domenica 12 maggio 2019

"Sono qui per te, ti voglio bene, ti accetto, ti capisco, vedo che stai soffrendo, voglio aiutarti". 2 Incontri di Mindfulness e Compassione e 1 Sondaggio

Dr.Maria Michela Altiero
psicologa
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La compassione può essere concettualizzata in vari modi.
Secondo la definizione del Dalai Lama, la compassione è una sensibilità alla sofferenza propria e altrui, unita a un profondo impegno nel cercare di alleviarla.
Per il buddismo Mahayana, la mindfulness crea le condizioni per una mente calma e la compassione quelle per una mente trasformata. Le due cose operano insieme come le ali di un uccello.
Per Paul Gilbert, docente di Psicologia Clinica all'Università di Derby (Inghilterra), che si occupa dello sviluppo della terapia focalizzata sulla compassione da oltre venti anni, "la compassione è in relazione a vari tratti di personalità, come il calore e l'amicalità e il suo svilupppo, a partire dall'infanzia, è fortemente connesso alle prime esperienze affettive e alla sicurezza del legame di attaccamento."
L'atteggiamento compassionevole (caldo, premuroso, interessato al benessere di chi sta soffrendo) può essere sperimentato in tre modi, e cioè:
- 1) come qualcosa che riceviamo dagli altri;
- 2) come qualcosa che noi rivolgiamo verso gli altri;
- 3) come qualcosa che noi rivolgiamo verso noi stessi.
Riguardo alla prima possibilità, qualche tempo fa abbiamo fatto un sondaggio tra i lettori chiedendo: "Quando state soffrendo, quali atteggiamenti e comportamenti altrui vi danno conforto? E quali non vi danno conforto?".
I risultati sono molto interessanti, perché è venuto fuori un elenco di atteggiamenti e comportamenti piuttosto comuni (che cioè chiunque potrebbe assumere automaticamente o con le migliori intenzioni) con un punteggio in termini di "desiderabilità" e "indesiderabilità" da parte di chi si trova a riceverli.
Di fatto, ciò che ci dà conforto nel momento della sofferenza, sono le reazioni che trasmettono, anche implicitamente, tutte uno stesso messaggio. Questo messaggio, che è il nucleo della compassione, può essere tradotto, usando le parole del medico e psicoterapeuta australiano Russ Harris, più o meno così: "Sono qui per te, ti voglio bene, ti accetto, ti capisco, vedo che stai soffrendo, voglio aiutarti".
Ci sarà pure un motivo se, quando stiamo male, a volte preferiamo non dirlo a certe persone, perché non sono capaci di starci vicine come noi sentiamo di avere bisogno, ci dicono magari anche parole "buone" che però non ci aiutano, non ci danno conforto, e anzi ci fanno sentire soli e non compresi.
E poi magari capita, viceversa, che ci sentiamo confortati da gesti e parole, anche molto semplici, che però arrivano diritti al cuore come un balsamo lenitivo.
Russ Harris, nel suo libro "Se il mondo ti crolla addosso", ci dona questo piccolo e commovente esempio, tratto dalla sua personale esperienza di padre di un bambino con diagnosi di autismo. "...Quando mio figlio ricevette la diagnosi", racconta il dottor Harris, "soffrii in maniera quasi intollerabile e una delle reazioni più meravigliose fu quella del mio migliore amico Jhonny. Ora, Jhonny è un tipo molto terra terra, così, quando alcuni giorni dopo ci incontrammo e gli raccontai quello che era successo, mi abbracciò forte e disse: " Ca***! Devi sentirti veramente di merda!". Sono parole molto poco poetiche, ma le disse con un tale affetto e una tale dolcezza che mi toccarono molto più nel profondo di quanto potrebbero mai fare le poesie più eloquenti."
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Per chi fosse interessato ai risultati del nostro sondaggio e a qualche riflessione in merito, ecco il link per essere indirizzati al relativo post:
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Per partecipare ai due incontri di Mindfulness e Compassione in programma per il 15 ed il 29 maggio, è ancora possibile prenotarsi fino ad esaurimento posti. Ricordo che i due incontri costituiscono parte di un unico discorso e non è possibile partecipare all'incontro del 29 maggio senza aver partecipato all'incontro del 15 maggio.
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