martedì 8 gennaio 2013

Evergreen: Preghiera di una monaca inglese del 1700

C'è una preghiera, tradizionalmente attribuita ad  una monaca inglese del Settecento, che mi è sempre piaciuta sia perché venata da una leggera punta di ironia, sia perché suona come un buon ammonimento  contro il reale rischio di "invecchiare".
Ciò che ci rende davvero "vecchi" - sembra dire questa preghiera - non è tanto la nostra età, quanto una  generale "pesantezza" che comincia a caratterizzare il nostro sguardo sul mondo ed il nostro modo di rapportarci agli altri e a noi stessi. 
Attenzione, allora: è vero che con gli anni diventiamo carichi di sapere e di esperienza, ma questo non basta a renderci persone migliori; c'è ancora una lezione da imparare: fare un buon uso di questo carico, saperlo reggere, saperlo valorizzare e contenere, altrimenti rischiamo di farne un fardello che fa colare a picco la qualità delle nostre relazioni sociali e affettive. 

nella foto: chiostro dell' Abbazia di Lacock  (Wiltshire - Inghilterra)

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Preghiera di una monaca inglese del 1700

Signore, tu sai meglio di me che sto invecchiando

e che tra non molto sarò vecchia del tutto.
Guardami dalla fatale abitudine di credere
ch'io debba dire il mio parere su tutti gli argomenti, in qualsiasi circostanza.
Liberami dalla voglia di dare una sistemazione alle cose di tutti.
Fammi riflessiva, ma non musona,
pronta ad aiutare, senza impormi.
Sembra un vero peccato non usare la mia vasta saggezza,
 ma tu sai, Signore, che alla fin fine qualche amico voglio pure conservarmelo.
Tieni libera la mia mente dal disperdersi in infiniti particolari;
fammi arrivare subito al concreto.
Chiudi le mie labbra sui miei guai e pene:
stanno aumentando e la voglia di parlarne
diventa prepotente con il passare degli anni.
Non oso chiederti grazia così grande
come quella di non godere del racconto dei guai altrui,
ma aiutami a sopportare gli sforzi con pazienza.
E non oso chiederti di accrescermi la memoria,
ma ti chiedo maggiore umiltà e minore sicurezza quando la mia memoria sembra urtarsi con le memorie altrui.
Insegnami la sacrosanta lezione che qualche volta posso sbagliarmi anch'io.
Conservami ragionevolmente dolce:
non voglio essere una santa (è così difficile vivere insieme con alcune di loro!).
Però una persona vecchia e amara costituisce il coronamento dell'opera del diavolo.
Rendimi capace di scoprire il bene in luoghi inattesi e qualità in chi non te l'aspetti.
E concedimi, Signore, la grazia di riconoscerlo apertamente.
Amen
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Bene, questa è la versione integrale della preghiera.
Il contenuto mi sembra sempre valido, anche dopo più di tre secoli, sia che si voglia usarla per pregare sia che si voglia tenerla a mente come promemoria di buoni propositi.
Se risultasse un po' lunghetta, come preghiera per gente che corre, una formula abbreviata potrebbe essere: 
"Dio mio, mandami pure le rughe e i capelli bianchi, se è proprio necessario, ma - per carità -  preserva  la mia simpatia e la mia saggezza e  aiutami a farle crescere sempre più,  a mano a mano che procedo nella vita, per la gioia mia e di chiunque graviti nella mia orbita! Amen."
In una formula del genere il succo del discorso è intatto (anche se, certo, addio poesia!).
Come preghiera anche la formula breve è chiara per Dio, che sa benissimo di cosa stiamo parlando.
Rispettare la formula lunga è solo un modo di ricordare a noi stessi  cosa s' intende per simpatia, saggezza e attenzione verso chi si relaziona con noi (caso mai con l'età  cominciassimo a dimenticarlo e a diventare... insopportabili!).