martedì 26 marzo 2013

Posizionare a vista (sotto gli occhi, sotto mano o addirittura sotto... i piedi) i segni tangibili del proprio successo


"Mi misi a cercare indizi, e trovai la prova  che le montagne erano state effettivamente scalate... 
Dopodiché cominciai a congratularmi a voce alta con me stessa per le cose che mi erano riuscite bene. 
Ora catturo i momenti di successo rendendoli concreti. Avere la prova concreta della riuscita mi ha aiutata molto..." (Sarah Ban Breathnach)
***

Una volta un avvocato mi raccontò che, ogni volta che la sua fede in se stesso vacillava, tirava fuori la propria tesi di laurea, la sfogliava ben bene e in questo modo si sentiva subito ritemprato.
Quando gli chiesi quale fosse l'argomento della sua tesi di laurea, venne fuori che era uno degli istituti più terribili e controversi del diritto italiano, una cosa che tutti tendono a dimenticare appena possono, quasi a voler  allontanare al più presto dalla coscienza il sospetto di essere un po' deficienti.
Dovette uscirmi dagli occhi uno sguardo pieno di ammirazione, che l'avvocato dovette a sua volta accogliere come una specie  di applauso, almeno a giudicare dalla sua evidente espressione gongolante.
Tutto questo mi fece riflettere:  quell'uomo continuava a gongolare per un successo risalente a più di dieci-venti anni prima! Quante cause aveva fatto da allora? Quante ne aveva vinte? Quante ne aveva perse? Quante volte gli era venuto il sospetto di essere un po' deficiente, e quante volte  la sua tesi di laurea gli aveva "risposto" che non lo era?

Oggi, ripensandoci, vorrei fare davvero un applauso a quell'avvocato, ma non tanto per l'argomento difficilissimo della sua tesi di laurea, e nemmeno per tutti gli ulteriori successi che gli auguro di aver frattanto accumulato, quanto per la sua ottima, e direi esemplare, strategia di auto-accudimento!
Uso la parola strategia a bella posta, perché a volte si ha l'impressione che ci sia una vera e propria  guerra in corso, non solo tra noi e il mondo - in un'aula di tribunale o su altri campi di battaglia -, ma dentro noi stessi. Non un pensiero, ma un esercito di pensieri, a volte parte all'attacco della nostra autostima, e ci butta appresso cannonate di prove della nostra inadeguatezza: le immagini di tutti i nostri errori, le nostre mancanze, i nostri limiti. Quelle non sono fantasie, sono prove schiaccianti contro di noi: tutta roba vera! Che si fa? Vogliamo rischiare una condanna inappellabile o ci vogliamo munire di un avvocato difensore?
Che tipo di strategia adopera, l'avvocato di cui parlavamo, nel tribunale della sua autostima?
Non la negazione. Inutile negare i propri limiti ed i propri insuccessi, se sappiamo benissimo che sono reali. Anzi, ammetterli e riconoscerli, per quanto doloroso possa essere, è il primo passo per superarli (ce l'hanno sempre detto che "sbagliando s'impara"!).
Ma lui faceva un'altra cosa: portava l'attenzione sul suo valore, sulle prove concrete del suo valore, contrastando con un atto attentivo le cannonate contro la propria autostima, costituite dalle prove  schiaccianti dei suoi limiti.
Il succo della sua arringa, insomma (sempre al Tribunale dell'Autostima, sia chiaro...), sembrerebbe questo: "Signor giudice, è vero che oggi ho fatto una cosa da deficiente, ma riuscirò a non farla più, perché non sono un vero deficiente: guardi che tesi di laurea! Forza, mi dia l'assoluzione! E se proprio non mi vuole assolvere con formula piena, mi conceda almeno la condizionale!".
Tutto questo discorso solo per sottolineare l'importanza di avere sotto i nostri occhi (o almeno sufficientemente sotto mano) le prove concrete del nostro valore, per quanto vecchie e impolverate ci sembrino. Questo non tanto per esibirle agli altri, quanto per offrirle affettuosamente a noi stessi al momento buono.
Se non siamo tipi da appendere alle pareti i nostri diplomi, i nostri certificati di laurea, la nostra pagella di prima elementare con tutti 10, oppure tenere a vista targhe, trofei e ritagli di giornale che parlano di noi (foss'anche il giornalino dei boy scout che celebrava negli anni Ottanta il nostro coraggio o la nostra capacità di fare nodi), nulla ci vieta di tenere tutto ciò in un'apposita scatola dei successi: una specie di porta-gioielli, un piccolo forziere delle nostre vittorie e dei nostri meriti.
Può andare bene anche un cassetto, o anche uno scaffale qualunque: basta che tutte queste cose non finiscano in cantina o in soffitta, perché è proprio nel dimenticatoio che non devono finire!
Teniamocele care sotto gli occhi, sotto mano o anche, come dico nel titolo, sotto i piedi!

