martedì 30 giugno 2015

Educare alla comprensione dei sentimenti. Un pensiero di Nathaniel Branden

Immagine: Water Mirror by Hiram67 - Deviantart
"Se un'adeguata educazione deve includere la comprensione del pensiero, deve includere anche la comprensione dei sentimenti. Purtroppo molti genitori insegnano implicitamente ai figli  a reprimere i loro sentimenti ed emozioni, o almeno quelli che i genitori trovano fastidiosi. «Smettila di piangere, altrimenti ti darò io un buon motivo per farlo!» «Che non ti venga in mente di arrabbiarti!» «Non puoi avere paura! Vuoi che ti prendano per una femminuccia?» «Le brave bambine non hanno di questi sentimenti!» «Non ti agitare! Che cosa ti prende?»
I genitori emotivamente lontani e inibiti tendono ad allevare figli con le stesse caratteristiche. Questo succede attraverso le loro comunicazioni esplicite, e anche attraverso il loro comportamento, con il quale segnalano ai figli che cosa è «giusto », «adeguato» e «socialmente accettabile».
Inoltre, i genitori che accettano taluni insegnamenti religiosi trasmettono ai figli la sventurata idea che esistano cose come i  «cattivi pensieri» e i «cattivi sentimenti». «È peccato provare certe cose!» Il bambino crescerà nel terrore morale della propria vita interiore.
Un'emozione è un evento sia mentale sia fisico. È una reazione psicologica automatica, che coinvolge caratteristiche sia mentali sia fisiologiche, alla nostra valutazione subconscia di quanto percepiamo come benefico o vantaggioso per noi stessi. * Le emozioni riflettono la nostra risposta valutativa a diversi aspetti della realtà: «per me o contro di me» «vantaggioso o dannoso per la mia persona» «da ricercare o da evitare», e così via. [...]
Immagine: Farewell for now by Karterlicious - Deviantart
Smettere di sapere quello che proviamo vuol dire smettere di sperimentare il significato delle cose. Questa non-consapevolezza viene spesso incoraggiata nei bambini: si fa credere loro che le emozioni siano potenzialmente dannose, che a volte sia necessario negarle, rendersi ciechi e sordi ad esse. I bambini imparano a rinnegare certe emozioni e smettono di viverle consapevolmente. A livello psicologico, deviano la consapevolezza, cessando di riconoscere o vivere coscientemente alcuni sentimenti. A livello fisico, inibiscono la respirazione, tendono la muscolatura e bloccano il libero scorrere dei sentimenti, inducendo uno stato di parziale intorpidimento.
Non sto dicendo che i genitori sono l'unica fonte di repressione nei bambini: non è così. [...] i bambini possono imparare anche da soli a proteggere il loro equilibrio rinnegando alcuni dei loro sentimenti. È tuttavia innegabile che troppi genitori incoraggiano le pratiche della repressione emotiva facendone una tacita condizione della loro approvazione.
Crescendo, il bambino può decidere di escludere un numero sempre maggiore di sentimenti e parti di sé: lo fa per essere amato e accettato e per evitare l'abbandono. Come strategia di sopravvivenza, può decidere anche di ripudiare se stesso, e non ci si può certo aspettare che ne preveda le disastrose conseguenze a lungo termine.
Gli insegnanti sono nella posizione ideale per insegnare ai ragazzi il rispetto razionale per i sentimenti, e insieme la consapevolezza di poter accettare un sentimento senza per questo essere costretti a lasciarsi dominare da esso. 
Possiamo imparare a riconoscere le nostre paure e accettarle, e (per esempio) andare lo stesso dal dentista quando è necessario. Possiamo imparare ad ammettere quando siamo arrabbiati, e a parlare senza ricorrere alle mani, e a riconoscere quando soffriamo senza bisogno di fingerci indifferenti. Possiamo imparare a provare impazienza ed eccitazione senza per questo trattenere il respiro, e finire comunque i compiti prima di uscire a giocare. Possiamo imparare a riconoscere i nostri impulsi sessuali, ad accettarli, eppure a non farci controllare da essi in maniera distruttiva. Possiamo imparare a riconoscere ed accettare le nostre emozioni senza perdere la testa, e a chiederci: Che cosa stanno cercando di dirmi i miei sentimenti? Su che cosa dovrei riflettere più a fondo?
Possiamo imparare che un dolore o un timore affrontati sono molto meno pericolosi di un dolore o un timore negati, e che siamo responsabili di quello che scegliamo di fare, ma certi sentimenti non sono né morali né immorali: sono e basta.
Oggi purtroppo molte persone arrivano a capire questo solo attraverso la psicoterapia, ma nelle scuole del futuro nessuno arriverà alla fine del liceo senza essere stato esposto a queste idee. La loro importanza per la realizzazione di una vita felice farà sì che esse diventino parte integrante dell'educazione di tutti i nostri giovani.   
-----
* Ometto qui certe esperienze di ansia e depressione le cui radici possono essere biologiche e non rispondere pienamente a questa definizione."
(brano tratto da: Nathaniel Branden, I sei pilastri dell'autostima " 

