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lunedì 2 febbraio 2015

Mitologia e Psicologia. 10) La "sacra casalinghitudine": un incontro con Estia

"Riordinare la casa è la mia preghiera, e quando ho finito, la mia preghiera viene esaudita.
 E piegarmi, abbassarmi, strofinare mi purifica il corpo come la preghiera non può fare." 
(Jessamyn West)
***

Estia (per i romani Vesta) era la figlia primogenita di Rea e Crono nonché sorella maggiore di Zeus. Prima tra i fratelli ad essere divorata dal padre alla nascita ed ultima ad esserne rigurgitata, fu l'unica a conoscere la solitudine nel buio delle viscere paterne.
Di lei la mitologia non dice molto, perché non fu mai coinvolta in guerre o in storie d'amore.
Fu desiderata da Poseidone, dio del mare, e da Apollo, dio del sole, ma li rifiutò entrambi giurando di restare vergine per sempre. Zeus allora, in luogo del dono di nozze, le concesse il privilegio di stare al centro della casa e nei templi degli altri dei, come custode del fuoco.
Il suo simbolo era il cerchio e rotondi erano infatti i primi focolari nelle case ed i bracieri al centro dei templi.
Non le si attribuiva un aspetto esteriore caratteristico; la sua presenza in un luogo si avvertiva nella fiamma posta al centro di una casa, di un tempio o di una città, come fonte di luce, tepore e calore per la cottura dei cibi.
La sua importanza veniva celebrata con vari rituali simbolizzati dal fuoco.
Per esempio, se una coppia si sposava, la madre della sposa accendeva una torcia sul focolare della propria casa e la portava nella nuova dimora, per accendere il nuovo focolare. Allo stesso modo, se si fondava una nuova comunità, vi si portava il fuoco proveniente dalla città d'origine.
In tal modo Estia seguiva come fuoco sacro le nuove coppie e le nuove comunità, simbolizzando continuità, interdipendenza, coscienza condivisa e identità comune, che restavano sempre in vita come il fuoco, nonostante i cambiamenti.
Spesso Estia compariva nelle case in compagnia di Ermes (Mercurio), messaggero degli dei, dio della parola, loquace e astuto, protettore di viaggiatori, mercanti e ladri.
Il focolare di Estia stava all'interno della casa, e la rendeva il luogo sacro dove la famiglia si riuniva, il luogo dove fare ritorno a casa.
Il simbolo di Ermes, invece, un pilastro fallico, stava sulla soglia di casa, a portare fertilità e tenere lontano il male, ma anche a proteggere sulla soglia chi partiva e andava nel mondo, dove la capacità di comunicare e orientarsi sono importanti. 
 ***
Ci sono donne per le quali le occupazioni domestiche rappresentano qualcosa di più significativo del semplice sbrigare le faccende, quasi che riordinando la propria casa mettessero ordine anche  dentro di sé.
Quando una donna prova un senso di armonia interiore nello svolgere i lavori domestici, è in contatto con un aspetto di sé ben rappresentato dall'archetipo di Estia, dea del focolare domestico.
La cura della casa, allora, non è più per lei un'incombenza da assolvere sbrigativamente giusto perché le tocca, ma assume i toni di una pratica meditativa, da cui viene totalmente assorbita, in quieta solitudine e senza frenesia.
"Quando Estia è presente", dice Jean Shinoda Bolen nel suo libro Le dee dentro la donna, "la donna si dedica ai lavori della casa con la sensazione di avere davanti a sé tutto il tempo possibile. Non tiene d'occhio l'orologio, perché non si muove sulla base di un orario e non 'inganna il tempo'. Si trova quindi in quello che i greci chiamavano kairos, tempo propizio: 'sta partecipando al tempo', e ciò la nutre psicologicamente (come succede in quasi tutte le esperienze dove perdiamo il senso del tempo). Mentre smista e ripiega la biancheria, rigoverna i piatti e mette in ordine, non ha fretta, ed è pacificamente concentrata in ogni cosa che fa."
Anche se non siamo delle vere 'casalinghe estiane', può capitare a tutte noi di entrare occasionalmente in contatto con le dimensioni rappresentate da questa dea. Quando passiamo una giornata a riordinare un armadio, per esempio, l'attività può assorbirci completamente: dividiamo lentamente i vestiti, riflettiamo su quali conservare, quali mettere via, quali regalare, ricordiamo e prevediamo eventi,  facciamo una cernita non solo delle nostre cose ma anche di ciò che riguarda noi stesse. Alla fine abbiamo un armadio ordinato, che è un po' l'immagine di noi stesse in quel momento, e anche la sensazione di una giornata spesa bene, 'in compagnia della dea', vale a dire di quella nostra parte interiore, silenziosa e concentrata. 
