Dr.Maria Michela Altiero
psicologa
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Atalanta era una donna che eccelleva nella gara e nella corsa.
Una profezia diceva che quando si fosse sposata si sarebbe trasformata in un animale.
Un po' per questo e un po' per la sua devozione ad Artemide, dea vergine e cacciatrice, Atalanta non aveva mai messo il matrimonio tra i suoi progetti per il futuro.
Abbandonata alla nascita in cima a una montagna (perché nata femmina, contrariamente al desiderio paterno di un figlio maschio), era stata trovata e nutrita da un'orsa ed era poi diventata un'abile cacciatrice.
Ebbe per amante e compagno Meleagro, un cacciatore come lei, ed entrambi erano diventati famosi per le loro imprese (non ultimo il ruolo di rilievo che ebbero nella cattura del cinghiale calidonio).
Quando Meleagro morì, Atalanta fece ritorno alla casa paterna ed il padre - resosi conto finalmente del valore della figlia - l'accolse volentieri presso di sé. Nell'assumere le funzioni paterne, però, cercò in tutti i modi di convincere la figlia a sposarsi.
Atalanta per un po' tergiversò ma poi, messa alle strette, cedette alle pressioni paterne, dettando però le sue condizioni. Avrebbe sposato, disse, soltanto l'uomo capace di batterla nella corsa, ma al tempo stesso avrebbe anche ucciso qualunque uomo l'avesse sfidata senza riuscire poi a batterla.
Poiché era velocissima, tutti i suoi pretendenti che la sfidavano nella corsa, pur ottenendo sempre un leggero vantaggio iniziale, venivano puntualmente da lei raggiunti e uccisi.
Poiché era velocissima, tutti i suoi pretendenti che la sfidavano nella corsa, pur ottenendo sempre un leggero vantaggio iniziale, venivano puntualmente da lei raggiunti e uccisi.
Quando il giovane Ippomene - innamoratissimo di lei - decise che avrebbe tentato anche lui la prova, Afrodite, dea dell'amore, venne in suo aiuto. La dea diede ad Ippomene tre mele d’oro, si dice provenienti dal Giardino delle Esperidi, e gli suggerì una strategia: ogni volta che Atalanta fosse stata sul punto di raggiungerlo, lui avrebbe dovuto lasciar cadere una mela d’oro.
Fu così che per ben tre volte Atalanta, durante la gara con Ippomene, interruppe la sua corsa per chinarsi a raccogliere una mela d'oro, e così facendo perse:
- prima di tutto il suo ritmo,
- poi la sua gara per il successo,
- e alla fine anche lo stato nubile.
Atalanta e Ippomene si sposarono e conobbero insieme le gioie dell'amore coniugale.
Vissero per sempre felici e contenti?
Difficile dirlo. E' una questione di interpretazioni e punti di vista.
Le cose infatti andarono così.
Difficile dirlo. E' una questione di interpretazioni e punti di vista.
Le cose infatti andarono così.
Un giorno Atalanta e Ippomene, durante una battuta di caccia, entrarono in un certo santuario e non seppero resistere alla tentazione di amarsi proprio in quel luogo.
La divinità a cui era dedicato il santuario se ne sentì offesa e allora punì entrambi, trasformandoli in leoni.
La divinità a cui era dedicato il santuario se ne sentì offesa e allora punì entrambi, trasformandoli in leoni.
***
Il mito di Atalanta è dunque la storia di una donna che nella prima parte della sua vita è molto fedele al modello della dea Artemide. Poi accade qualcosa e la sua storia cambia piega.
Artemide, per i romani Diana, era la dea della caccia e della luna e, in quanto tale, personificazione dello spirito femminile indipendente.
Essa rappresenta un archetipo di dea vergine (una dea cioè completa in sé stessa, la cui identità e il cui valore non dipendono dall'essere moglie, madre o figlia di qualcuno, ma da ciò che essa stessa è e fa).