***

giovedì 25 giugno 2015

Buone notizie - poesia di Thich Nhat Hanh


Le buone notizie non vengono stampate.
Le buone notizie le stampiamo noi.
Ne tiriamo un’edizione speciale ogni momento
e vorremmo che la leggessi.
La buona notizia è che sei vivo
e che l’albero di tiglio è ancora lì,
e svetta saldo nel rigido inverno.
La buona notizia è che hai splendidi occhi
che toccano il blu del cielo.
La buona notizia è che
il tuo bambino è lì davanti a te,
e che tu hai due braccia disponibili.
Abbracciarsi è possibile.
Si stampa solo ciò che non va.
Guarda ognuna delle nostre edizioni speciali:
noi offriamo tutto ciò che va.
Vogliamo che tu ne tragga beneficio
e che ci aiuti a proteggerle.
Lì, sul marciapiede, un fiore di tarassaco
ci offre il suo splendido sorriso
e canta la canzone dell’eternità.
Ascolta! Hai orecchie in grado di udirla.
China il capo. Ascoltala.
Lasciati dietro il tuo mondo di dolore
e di preoccupazioni
e sii libero.
L’ultima buona notizia è che puoi farlo.



***
http://ciochesimuovenoncongela.blogspot.it/2015/06/buone-notizie-poesia-di-thicht-nhat-hah.html

sabato 13 giugno 2015

Mindfulness. I pilastri della pratica


Quando ci dedichiamo alle pratiche di mindfulness, chi ci guarda da fuori potrebbe anche avere l'impressione che non stiamo facendo niente, mentre in realtà siamo impegnati in un lavoro invisibile. Stiamo infatti coltivando l'arte di restare nel presente, attenti momento per momento alla nostra esperienza di esistere, consapevoli delle nostre sensazioni fisiche, dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, dei nostri impulsi a reagire  automaticamente agli stimoli e alle provocazioni.
Con il tempo e la pratica regolare, la mindfulness ci può dare accesso ad una dimensione di maggiore quiete e serenità interiore, rendendoci più padroni delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti, più resistenti allo stress, più liberi di scegliere le nostre azioni, più padroni delle nostre risposte alle richieste del mondo e anche alle nostre pressioni interne.
Ma tutto questo sarà possibile solo se ci dedicheremo alla pratica con energia e dedizione.
Il nostro impegno dovrà essere infatti regolare e costante (quotidiano e protratto nel tempo), proprio come se si trattasse di un allenamento atletico. E questo ci richiederà autodisciplina, perché dovremo riuscire a riservare ogni giorno un tempo alla pratica, qualunque sia il programma della nostra agenda, sia che ne abbiamo voglia, sia che non ce l'abbiamo, sia che abbiamo ritmi che lo consentano, sia (e forse a maggior ragione) che non li abbiamo.
Inoltre per coltivare la consapevolezza e coglierne i frutti (calmare la mente, rilassare il corpo, riuscire a concentrarsi, vedere con chiarezza dentro di sé, convivere con le malattie, i dolori e le difficoltà conservando il gusto di vivere) non basta eseguire meccanicamente gli esercizi e aspettare che succeda qualcosa.
Bisogna assumere e coltivare deliberatamente l'atteggiamento giusto, ovvero un insieme di atteggiamenti che ci aiutino ad ottenere il massimo dal processo di meditazione.
Per esempio chi è scettico e disimpegnato, convinto in cuor suo che non succederà niente, probabilmente porterà poca energia e poco impegno nella pratica, e facilmente otterrà la conferma di ciò che pensava, cioè che la mindfulness non gli serve a niente.
Allo stesso modo, coloro che si avvicinano alla mindfulness con troppo entusiasmo, come credenti che hanno trovato il Cammino, e che si aspettano miracoli dalla loro fede nella meditazione, potrebbero restare delusi nel notare che restano le stesse persone di sempre e che la pratica richiede impegno e dedizione, e non solo fede romantica.
Jon Kabat-Zinn dice che, nella sua esperienza, le persone che ottengono i risultati migliori dalla pratica, sono quelle che si accostano alla pratica con un atteggiamento scettico ma aperto, come quello di uno scienziato che dica: "Non so se questo esperimento darà qualche risultato utile - ho i miei dubbi - ma ci metterò tutto il mio impegno e la mia energia, e starò a vedere cosa succede". 
A proposito dell'atteggiamento giusto con cui avvicinarsi alla meditazione, nel suo libro Vivere momento per momento Kabat-Zinn suggerisce di coltivare sette aspetti particolarmente importanti per sostenere la nostra pratica e consentirci di trarre da essa i maggiori benefici.
Essi sono:
- non giudizio
- pazienza
- mente del principiante
- fiducia
- non cercare risultati
- accettazione
- lasciar andare.
Si tratta di aspetti che possono essere coltivati autonomamente, ma che non sono indipendenti l'uno dall'altro, perché ognuno di essi è in qualche modo legato agli altri.
***
Vediamo ora in sintesi in cosa consistono questi sette pilastri della pratica.

