,  per concludere, una citazione e una canzone.
La citazione è una domanda. 
La canzone è dedicata a coloro che, nonostante tutto, a una tale domanda avranno risposto... sì
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«Se potessi essere felice, veramente felice per un breve periodo, ma se sapessi in anticipo che la felicità si tramuterà in tristezza e alla fine causerà sofferenza, l'accetteresti comunque?»
(Gregory David RobertsShantaram)
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martedì 24 dicembre 2013

Buon Natale! E anche un'ispirazione per stanotte: il vassoio della Natività

Buon Natale a voi tutti, cari amici di Ciò che si muove non congela!
Troverete una cartolina animata con i miei auguri musicati e danzati cliccando qui.
Ma il mio più sentito augurio di Natale per voi e anche per me è che stanotte, dietro gli addobbi, le luci, i canti, i pacchetti e il caos conviviale, ci sia per ciascuno di noi un momento di pace e di quieta riflessione, in cui ricordare che le cose, per quanto belle, sono soltanto cose; e che noi siamo stati creati non soltanto per fare ma anche, ogni tanto,  semplicemente  essere.
Come ha detto efficacemente un anonimo autore, "se, come Erode, riempiamo la nostra vita, e poi la riempiamo d'altre cose ancora; se ci consideriamo tanto insignificanti da dover riempire d'azione ogni momento della nostra vita, quando avremo il tempo di fare quel lungo, lento viaggio attraverso il deserto, come i Re Magi? O di sedere a guardare le stelle come fecero i pastori? O di riflettere sulla venuta del bambino come fece Maria? Per ciascuno di noi c'è un deserto da attraversare. Una stella da scoprire. E una creatura in noi alla quale dare luce".
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A seguire, alcune righe di una simpatica signora americana che ci racconta un suo rituale un po' speciale per la notte di Natale.
Chissà che non ispiri anche qualcuno di noi, stanotte...
Chissà che non ci avvicini a una saggia rivisitazione dell'idea un po' appannata di Babbo Natale, al senso cioè del dono offerto senza preferenze - e appunto, al buio - a destinatari sconosciuti, a prescindere da quanto siano stati buoni o cattivi, o di quanto siano belli o brutti, o anche di quanto ci siano simpatici o antipatici...
In fondo è così che sarebbe programmata a fare anche la natura, se lasciata libera da leggi umane che la piegano alle ragioni del possesso esclusivo e quindi dell'esclusione.
Anche la natura è portata a fare doni a destinatari sconosciuti, ogni volta che produce un frutto sopra un albero "abbandonato", oppure un fiore spontaneo sul bordo di un marciapiede, o acqua sorgiva che sgorga da una fonte spontanea, o un canto d'uccelli liberi nell'aria leggera e luce di stelle di tutti nel cielo di tutti.
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Il vassoio della Natività
di Sarah Ban Breathnach
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"La leggenda vuole che, la notte della Natività, chiunque si avventuri fuori nella neve per portare un osso prelibato a un cane sperduto e gemente, una manciata di fieno a un cavallo tremante, un caldo mantello a un viaggiatore solitario, una ghirlanda di bacche lucenti per chi ha portato le catene, un piatto di briciole per tutti gli uccelli intirizziti che credevano morto il loro canto e caramelle per i bambini che spiano da solitarie finestre, chiunque prepari questo vassoio di Semplice Abbondanza «sarà ricambiato con doni degni di uno stupore che compete con i colori del pavone e le armonie del cielo».
Così, zitta zitta, tiro giù da sopra l'armadietto un enorme vassoio di salice, lo fodero di stoffa e ci metto sopra un osso succulento delle costolette arrosto della cena; una ciotola di cibo per gatti; del fieno dalla balla che ho usato per le decorazioni autunnali; un caldo cappotto diventato troppo piccolo o di cui qualcuno si è stancato; dei mirtilli; un piatto di briciole di pane fresco e semi di girasole; un piatto di caramelle.
Esco quatta quatta e lo poso sul muro di pietra davanti a casa.
A volte c'è la neve, altre no, ma fa sempre freddo.
Guardo in su in cerca di una stella luminosa; è la stella cometa? Ai miei occhi sì.
Sto gelando. E' impossibile in questa notte santa non pensare ai senza tetto, mentre sistemo il vassoio nella neve o per terra. Duemila anni fa un'altra famiglia senza casa si affidò alla carità degli estranei. Non ne trovarono finché una donna come tante, stanca e travagliata, si fermò abbastanza a lungo per provare una stretta al cuore.
Anch'io ora provo una stretta al cuore, ma per il senso di colpa; il fatto che prima, questo pomeriggio, sia stato lasciato  un cesto con dei regali davanti a un ospizio attenua un po' il rimorso, ma provo delusione e tristezza per non aver fatto e non fare di più.
Prometto che l'anno prossimo lo farò. A volte le promesse a fin di bene le mantengo, altre volte la vita reale mi distrae dalla Vita Reale. Non faccio abbastanza, e lo sappiamo tanto io quanto lo Spirito.
Ho cominciato a preparare il vassoio della Natività perché la leggenda sembrava circondata da un misticismo quasi impercettibile.
Mi interessava anche la promessa di doni strabilianti che competono con le armonie del cielo.
Ogni anno, quando la mattina di Natale vado a riprendere il vassoio, molte offerte sono sparite. Una volta perfino il cappotto.
Per quanto ne so, sono il Babbo Natale degli scoiattoli. Ma sono felice di fermarmi a domandarmi chi mai avrà visto realizzarsi i suoi sogni, questo Natale.
E i doni strabilianti che competono col cielo?
Sono ovunque io posi lo sguardo.
Ma il dono migliore è che posso vederli veramente."
(Sarah Ban Breathnach)