"Cercando deliberatamente di incontrare Hestia nella vita di tutti i giorni, facendoci influenzare nel comportamento dalla sua presenza quieta, calma e ordinata, possiamo arrivare alla consapevolezza che c'è un sacro Mistero nella quotidianità", dice Sarah Ban Breathnach, nel suo libro L'incanto della vita semplice. Ed aggiunge: "Ma come possiamo incontrare Hestia? Qualche volta, girando per casa, invoco il suo aiuto. Oppure mi domando: 'E' così che Hestia affronterebbe questo compito?'. Inutile dire che, se me lo chiedo, significa che non lo affronterebbe così; ma la domanda riporta la mia consapevolezza alla natura contemplativa della cura domestica."
Se Estia non è una presenza stabile dentro di noi ma desideriamo portare un po' della sua grazia nel nostro rapporto con la nostra casa, il primo passo è costituito dall'intenzione di assumere un atteggiamento estiano. "Dopo aver deciso una faccenda," suggerisce la dottoressa Bolen, "occorre darle tutto il tempo necessario. Stirare la biancheria, ad esempio, è un compito ripetitivo e molte donne lo fanno in tutta fretta e di malavoglia. Ma quando adotta la modalità Estia, la donna può accogliere di buon grado l'occasione di riporre gli abiti, come un momento per riposare la mente.
Perché Estia sia presente, occorre che la donna si dedichi a un compito alla volta, a una parte della casa o a una stanza alla volta, a una qualsiasi faccenda che pensi di poter svolgere tranquillamente nel tempo che ha a disposizione. E nell'esecuzione di quell'incombenza deve lasciarsi assorbire, come se stesse eseguendo la cerimonia del tè giapponese, con un senso di serenità in ogni movimento. Solo allora una pace interiore onnipervasiva sostituirà il consueto chiacchiericcio della sua mente. I livelli da raggiungere devono essere quelli che le corrispondono, il modo deve essere in accordo con quanto ha senso per lei."
Curare una casa con questo atteggiamento ne fa quasi un'attività spirituale; del resto il sacro fuoco di Estia ardeva sia sul focolare domestico sia nei templi e riflettere su Estia è anche focalizzare l'attenzione sull'interiorità, sul centro spirituale di una donna.
La percezione di un punto di riferimento interno (di un 'punto fermo' dentro di sé), può consentire a una donna di rimanere salda anche in mezzo al disordine, al caos del mondo esterno, e all'agitazione della vita di tutti i giorni. 
Il focolare di Estia, di forma circolare e con il fuoco al centro, è come un mandala, immagine usata nella meditazione come simbolo di completezza e totalità.
Nel suo scritto Simbolismo dei mandala,  Carl Gustav Jung dice a riguardo che il loro motivo di base "è l'idea di un centro della personalità, di una sorta di punto centrale all'interno dell'anima al quale tutto sia correlato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte di energia. L'energia del punto centrale si manifesta in una coazione quasi irresistibile, in un impulso a divenire ciò che si è; così come ogni organismo è costretto, quali che siano le circostanze, ad assumere la forma caratteristica della propria natura. Questo centro non è sentito né pensato come Io, ma, se così si può dire, come Sé."
"Il Sé", commenta a sua volta Jean Shinoda Bolen, "è ciò che sperimentiamo internamente quando sentiamo un rapporto di unità che ci collega all'essenza di tutto ciò che è fuori di noi. [...] Quando ci sentiamo in contatto con una fonte interna di calore e di luce (metaforicamente scaldate e illuminate da un fuoco spirituale), questo 'fuoco' scalda coloro che amiamo e con cui condividiamo il focolare e ci tiene in contatto con chi è lontano.
Il sacro fuoco di Estia ardeva nel focolare domestico e nei templi. La dea e il fuoco erano una sola cosa e univano le famiglie l'una all'altra, le città-stato alle colonie. Estia era l'anello di congiunzione spirituale fra tutti loro. Quando questo archetipo  permette la concentrazione sulla spiritualità, l'unione con gli altri è un'espressione del Sé.
[...] La meditazione attiva e rinforza questo archetipo introverso e polarizzato sul mondo interno e, una volta iniziata, spesso diventa una pratica quotidiana, perché dà un senso di completezza e concentrazione, una sorgente interna di pace e di illuminazione, che apre la strada alla dimensione Estia.
Alcune donne, quando avvertono la presenza della dea, sentono emergere la vena poetica. May Sarton, scrittrice e poetessa, dice che le è possibile scrivere soltanto quando si trova in uno stato di grazia, 'quando i canali profondi sono aperti e quando sono profondamente stimolati e in equilibrio - e anch'io lo sono - allora la poesia viene come un dono al di là della mia volontà'. Sta parlando di un'esperienza dell'archetipo del Sé, i cui sentimenti sono  sempre al di là dell'Io e dello sforzo, un dono di grazia."