1) Non giudizio
Quando assumiamo l'atteggiamento di testimoni imparziali della nostra esperienza, ci accorgeremo ben presto che la nostra mente esprime continui giudizi sulla nostra esperienza (es. questo è buono, questo è cattivo). Noi semplicemente osserveremo che ciò avviene e impareremo a distaccarcene.
Per esempio, mentre pratichiamo la pratica formale di osservazione del respiro, può darsi che la nostra mente ci dica "Che noia", oppure "Non funziona", o ancora "Non ci riesco". Questi sono tutti giudizi.
Noi li riconosceremo come tali, ci ricorderemo che la pratica richiede la sospensione del giudizio e l'osservazione di qualsiasi cosa si presenti e allora, senza lasciarci coinvolgere e senza agire su di essi,  prendiamo atto che nel nostro presente esistono anche quegli eventi mentali (quei giudizi) e ritorniamo all'osservazione del respiro.
  
2) Pazienza
"La pazienza è una forma di saggezza", dice Kabat-Zinn. "Essa nasce dalla comprensione e accettazione del fatto che le cose hanno un loro naturale tempo di maturazione. Un bambino può provare ad aiutare una farfalla a uscire dalla crisalide aprendo il guscio: ma questo 'aiuto' non è particolarmente benefico per la farfalla. Un adulto sa che la farfalla può uscire dalla crisalide solo al momento giusto e che il processo non può essere accelerato artificialmente.
In questo spirito, durante la pratica della consapevolezza, coltiviamo la pazienza nei confronti del nostro corpo e della nostra mente. Ci ricordiamo deliberatamente che non c'è ragione di irritarci con noi stessi perché la nostra mente è costantemente occupata a giudicare, o perché ci sentiamo tesi, agitati o spaventati, o perché pratichiamo già da un po' di tempo senza aver ottenuto risultati. Invece ci lasciamo lo spazio per vivere queste esperienze. Perché? Perché sono comunque la nostra esperienza del momento.
[...] Pazienza significa anche sapere che non occorre riempire tutti i momenti della nostra vita di attività e di pensieri per arricchirli. Anzi, proprio il contrario è vero. Pazienza è essere semplicemente aperti a ogni momento e accettarlo nella sua pienezza così com'è, sapendo che, come la farfalla nella crisalide, le cose maturano quando è il loro tempo." 

3)  Mente del principiante
"Troppo spesso lasciamo che i nostri pensieri e le nostre presunte conoscenze ci impediscano di vedere le cose così come sono. Tendiamo a dare per scontato il quotidiano e perdiamo di vista la straordinarietà dell'ordinario. Per coltivare la ricchezza del momento presente, dobbiamo coltivare quella che è detta, nello Zen, 'mente del principiante': una mente che è disposta a guardare ogni cosa come se la vedesse per la prima volta.
Un esperimento interessante è coltivare la 'mente del principiante' nella vita di tutti i giorni. [...] Puoi farlo con i problemi che ti si presentano quotidianamente. Puoi farlo quando sei in mezzo alla natura: riesci a veder il cielo, le stelle, gli alberi, l'acqua, le pietre così come sono in questo momento, con mente limpida e sgombra? Oppure li vedi attraverso il velo dei tuoi pensieri?"