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giovedì 12 dicembre 2013

Promozione natalizia riservata ai fan del blog: primo colloquio psicologico gratuito dal 13.12.2013 al 10.01.2014


Buon Natale, amici di "Ciò che si muove non congela"! Questo è il mio regalo per voi.
E ricordatevi che un primo incontro gratuito con una psicologa non è necessariamente il primo passo di un lungo percorso a pagamento; può essere anche semplicemente un primo passo simbolico verso sé stessi, il segno che sancisce un buon proposito per il nuovo anno: prendersi cura di sé.
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lunedì 9 dicembre 2013

She let go

She let go (Lasciò andare) è  una poesia di cui non è chiara la paternità.
Alcuni la attribuiscono ad Ernest Holmes, altri a Jennifer Eckert Bernau, altri al Rev.Safire Rose.
Di chiunque sia, mi sembra molto bella e con una sua delicata tonalità spirituale che la rende un po' speciale. Eccola allora, a seguire, nella traduzione italiana e poi nella versione  inglese.
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Lasciò andare.
Senza un pensiero o una parola, lei lasciò andare.
Lasciò andare la paura.
Lasciò andare i giudizi.
Lasciò andare la confusione di opinioni che sciamano intorno alla testa.
Lasciò andare l'indecisione in lei.
Lasciò andare tutte le ragioni "giuste".
Totalmente e completamente,
senza esitazione o preoccupazione, ha appena lasciato andare.
Lei non ha chiesto nessun consiglio.
Lei non ha letto un libro su come lasciare andare ...
Lei non ha pregato le Scritture.
Ha appena lasciato andare.

Lasciò andare tutti i ricordi che la legavano.
Lasciò andare tutta l'ansia che le impediva di andare avanti.
Lasciò andare la progettazione e tutti i calcoli sul giusto.
Non ha promesso di lasciar andare.
Lei non ha scritto la data.
Non ha fatto alcun annuncio pubblico e messo nessun annuncio sul giornale.
Lei non ha controllato le previsioni del tempo o letto il suo oroscopo quotidiano.
Ha appena lasciato andare.

