venerdì 14 febbraio 2020

Amore e rumori. Pratica con i suoni e ispirazioni di San Valentino


A diciott'anni andavo ad apprendere l'arte dell'incisione dei cammei da un maestro della mia città, che nel medesimo palazzo aveva il laboratorio al piano di sopra, dove lavorava assieme agli apprendisti, e l'abitazione al piano di sotto dove viveva con la sua famiglia.
All'epoca il maestro mi sembrava un uomo anziano, ma probabilmente non lo era così tanto. Aveva uno spirito ancora giovane, ci vedeva molto bene e con le mani abili e sapienti realizzava lavori fini e di pregio.
In certi giorni di sole capitava che interrompesse improvvisamente il lavoro, ordinando perentoriamente a tutti: "Fermi, zitti, silenzio!"
E così restavamo per un po' tutti immobili assieme a lui, senza fiatare, finché non arrivava il momento in  cui ci faceva cenno di riprendere a fare ciò che stavamo facendo, e tutto tornava  normale. La prima volta che c'ero stata anch'io in una di queste occasioni, il maestro mi disse con aria compiaciuta: "Hai sentito?", e senza aspettarsi una risposta aggiunse con un sorriso: "Mia moglie canta sempre quando stende il bucato. Sono tanti anni che la conosco e m'incanto ancora quando la sento cantare."
Questo episodio mi è tornato in mente varie volte successivamente  nella vita. Per esempio quando da madre mi capitava di sentire una delle mie figlie che cantava, in un'altra stanza della casa, e allora mi fermavo anch'io in silenzio per ascoltare quel canto attentamente e con amore.
Altre volte mi è capitato di sentire qualcuno, nel palazzo, che di sera faceva esercizi incerti sul pianoforte, e all'inizio andava spedito, poi a un certo punto s'inceppava, a volte ricominciava da capo, a volte riprendeva da quel punto lì. Questo per sere e sere consecutive. E anche lì mi fermavo ad ascoltare rapita: in effetti era sempre lo stesso pezzo, ma non era mai la solita musica: una volta  veniva in un modo, un'altra volta in un altro. Non c'era niente di scontato nel programma della serata. Io non sapevo nemmeno esattamente chi fosse a suonare, ma apprezzavo in quell'ascolto l'impegno, la tenacia, la dedizione di un essere umano nel rapporto con il suo pianoforte, che in fondo era una forma d'amore e così anch'io finivo con ascoltare amorevolmente.
Altre volte, quando vivevo lontana e di tanto in tanto tornavo nella mia terra, mi accorgevo di ascoltare con questa stessa qualità dell'attenzione le chiacchiere delle persone che intorno a me parlavano tra loro in dialetto. Era come musica e certo non la solita musica; ormai l'orecchio era talmente assuefatto ad altre sonorità, che quel dialetto che conoscevo dalla nascita ora mi stupiva, mi appassionava, a volte mi commuoveva. Amavo quella precisa parola pronunciata in quel preciso modo, che al tempo stesso non era mai esattamente uguale nella bocca di questo o di quello.
In effetti tutte queste esperienze hanno a che fare con qualcosa che sappiamo solo noi  mentre ascoltiamo.
La moglie del maestro che cantava stendendo il bucato, le mie figlie che cantavano nella loro stanza, la persona che faceva i suoi esercizi al pianoforte, i passanti che chiacchieravano tra loro in dialetto, tutti stavano semplicemente vivendo la loro vita, rumorosamente, fragorosamente, ma anche normalmente. Non erano spettacoli: erano i concerti della vita vera.
Ovunque e in ogni momento siamo immersi in un panorama di suoni. A volte li sentiamo, a volte non li sentiamo. A volte ci infastidiscono e ci fanno venir voglia di metterci i tappi nelle orecchie o di pretendere che cessino, a volte ci gratificano, ci aprono il cuore, e vorremmo che non finissero mai;  a volte ci risultano neutri e li collochiamo tra gli aspetti insignificanti del momento.
