"... il passato nostro. E' inutile cercare di rievocarlo, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani. Esso si nasconde ... in qualche oggetto materiale (nella sensazione che ci verrebbe data da quest'oggetto materiale) che noi non supponiamo. Quest'oggetto, vuole il caso che lo incontriamo prima di morire, o che non lo incontriamo. ...Ed ecco ... portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «madeleine»... trasalii ... Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M'aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l'amore, colmandomi d'un'essenza preziosa... Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla? ...Certo, ciò che palpita così in fondo a me dev'essere l'immagine, il ricordo visivo, che, legato a quel sapore, tenta di seguirlo fino a me.... E ad un tratto il ricordo m'è apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di «madeleine» che la domenica mattina a Combray... quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio....E come in quel gioco in cui i Giapponesi si divertono a immergere in una scodella di porcellana piena d'acqua dei pezzetti di carta fin allora indistinti, che, appena immersi, si distendono, prendono contorno, si colorano, si differenziano, diventano fiori, case, figure umane consistenti e riconoscibili, così ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swann, e le ninfee della Vivonne e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta Combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidità, è sorto, città e giardini, dalla mia tazza di tè." (Marcel Proust)
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