Lei non ha analizzato se lei avrebbe dovuto lasciar andare.
Non ha chiamato i suoi amici per discutere la questione.
Lei non ha fatto un trattamento spirituale.
Lei non proferì una parola. Ha appena lasciato andare.
Nessuno era in giro quando è successo.
Non c'era nessun applauso o un coro di congratulazioni.
Nessuno è stato ringraziato.
Nessuno si è accorto di nulla.
Come una foglia che cade da un albero, lei ha appena lasciato andare.

Senza nessuno sforzo.
Senza nessuna lotta.
Né bene né male.
Era quello che era, ed è proprio questo.
Nello spazio di lasciarsi andare, lei lascia che tutto sia.

Un piccolo sorriso appare sul suo viso.
Una leggera brezza soffia attraverso di lei.
E il sole e la luna splendono sempre.




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She Let Go
She let go. Without a thought or a word, she let go.
She let go of fear. She let go of the judgments. 
She let go of the confluence of opinions swarming around her head.
She let go of the committee of indecision within her.
She let go of all the ‘right’ reasons. Wholly and completely, 
without hesitation or worry, she just let go.
She didn’t ask anyone for advice. She didn’t read a 
book on how to let go… She didn’t search the scriptures.
She just let go.
She let go of all of the memories that held her back. 
She let go of all of the anxiety that kept her from moving forward. 
She let go of the planning and all of the calculations about how to do it just right.
She didn’t promise to let go. 
She didn’t journal about it. 
She didn’t write the projected date in her day-timer.
She made no public announcement and put no ad in the paper. 
She didn’t check the weather report or read her daily horoscope. 
She just let go.
She didn’t analyse whether she should let go. 
She didn’t call her friends to discuss the matter. 
She didn’t do a five-step Spiritual Mind Treatment. 
She didn’t call the prayer line. 
She didn’t utter one word. She just let go.
No one was around when it happened. 
There was no applause or congratulations. 
No one thanked her or praised her. 
No one noticed a thing. 
Like a leaf falling from a tree, she just let go.
There was no effort. There was no struggle. 
It wasn’t good and it wasn’t bad. 
It was what it was, and it is just that.
In the space of letting go, she let it all be. 
A small smile came over her face. 
A light breeze blew through her.
And the sun and the moon shone forevermore.
***

(The author of this poem is unclear. A few sites list Ernest Holmes as the author, another Jennifer Eckert Bernau and still another Rev.Safire Rose)

sabato 7 dicembre 2013

Il dolore secondo Gibran


E una donna disse:“Parlaci del dolore”.
E lui disse:
Il dolore è lo spezzarsi del guscio
che racchiude la vostra conoscenza.
Come il nocciolo del frutto deve spezzarsi
affinché il suo cuore possa esporsi al sole,
così voi dovete conoscere il dolore.
E se riusciste a custodire in cuore la meraviglia
per i prodigi quotidiani della vita,
il dolore non vi meraviglierebbe meno della gioia;
accogliereste le stagioni del vostro cuore
come avreste sempre accolto le stagioni
che passano sui campi.
E vegliereste sereni durante gli inverni del vostro dolore.
Gran parte del vostro dolore è scelto da voi stessi.
È la pozione amara con la quale il medico che è in voi
guarisce il vostro male.
Quindi confidate in lui e bevete il suo
rimedio in serenità e in silenzio.
Poiché la sua mano, benché pesante e rude,
è retta dalla tenera mano dell'Invisibile,
e la coppa che vi porge,
nonostante bruci le vostre labbra,
è stata fatta con la creta che il Vasaio
ha bagnato di lacrime sacre.

(da Il Profeta, di Gibran Kahlil Gibran)

giovedì 5 dicembre 2013

Invictus


Invictus 
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.

Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.

Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
(poesia di William Ernest Henley , usata da Nelson Mandela per alleviare gli anni della sua prigionia durante l'apartheid)
***
Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.