Artemide in particolare, in quanto dea della caccia, era un'abile arciera, che poteva scegliere e inseguire tutte le prede che voleva, e mirare con sicurezza a qualunque bersaglio avesse voluto, sicura di colpirlo.
Le donne in cui è attivo il modello di questa dea (le donne come Atalanta), hanno a loro volta la capacità di scegliere e perseguire con determinazione le proprie mete, di concentrarsi intensamente su ciò che a loro interessa, di puntare ad obiettivi e riuscire a raggiungerli (il che equivale a centrare bersagli, come faceva Artemide con le sue frecce).
Si tratta di donne che non temono la competizione, nemmeno con gli uomini, e se mai la considerano anche uno stimolo eccitante come per la caccia.
Le richieste e i bisogni delle altre persone non le distolgono da ciò che per loro è importante, non le rallentano e non interferiscono con le loro attività.
Insomma non sono donne che ci si immagina a raccogliere mele durante una corsa, perché questo genere di cose porta a perdere le gare, e loro lo sanno!
Anche da Atalanta non ci si sarebbe mai aspettati un comportamento del genere, perché anche lei era una donna forgiata sul modello di Artemide e sapeva molto bene quali interferenze evitare per realizzare i suoi progetti. C'era addirittura una profezia che l'ammoniva contro i rischi del matrimonio, e che rendeva più prudente per lei legarsi, se mai, a un Meleagro (amante/socio/compagno in avventure), piuttosto che sposarsi e diventare una moglie tradizionale.
Cosa ci fu allora di tanto irresistibile per Atalanta nelle tre mele d'oro lanciate da Ippomene, da indurla a mandare all'aria tutti i suoi piani e farle accettare l'idea del matrimonio con tutti gli intralci che avrebbe portato alla sua carriera?
Tra tutte le possibili interpretazioni, quella di Jean Shinoda Bolen mi sembra particolarmente interessante, ed è la seguente.
Raccogliendo la prima mela, Atalanta si rende conto del tempo che passa.
Il mito di Atalanta è dunque la storia di una donna che nella prima parte della sua vita è molto fedele al modello della dea Artemide. Poi accade qualcosa e la sua storia cambia piega.
Artemide, per i romani Diana, era la dea della caccia e della luna e, in quanto tale, personificazione dello spirito femminile indipendente.
Essa rappresenta un archetipo di dea vergine (una dea cioè completa in sé stessa, la cui identità e il cui valore non dipendono dall'essere moglie, madre o figlia di qualcuno, ma da ciò che essa stessa è e fa).
Artemide in particolare, in quanto dea della caccia, era un'abile arciera, che poteva scegliere e inseguire tutte le prede che voleva, e mirare con sicurezza a qualunque bersaglio avesse voluto, sicura di colpirlo.
Le donne in cui è attivo il modello di questa dea (le donne come Atalanta), hanno a loro volta la capacità di scegliere e perseguire con determinazione le proprie mete, di concentrarsi intensamente su ciò che a loro interessa, di puntare ad obiettivi e riuscire a raggiungerli (il che equivale a centrare bersagli, come faceva Artemide con le sue frecce).
Si tratta di donne che non temono la competizione, nemmeno con gli uomini, e se mai la considerano anche uno stimolo eccitante come per la caccia.
Le richieste e i bisogni delle altre persone non le distolgono da ciò che per loro è importante, non le rallentano e non interferiscono con le loro attività.
Insomma non sono donne che ci si immagina a raccogliere mele durante una corsa, perché questo genere di cose porta a perdere le gare, e loro lo sanno!
Anche da Atalanta non ci si sarebbe mai aspettati un comportamento del genere, perché anche lei era una donna forgiata sul modello di Artemide e sapeva molto bene quali interferenze evitare per realizzare i suoi progetti. C'era addirittura una profezia che l'ammoniva contro i rischi del matrimonio, e che rendeva più prudente per lei legarsi, se mai, a un Meleagro (amante/socio/compagno in avventure), piuttosto che sposarsi e diventare una moglie tradizionale.