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sabato 19 ottobre 2013

Quelli disordinati e quelli ordinati - Ursus Wehrli, l'uomo che ha riordinato la pastina in brodo, le stelle del cielo e la camera di Van Gogh


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Di solito tutti brontolano contro i disordinati.
Eppure anche gli ordinatissimi esageratissimi rigidissimi, possono far perdere la pazienza a chi li circonda - e a chi ci convive, soprattutto!
Ecco un assortimento di foto e qualche video delle opere di Ursus Wehrli, l'uomo che ha riordinato di tutto, dalla pastina in brodo alla camera di Van Gogh, gettando una luce nuova, allegra e leggera, anche sul versante - di solito pesante - della pretesa di... troppo ordine.
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Vai alla galleria multimediale delle opere d'arte "riordinate" da Ursus Wehrli (clicca qui)
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martedì 19 marzo 2013

Creare ordine e armonia intorno a sé: un rituale per i giorni no


"Ad ucciderci non sono le tragedie. E' la confusione."
 (Dorothy Parker)
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Creare ordine e armonia intorno a sé è la nostra sesta regola della serenità: un principio elementare che può soccorrerci quando ci sentiamo sopraffatti dalle circostanze esterne ed il procedere della nostra vita ci sembra fuori dal nostro controllo. 
Può darsi che davvero sia così; che cioè, per esempio, le nostre preoccupazioni finanziarie, o l'ansia per la malattia di un familiare, o la stanchezza per trattative di lavoro che si trascinano senza fine, rispecchino dati di realtà: la realtà di tutte le cose che non siamo in grado di  controllare.  
La celebre preghiera della serenità, del teologo americano Reinhold Niebuhr,  non a caso chiede a Dio di volerci concederci tre cose:
- 1) la forza di accettare le cose che non possiamo cambiare,
- 2) il coraggio di cambiare quelle che possiamo cambiare, 
- 3) la saggezza di distinguere le une dalle altre.
Dimenticato niente? 
Forse sì. Forse potremmo chiedere anche la grazia di farci trovare una cosa che possiamo  cambiare, ogni volta che ci tocca accettarne un'altra, che  invece non possiamo cambiare.
Fare una bella riordinata nel nostro ambiente di vita o di lavoro è,  per esempio, qualcosa che è quasi sempre (almeno in parte) sotto il nostro controllo. 
Eliminare il caos e la confusione dalla nostra casa,  da una certa stanza, da uno specifico cassetto, da una singola scrivania o da un intero ufficio, e mettere ordine, può darci un riscontro affettivo e psicologico immediato.
Tanto per cominciare ci reintegra nel nostro senso di autoefficacia ("forse non posso cambiare l'intero mondo, ma almeno le condizioni della mia stanza/casa/ scrivania/eccetera, sì"). 
In secondo luogo, è come se rimettesse in circolazione nel nostro ambiente un'energia vitale  che prima stagnava. 
Anche senza essere esperti di Feng Shui  (l'antica arte cinese del collocare armoniosamente nello spazio oggetti ed edifici, in modo da far scorrere liberamente l'energia fondamentale, nota come ch'i), molti sanno per esperienza personale come possa risultare difficile pensare lucidamente e sentirsi sereni,  in mezzo al  caos e alla confusione, e come per contro sia di conforto allo spirito un ambiente ordinato e armonioso.
"Quando facciamo pulizia e mettiamo ordine in casa, in qualche modo puliamo e ordiniamo noi stessi", dice Gunilla Norris nel suo libro "Being Home". Concetto ripreso e sviluppato anche nelle parole di Miao Yin, che si trovano spesso su internet, ogni volta che si parla di Feng Shui, sotto il titolo di "Armonia".

"ARMONIA"

Sistemare la casa

è guadagnare il benessere fisico ed emotivo.

Disporre al meglio dell'ambiente

 è disporre al meglio di noi stessi.