4) Fiducia
"Sviluppare una fiducia di fondo nella tua esperienza e nelle tue sensazioni, è parte integrante dell'addestramento alla meditazione. E' meglio fidarti della tua intuizione e della tua propria autorità, anche se puoi fare degli 'sbagli', piuttosto che cercare sempre una guida fuori di te. Se in un certo momento una certa cosa non la senti giusta, perché non rispettare la tua sensazione? Perché scartare o sottovalutare quello che senti solo perché una certa autorità o un certo gruppo di persone la pensa diversamente?
Questa fiducia in te stessa e nella tua fondamentale saggezza è molto importante in tutti gli aspetti della pratica di meditazione. E ti sarà particolarmente utile nella pratica dello yoga: facendo i vari esercizi è importante che rispetti i messaggi del tuo corpo quando ti dice di fermarti o di alleggerire una certa posizione, altrimenti potresti farti male.[...]
Praticando la consapevolezza, pratichi anche un'assunzione di responsabilità, la responsabilità di essere te stessa e di imparare ad ascoltarti e ad avere fiducia nel tuo essere. Più coltivi questa fiducia nel proprio essere, più troverai facile aver fiducia anche negli altri e contattare la loro bontà di fondo."

5) Non cercare risultati
"Quasi tutto quello che facciamo lo facciamo per ottenere un certo risultato. Ma nella meditazione questo atteggiamento può essere un ostacolo [...] perché in ultima analisi la meditazione è non fare. Non ha altro scopo che quello di permetterti di essere te stessa. L'ironia è che lo sei già! [...]
Per esempio, ti siedi a meditare e pensi: «Adesso mi rilasso». Oppure: «Non sentirò più il mio dolore». O: « Diventerò una persona migliore» [...] Così facendo hai già programmato un'idea di come dovresti essere. Ad essa si accompagna inevitabilmente l'idea che non vai bene così come sei. [...]
Questo atteggiamento è un ostacolo allo sviluppo della consapevolezza, che richiede semplicemente di fare attenzione a qualsiasi cosa stia succedendo al momento. Se sei tesa, fai attenzione alla tensione. Se provi dolore, stai con il dolore meglio che puoi. Se ti stai criticando, osserva l'attività della mente giudicante.
[...] nella meditazione la via migliore per ottenere risultati è quella di non cercare di ottenere risultati, e di concentrare invece l'attenzione sul vedere e accettare le cose così come sono momento per momento. Con pazienza e una pratica regolare, il movimento verso i risultati avverrà da sé. Esso sarà uno sviluppo spontaneo: tu ti limiti a fargli spazio e a invitarlo dentro di te."

6) Accettazione
"[...] L'accettazione di cui parlo è semplicemente una disponibilità a vedere le cose così come sono. E' l'atteggiamento che crea i presupposti per un'azione appropriata nella tua vita, di qualsiasi cosa si tratti. E' molto più facile agire con convinzione ed efficacia quando abbiamo una chiara immagine di come stanno le cose, che quando la nostra visione è velata da giudizi e desideri.
Nella pratica della meditazione coltiviamo l'accettazione prendendo ogni momento così come viene e vivendolo nella sua pienezza.  Non cerchiamo di sovrapporre all'esperienza le nostre idee su cosa dovremmo sentire, pensare o vedere, bensì restiamo ricettivi a ciò che sentiamo, pensiamo e vediamo in questo momento. Di una cosa possiamo essere certi: che ciò che è oggetto della nostra attenzione in questo momento cambierà, offrendoci l'occasione di coltivare l'accettazione di ciò che si presenterà al momento successivo."