Cosa ci fu allora di tanto irresistibile per Atalanta nelle tre mele d'oro lanciate da Ippomene, da indurla a mandare all'aria tutti i suoi piani e farle accettare l'idea del matrimonio con tutti gli intralci che avrebbe portato alla sua carriera?
Tra tutte le possibili interpretazioni, quella di Jean Shinoda Bolen mi sembra particolarmente interessante, ed è la seguente.
Raccogliendo la prima mela, Atalanta si rende conto del tempo che passa.
La superficie aurea del frutto, infatti, le rimanda distorta l'immagine riflessa del suo volto, e lei
allora pensa: "Sarò così da vecchia".
Questo è ciò che può accadere a quelle donne dal temperamento attivo che, tutte prese da ciò che fanno, perdono la nozione del tempo che passa e, giunte a una certa età, si rendono conto improvvisamente di non essere le depositarie dell'eterna giovinezza e cominciano a riflettere sul corso della propria vita e su dove le stia portando.
Le viene infatti alla mente il ricordo del suo antico amante Meleagro, che suscita in lei un desiderio di intimità fisica ed emotiva. Questo desiderio, combinato con la consapevolezza del tempo che passa, distrae la donna dalla concentrazione sulle sue mete, rendendola più ricettiva all'amore e all'intimità, e quindi meno simile ad Artemide e più vicina ad Afrodite.
E questa è la donna sempre impegnata a realizzare i suoi scopi, che verso la trentina viene colta da un desiderio prepotente di avere un figlio (quasi che anche Demetra, dea archetipica della maternità, si fosse coalizzata con Afrodite mettendo a tacere nella donna i suoi aspetti Artemide). La terza mela d'oro, peraltro, può simboleggiare anche una creatività di tipo non biologico, risvegliata in un'epoca della vita in cui la tensione verso i vecchi obiettivi lascia il posto a qualche forma di espressione personale.
Le mele d'oro insomma simboleggiano le spinte che conducono molte donne come Atalanta a rivedere a un certo punto del loro cammino le loro priorità, a riflettere su cosa sia davvero importante per loro nella vita, e a dare spazio alla propria interiorità e al loro bisogno d'intimità, anche a scapito dei risultati esteriori e delle conquiste dell'indipendenza.
Che da tutto ciò una donna possa uscire profondamente trasformata non deve allora stupire.
Anche Atalanta alla fine si ritrovò trasformata.
Certo fu trasformata in un animale e non in una specie di dea, e questa può sembrare agli occhi di molti una brutta fine (tant'è che si trattò di una punizione e non di un premio).
Forse la stessa idea di poter diventare una bestia dopo sposata, come diceva la profezia, corrisponde al timore di una donna di potersi abbrutire dopo il matrimonio (magari diventando grassa, stupida e incompetente come tante che conosce).
Ma se il timore rappresentato è davvero questo, non mi sembra proprio che trovi una conferma nella metamorfosi di Atalanta in leone.
Avrei capito una gallina (che significherebbe: ora faccio la chioccia e sono diventata come una stupida gallina);
e avrei capito pure una mucca
(il mio destino è ormai solo nutrire gli altri, che sia dare il latte al bambino o la bistecca al marito).
Ma un leone!
Il leone è un animale forte e regale. Ed è anche un cacciatore di alto livello, un predatore.
Allora ipotizzerei un'altra interpretazione.
Secondo me nel leone (e anche nella leonessa) si possono considerare intatte tutte le qualità di base della natura di Atalanta: forza, coraggio, valore, nobiltà, velocità, e anche l'anima cacciatrice dei grandi predatori.
La metamorfosi in animale sottolinea più che altro la diversità della donna dalla dea, e sembra fatta apposta per far svanire un'illusione di onnipotenza e ricordare prepotentemente ad Atalanta che lei non è una dea, come Artemide, ma è un mammifero, come i leoni.