Feng Shui è equilibrio fra  l'energia 

di spirito, cuore e mente.
Ogni giorno riceviamo e forniamo energia,
 incessantemente: 
se riusciamo a regolare tali flussi
 potremo armonizzare la nostra energia
 con quella del cosmo.
Quello che facciamo creando spazi,
 spostando oggetti nella nostra casa,
 inserendo cose nuove o gettando le vecchie,
 si riverbera sul nostro spirito.
Perchè ciò che è fuori è dentro.
Dobbiamo incoraggiare l'energia positiva
 a entrare nella nostra casa 
e tentare di allontanare la negativa.
L'arte necessaria a tal fine è il Feng Shui.
 Occorre saper disporre,
occorre creare armonia.
(Miao Yin)

sabato 1 dicembre 2012

"Le mani al lavoro, il cuore a Dio" (assioma shaker)

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Se questo non fosse un blog dedicato a gente che corre (e a cui non basta mai il tempo), ma un blog dedicato  a gente che va piano (e a cui avanza sempre tempo),  a questo punto parleremmo dei meravigliosi effetti che può avere sul nostro spirito e sulla nostra vita la meditazione condotta con regolarità tutti i giorni, la mattina all'alba e la sera al tramonto, seduti da qualche parte  in silenzio e in  solitudine, venti minuti al mattino e venti minuti alla sera. Esistono  ottime ragioni fisiologiche, psicologiche e spirituali che rendono consigliabile la pratica  regolare della meditazione, in quanto collante capace di tenere insieme corpo, mente e spirito.
Ma questo è un blog dedicato a gente che corre, per cui dobbiamo essere realistici e procedere per gradi. Prima o poi, si spera, arriveremo anche a trovare il tempo per meditare seduti sotto un albero (o sulla cima di un monte, in riva a un lago o dove ci pare), ma per ora consideriamo la possibilità di avvicinarci a piccoli passi ad una condizione interna prossima alla meditazione,  nella nostra vita di tutti i giorni e nel nostro solito mondo. 
Si può dire che la meditazione è sostanzialmente concentrazione intenzionale su una cosa sola (concreta o spirituale che sia). Siamo in grado di  individuare, nella nostra vita ordinaria, situazioni capaci  di  tenere la nostra attenzione puntata su una cosa sola? Può trattarsi di cose banalissime, come dedicarsi al giardinaggio, cucinare, e persino lavarsi i denti o fare il bilancio familiare! 
Non è importante l'attività in sé, ma lo stato interno di totale concentrazione a cui accediamo mentre ci dedichiamo ad essa.
Una delle difficoltà che potremmo incontrare, per cominciare, è che magari non siamo abituati a fare una sola cosa alla volta. Molte delle persone che corrono gestiscono più cose contemporaneamente, per cui non riescono ad essere totalmente concentrate su una sola cosa, mentre la stanno facendo. 
C'è chi, per esempio, pranza guardando la televisione, e risponde al telefono  se suona durante il pasto, e intanto prepara il secondo piatto alzandosi ogni tanto da tavola mentre mangia il primo. 
Questo, diciamo, è l'esatto contrario dello stato meditativo, e sicuramente non è un modo di procedere che favorisce la serenità.
Non a caso un detto zen recita: "Camminando, semplicemente cammina. Stando seduto, semplicemente siedi. Soprattutto, non tentennare."
Tutto questo solo per dire che, se vogliamo portare più serenità nel nostro vivere ordinario, dobbiamo cercare di concentrarci su un solo lavoro per volta ed evitare di gettare le nostre energie ai quattro venti. 
Probabilmente all'inizio, con tutti gli impegni che abbiamo, ci sembrerà impossibile riuscire a fare tutto quanto senza fare tutto assieme.
Eppure fondendo mente, corpo e spirito con il compito da svolgere, senza lasciarci distogliere da esso, possiamo riuscire a portare a termine con molta più tranquillità e soddisfazione tutte le cose che ci siamo prefissi, e conoscere la pace interiore che deriva dal vivere appieno il presente.
***

