venerdì 1 maggio 2015

La consapevolezza e l'autostima. Un pensiero di Nathaniel Branden


"Se non portiamo un giusto livello di coscienza nelle nostre attività, se non viviamo con attenzione, il prezzo inevitabile è una diminuzione del senso di efficacia e del rispetto di noi stessi. Se viviamo nella nebbia mentale, come possiamo sentirci validi e competenti? La mente è il nostro principale strumento di sopravvivenza. Tradiscila e la tua autostima ne soffrirà. La forma di tradimento più semplice è non voler prendere atto delle cose che non vanno. Per esempio: 
«So di non dare il meglio di me sul lavoro, ma non ci voglio pensare.» [...]
«Lo so che i miei figli soffrono perché non mi vedono mai, mi rendo conto di causare dolore e risentimento, ma un giorno in qualche modo cambierò.»
«Perché dici che bevo troppo? Posso smettere quando voglio. »
«Lo so che il mio modo di mangiare finirà per ammazzarmi, però...»
«So di vivere oltre i miei mezzi, ma...»
«So di essere un bugiardo e di mentire su tutto quello che faccio, tuttavia... »
Ogni volta che scegliamo tra pensare e non pensare, tra considerare responsabilmente la realtà o evaderla, stabiliamo che tipo di persona vogliamo essere. Consciamente non ricordiamo quasi mai queste scelte, ma esse si sommano nel profondo della nostra psiche, e il risultato finale è quell'esperienza che chiamiamo «autostima». L'autostima è la reputazione che acquisiamo presso noi stessi.
Non abbiamo tutti la stessa intelligenza, ma il punto non è l'intelligenza. Vivere consapevolmente vuol dire cercare di essere consci di tutto quello che riguarda le nostre azioni, obiettivi e valori - al meglio delle nostre capacità, grandi o piccole che siano - e di comportarci in accordo con quello che vediamo e sappiamo. 
Questo punto merita di essere sottolineato. La coscienza che non si traduce in azioni appropriate è un tradimento della coscienza, è la mente che invalida se stessa. vivere consapevolmente è più che vedere e sapere: è agire su quanto si vede e sa. [...]
Vivere consapevolmente implica rispetto per i fatti della realtà. Questi fatti possono essere interni (bisogni, desideri, emozioni) ed esterni. [...]
Nel mio lavoro di psicoterapeuta, ho incontrato molte persone orgogliose della loro conoscenza dell'universo, dalla fisica alla filosofia politica, dall'estetica alle ultimissime novità su Saturno, agli insegnamenti del buddhismo zen. Eppure molti erano completamente ignari delle operazioni del loro universo privato interiore. Il naufragio della loro vita personale è un monumento alla grandezza della loro non-consapevolezza riguardo il loro mondo interiore. Rinnegano i loro bisogni, razionalizzano le emozioni, intellettualizzano (o  «spiritualizzano») i comportamenti, e nel frattempo passano da una relazione insoddisfacente all'altra, oppure rimangono per tutta la vita ancorati alla stessa senza fare nulla di pratico per migliorarla. Non vivo consapevolmente se uso la mia consapevolezza per tutto, tranne che per capire me stesso. [...]
Questa intenzione o preoccupazione salta fuori da semplici domande come:
So esattamente cosa provo in un certo momento particolare?
Riconosco gli impulsi da cui partono le mie azioni?
Mi accorgo se i miei sentimenti e le mie azioni sono coerenti o no?
So quali bisogni o desideri sto cercando di soddisfare?
So che cosa voglio veramente dall'incontro con una certa persona in particolare (senza fermarmi a quello che  «dovrei» volere?)
Ho dato un senso alla mia vita?
Il «programma» secondo cui vivo l'ho accettato acriticamente dagli altri, o è una mia libera scelta?
So quello che sto facendo quando mi piaccio e quello che sto facendo quando non mi piaccio?
Ecco le domande fondamentale per un autoesame intelligente."