Donne e leonesse, infatti, per quanto forti e magnifiche, non sono né invincibili, né invulnerabili, né immortali.
Sono state programmate dalla natura anche per innamorarsi, procreare e allattare, e questi istinti sono forti perché servono alla conservazione della specie anche se a volte scombussolano i piani individuali.
La buona notizia è magari che, come una gallina resta sempre una gallina sia che faccia la chioccia sia che si metta in pista, così una leonessa resta sempre una leonessa, anche se gioca con i cuccioli anziché andare a caccia.
Il valore è salvo, sono solo le circostanze ad essere diverse.
E allora la questione potrà essere decidere cosa farne, di questo grande valore; se, come e quando rimetterlo in pista, o se, come e per quanto tempo tenerlo più o meno lontano da corse e battute di caccia, custodendolo e coltivandolo nella riservatezza della propria tana, come tesoro personale e anche di famiglia.
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Le mele d'oro insomma simboleggiano le spinte che conducono molte donne come Atalanta a rivedere a un certo punto del loro cammino le loro priorità, a riflettere su cosa sia davvero importante per loro nella vita, e a dare spazio alla propria interiorità e al loro bisogno d'intimità, anche a scapito dei risultati esteriori e delle conquiste dell'indipendenza.
Che da tutto ciò una donna possa uscire profondamente trasformata non deve allora stupire.
Anche Atalanta alla fine si ritrovò trasformata.
Certo fu trasformata in un animale e non in una specie di dea, e questa può sembrare agli occhi di molti una brutta fine (tant'è che si trattò di una punizione e non di un premio).
Forse la stessa idea di poter diventare una bestia dopo sposata, come diceva la profezia, corrisponde al timore di una donna di potersi abbrutire dopo il matrimonio (magari diventando grassa, stupida e incompetente come tante che conosce).
Ma se il timore rappresentato è davvero questo, non mi sembra proprio che trovi una conferma nella metamorfosi di Atalanta in leone.
Avrei capito una gallina (che significherebbe: ora faccio la chioccia e sono diventata come una stupida gallina);
e avrei capito pure una mucca
(il mio destino è ormai solo nutrire gli altri, che sia dare il latte al bambino o la bistecca al marito).
Ma un leone!
Il leone è un animale forte e regale. Ed è anche un cacciatore di alto livello, un predatore.
Allora ipotizzerei un'altra interpretazione.
Secondo me nel leone (e anche nella leonessa) si possono considerare intatte tutte le qualità di base della natura di Atalanta: forza, coraggio, valore, nobiltà, velocità, e anche l'anima cacciatrice dei grandi predatori.
La metamorfosi in animale sottolinea più che altro la diversità della donna dalla dea, e sembra fatta apposta per far svanire un'illusione di onnipotenza e ricordare prepotentemente ad Atalanta che lei non è una dea, come Artemide, ma è un mammifero, come i leoni.
Donne e leonesse, infatti, per quanto forti e magnifiche, non sono né invincibili, né invulnerabili, né immortali.
Sono state programmate dalla natura anche per innamorarsi, procreare e allattare, e questi istinti sono forti perché servono alla conservazione della specie anche se a volte scombussolano i piani individuali.
La buona notizia è magari che, come una gallina resta sempre una gallina sia che faccia la chioccia sia che si metta in pista, così una leonessa resta sempre una leonessa, anche se gioca con i cuccioli anziché andare a caccia.
Il valore è salvo, sono solo le circostanze ad essere diverse.
E allora la questione potrà essere decidere cosa farne, di questo grande valore; se, come e quando rimetterlo in pista, o se, come e per quanto tempo tenerlo più o meno lontano da corse e battute di caccia, custodendolo e coltivandolo nella riservatezza della propria tana, come tesoro personale e anche di famiglia.
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