7) Lasciar andare
Si dice che in India esista un sistema particolarmente astuto per catturare le scimmie.
Si pratica in una noce di cocco un foro abbastanza largo da consentire ad una scimmia di farci passare la mano, ma non abbastanza grande da farci passare il suo pugno.
Se si fissa stabilmente ad una palma la noce di cocco e ci si mette dentro una banana, può capitare che una scimmia ci metta dentro la mano, per prendere la banana. In tal caso resterà intrappolata nella noce di cocco, perché il pugno non ne esce. L'unico modo per liberarsi sarebbe lasciar andare la banana, ma sembra che il più delle volte non lo faccia.
"Spesso la nostra mente", dice Kabat-Zinn," resta intrappolata proprio come quella delle scimmie, malgrado tutta la nostra intelligenza. Perciò coltivare il non attaccamento, la capacità di lasciar andare, è fondamentale per la pratica della consapevolezza. Quando cominciamo a fare attenzione alla nostra esperienza interna, ben presto scopriamo che ci sono pensieri, sentimenti e situazioni che la mente vuole trattenere. Se sono piacevoli, cerchiamo di prolungare questi pensieri, sentimenti e situazioni o di rievocarli continuamente.
Analogamente, ci sono pensieri, sentimenti ed esperienze che cerchiamo di evitare perché sono spiacevoli, dolorosi o spaventosi.
Nella pratica della meditazione, mettiamo deliberatamente da parte la tendenza della mente ad attaccarsi a certi aspetti della nostra esperienza e a respingerne altri. Lasciamo invece che l'esperienza sia quello che è e l'osserviamo istante per istante.
[...] Così facendo possiamo imparare molte cose sui nostri attaccamenti e sul loro effetto nella nostra vita, e anche sull'effetto dei momenti in cui finalmente lasciamo andare.
***
[...] L'esperienza di lasciarsi andare non è un'esperienza strana o sconosciuta: la incontriamo ogni sera quando ci addormentiamo.
[...] Se non riusciamo a lasciarci andare, non riusciamo ad addormentarci. Quasi tutti abbiamo vissuto momenti in cui la mente non voleva acquietarsi quando andavamo a letto. E' questo uno dei primi segnali di un livello di stress elevato. Magari non riuscivamo a liberarci di certi pensieri che ci coinvolgevano troppo.
In quei momenti se cerchiamo di costringerci a dormire è peggio. Perciò, se la sera riesci ad addormentarti, sei già un'esperta nel lasciarti andare! Ora basta che impari ad applicare questa capacità anche alle situazioni della vita desta."
----

Vedi anche: Ridurre lo stress e coltivare la serenità con la mindfulness

lunedì 8 giugno 2015

Citazioni sull'armonia (con se stessi, con gli altri, con la natura, con l'universo)


"... l'armonia con se stessi significa saper ascoltare e soddisfare in modo equilibrato i diversi (e spesso antagonistici) bisogni provenienti da tutte le dimensioni del nostro essere, difatti è proprio quando ne riconosciamo solo alcuni e trascuriamo o, peggio, neghiamo gli altri, che creiamo squilibrio, e quindi malessere, sofferenza, malattia. Per fare un esempio, crea sofferenza (sia fisica che psicologica) il privilegiare troppo la dimensione mentale a scapito di quella corporea ed emozionale, oppure l'incentrarsi troppo sui bisogni materiali trascurando quelli affettivi o spirituali. La via maestra che conduce alla qualità della vita, al benessere, alla salute, non è nella mente, ma neppure nel corpo o nello spirito o nelle emozioni, bensì in un armonico equilibrio tra queste dimensioni; ognuna di esse è solo una parte dell'essere, e se una parte - quale che sia - prende il sopravvento sul tutto non può che derivarne sofferenza."  (Enrico Cheli)
***
"L'armonia è un altro volto del bene." (Gianfranco Ravasi)
***
"La virtù, la sanità fisica, ogni bene e la divinità sono armonia: perciò anche l'universo è costituito secondo armonia. Anche l'amicizia è uguaglianza armonica." (Pitagora)
***
"Non è armonia e concordia dove è unità, dove un essere vuol assorbir tutto l'essere; ma dove è ordine et analogia di cose diverse; dove ogni cosa serva la sua natura." (Giordano Bruno) 
***
"Perché, senza che vi fosse la necessità di spiegarselo a chiare lettere e senza che ciò causasse alcun senso di autocompiacimento, egli sapeva che la sua vita già possedeva un innato equilibrio, quel tipo di armonia a inseguire la quale altri sembravano passare la maggior parte della loro esistenza. Non gli veniva in mente che quel dono potesse essere qualcosa di speciale. Si sentiva semplicemente parte di un disegno, di un'unione di elementi animati e inanimati, cui lo collegavano sia lo spirito che la carne." (Nicholas Evans) 
***
“La tua salute non è altro che essere in armonia con la Natura.” (Osho)
***
“Trovare una nuova armonia con la natura, rientrarvi in connessione profonda, significa crescere e curare al contempo noi stessi e il pianeta in cui viviamo”. (Stefano Fusi)

sabato 6 giugno 2015

La fiera dei miracoli - poesia di Wislawa Szymborska


Un miracolo comune:
l'accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale:
l'abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
che riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un lontano riflesso sull'acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l'acqua sia poco profonda.
Un miracolo all'ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si alzano in volo.
Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3,14
e tramonterà alle 20.01
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l'inimmaginabile
è immaginabile.

***
Argomenti collegati: 
"Riconoscere lo straordinario nell'ordinario"

***
Vai alla pagina professionale