Per esempio, io tengo continuamente sotto i piedi (e, se guardo a terra, anche sotto gli occhi) il pavimento del mio corridoio di casa, che non solo trovo esteticamente molto piacevole, ma soprattutto mi è caro, perché  in origine era stato posato male e rischiava di compromettere tutta l'armonia della pavimentazione di casa. Sbollita l'iniziale arrabbiatura, la mia mente partorì una soluzione creativa, che trasformò l'errore in pregio, rendendo il pavimento più bello e particolare di quanto fosse stato inizialmente concepito (peraltro a costo zero, perché i responsabili dell'errore furono ben lieti di risolverlo così, anziché rifare tutta la pavimentazione della casa a loro spese!).
Insomma, ancora oggi su quel pavimento ci passeggio sempre volentieri, perché mi trasmette un certo tipo di fiducia e di speranza. Se in quella circostanza una mia risorsa (nella fattispecie, la creatività)  ha funzionato, vuol dire che di base mi appartiene e che potrebbe funzionare ancora bene! Basta magari non trascurarla,  non dimenticarsene, continuare a tenerla sveglia, attiva e allenata: proprio come un muscolo!
Se vi interessano dettagli circa il pavimento del mio corridoio, continuate a leggere questo post, perché ve li racconto volentieri (non sono certo un mistero!).
In caso contrario, vi saluto qui, sperando che questo post possa stimolare qualcuno di voi a dissotterrare le prove nascoste dei suoi successi e a rimettere in moto le sue risorse latenti e sonnecchianti. Il mio augurio per lui è di riprendere a vibrare come il giorno in cui ottenne una certa medaglia, un certo diploma, o un certo successo personale non codificato, e valutare, magari, se non sia proprio da quel successo che ha bisogno di ripartire, per raggiungere nuove sponde.
In questa foto potete vedere il parquet del mio corridoio.
La posa a spina di pesce, in questo ambiente centrale, divide tutta la pavimentazione della casa in due parti: nella zona destra i listoncini sono disposti tutti obliquamente in un certo verso e in quella sinistra tutti nel verso opposto, formando, in certe stanze sì e in altre no, ulteriori spine di pesce a catena.
A fine lavori, risultò che il punto centrale della spina di pesce del corridoio, non era... centrale! La successione di punte formate dall'incontro dei listoncini di legno, creava uno sgradevole effetto ottico non voluto, che squilibrava tutto il disegno verso sinistra. Per risolvere questo problema, secondo lo staff tecnico, bisognava togliere tutto il parquet dal corridoio e, quanto al resto della casa, chissà...
A questo punto cercai di capire per quale motivo il posatore avesse compiuto un errore così grossolano, e cercai di immaginare un nuovo centro della spina di pesce, così come forse l'aveva immaginato lui. Alla fine sono giunta a individuarlo in un'altra serie  di punti di intersezione tra i listoncini, che potevano essere resi visibili tramite la collocazione di una serie di mattonelline nere proprio lì. E il risultato è quello della foto: il centro visivamente corrisponde alla sequenza di mattonelline nere, con un effetto decorativo niente male e una correzione dell'effetto ottico precedente (che riappare nella foto, se omettete di guardare le mattonelline).

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