L'invito oggi è di  provare a fermarci di tanto in tanto, fisicamente, se possiamo, ma soprattutto mentalmente. Proviamo a mettere in pausa il frastuono della mente, il chiacchiericcio abituale dei pensieri, i discorsi interiori che ci tengono compagnia come una radio sempre accesa nella testa. E intenzionalmente portiamo l'attenzione sui suoni presenti al momento nell'ambiente intorno a noi.
Semplicemente concediamoci di aprirci con interesse e curiosità a questi suoni e apprezziamo il processo dell'udire come un'occasione per fare un'esperienza particolare, che può rivelarci qualcosa di inaspettato riguardo al mondo che ci circonda e a noi stessi. Non aspettiamoci niente, non forziamo niente, creiamo solo le condizioni per diventare ricettivi a ciò che spontaneamente emergerà, con fiducia, senza fretta, pazientemente.
Nei suoni di ogni singolo momento si possono scoprire occasioni di muto stupore, di quieta gratitudine, di semplice gioia.
La gioia di sentire la vita intorno a noi. E più che mai la vita delle persone che amiamo.
Per oggi che è San Valentino la nostra intenzione potrebbe essere proprio questa: festeggiare l'amore  aprendoci ad un ascolto attento, intenzionale e amorevole dei suoni di vita provenienti dalle persone che amiamo. Sentiamoli con interesse, con rispetto, con gratitudine: sono i segnali acustici della loro esistenza nelle nostre vite
Ascoltiamo i passi, ascoltiamo il respiro, ascoltiamo gli starnuti e la tosse, ascoltiamo le risate, ascoltiamo le imprecazioni, ascoltiamo i rumori che fanno in cucina - le stoviglie che urtano tra loro, lo sportello sbattuto - ascoltiamo quando russano, ascoltiamo quando cantano, ascoltiamo quando parlano, e beninteso... ascoltiamo attentamente quando ci parlano. 
E alla fine in mezzo a tanto rumore consentiamoci anche di gioire,  festeggiare ed essere grati.
"Meno male che fai tanto rumore, amore mio. Quanto mi fa bene sentire che ci sei!"
***
Un ascolto attento e intenzionale dei suoni del momento è uno dei tanti modi in cui possiamo allenare la nostra consapevolezza, riportando intenzionalmente la mente sul qui e ora (su questi suoni, proprio qui, proprio ora) anziché permetterle di "fare di testa sua", vagando incessantemente tra ricordi, preoccupazioni, giudizi, e ogni sorta di proliferazione mentale incontrollata. Possiamo prestare attenzione ai suoni in qualunque momento della nostra vita ordinaria, vivendo l'esperienza come una pratica di mindfulness informale (e in tal caso non c'è da fare niente di speciale, se non aprirsi all'ascolto o, come si dice, aprire bene le orecchie), oppure possiamo dedicare a quest'attività un tempo preciso, un momento riservato proprio ed esclusivamente a ciò e quindi farne una pratica di mindfulness formale. Per chi volesse sperimentare la pratica formale, potrà essere d'aiuto la nuova traccia audio che vi presento oggi, e che potete trovare qui sotto o direttamente sul canale YouTube 
La pratica sui suoni a volte viene consigliata come alternativa alla meditazione sul respiro per coloro che, soprattutto all'inizio, per qualche ragione vivono con difficoltà lo stare con il proprio respiro. Personalmente la considero estremamente utile anche in tutti i casi in cui ci sembra che le nostre pratiche meditative formali vengano disturbate dai suoni provenienti dall'ambiente intorno a noi. Quale migliore occasione per pacificarci con questo nostro mondo fragoroso, chiassoso, incapace di stare un po' in silenzio? Anziché chiuderci all'ascolto, ci apriremo ad esso. Anziché considerare i suoni del mondo interferenze indesiderate, ne faremo oggetto della nostra pratica. Non è detto che tutto ciò ci risulterà sempre piacevole, ma sicuramente sarà molto interessante (a condizione beninteso che un sincero, intenzionale e non giudicante interessamento ce lo mettiamo noi).