Alcune attività manuali possono risultare  particolarmente adatte per favorire lo stato di cui si parlava, perché tengono occupate le nostre mani e la nostra attenzione,  non ci stressano particolarmente (in quanto non implicano uno sforzo superiore alle nostre capacità), e nemmeno ci annoiano (in quanto non sono troppo semplici per noi e richiedono comunque un certo impegno per l'adozione di soluzioni e scelte personali).
Questo spiega il piacere con cui alcune persone si dedicano per hobby ad attività come l'uncinetto, il lavoro a maglia, la piccola falegnameria, il decoupage, la creazione di collane, la costruzione di modellini, e così via.
Sono piccoli lavori manuali che consentono, a chi li svolge con piacere e concentrazione, di ritrovare il proprio centro interiore, provare sollievo alla tensione e trarre soddisfazione creativa.
I lavori manuali sono così tanti e vari che ciascuno può trovare quello che più l'attrae. Qualsiasi cosa si scelga, è importante lasciare ben in vista e a portata di mano il proprio progetto, in maniera da potercisi dedicare appena si trova un momento libero. Diversamente si rischia di sprecare quello stesso momento libero per cercare il materiale necessario in fondo al ripostiglio o in cima a un mezzanino.
*** 
Anche le pulizie domestiche,  possono essere svolte con uno spirito del genere, e quasi elevate ad arte spirituale.
A questo proposito mi viene in mente un libro uscito di recente che si chiama "Manuale di pulizie di un monaco buddhista", che sicuramente conterrà qualche buona dritta in materia. 

Ecco la copertina e a seguire una citazione tratta dalla prefazione dell'autore.

"La giornata dei monaci inizia dalle pulizie: ramazziamo il giardino, puliamo il cortile, tiriamo a lucido il santuario. Non tanto perché siano effettivamente sporchi o in disordine, quanto perché tali azioni hanno il fine ultimo di eliminare dallo spirito qualsiasi ombra.»
(Shoukei Matsumoto)

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Questo mi fa venire in mente che la pensa così anche Abigail Trafford, quando dice che "le pulizie di primavera possono essere anche psicologiche, una parentesi per affrontare la confusione interiore accumulatasi nel nostro armadio mentale. ... una pausa di introspezione, un aggiustamento a metà percorso per gente comune che conduce una comune vita di stress." 

venerdì 2 novembre 2012

Sisifo e... la sesta regola della serenità

Come punizione per aver sfidato gli dei, Zeus decise che Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte. Ogni volta che avesse raggiunto la cima, il masso sarebbe rotolato  nuovamente giù e Sisifo avrebbe dovuto spingerlo nuovamente su. Così per l'eternità:
  fatica, fatica, fatica;
 un breve momento di soddisfazione;
 e poi tutto da rifare!
***
Vi ricorda qualcosa di familiare, questa storia?
Quando intorno a me, per una ragione o per l'altra, si accumula un disordine insostenibile, mi viene da chiedermi: cosa ho fatto di male per meritarmi un ripostiglio che "si disordina da sé", una scarpiera che "si disordina da sé", una scrivania che "si disordina da sé", una credenza che fa lo stesso, e pure un mezzanino, una cassettiera, un mobile delle medicine, un armadio della biancheria, una bauliera della macchina, per non parlare dell'intero garage? 
Probabilmente qualcosa di male l'avrò fatto. Per esempio potrei aver trasgredito una delle sacre regole dell'ordine in casa, che, come ci ricorda Sarah Ban Breathnach, sono del tipo:
- rimetti a posto ciò che hai tirato fuori;
- richiudi ciò che hai aperto;
- raccogli ciò che hai buttato a terra;
- appendi ciò che ti sei tolto di dosso.
Oppure potrei averle anche osservate personalmente, ma aver omesso, per esempio, di ricordarle a chi mi circonda (dimostrando comunque una qualche negligenza!).
Insomma in qualche modo è come se il disordine portasse con sé l'ombra di una colpa con la relativa punizione: "E ora metti tutto a posto!".
In versione Sisifo, la punizione suona così:
 "Ora metti tutto a posto;
 poi tornerà tutto in disordine
 e tu  metterai di nuovo tutto a posto
... nei secoli dei secoli!".
***
Giova alla nostra serenità e alla nostra creatività tutto questo?
C'è chi dice no. Ma c'è anche chi dice... sì!
Tra i sostenitori del no, ricorderei Anne Morrow Lindbergh (scrittrice e aviatrice del secolo scorso, oltre che madre di sei figli), che mise per iscritto che "le normali occupazioni della donna" (e tra queste -  ai suoi tempi - rientrava sicuramente anche il fare ordine in casa) "vanno, in generale, in senso contrario rispetto alla vita creativa, o alla vita contemplativa, o alla vita santa". 
Tra i sostenitori del sì, spicca Thomas Moore (poeta, commediografo e attore irlandese di due-tre secoli fa)  secondo il quale "le arti che pratichiamo tutti i giorni in casa sono più importanti, per l'anima, di quanto la loro semplicità possa farci credere"; e tra queste arti dovrebbero rientrare anche le riordinate domestiche (benché non si possa giurare che Thomas Moore ne facesse tante, personalmente e tutti i giorni).



Ma a parte le questioni teoriche, il problema è pratico. Se vogliamo vivere sereni dobbiamo trovare assolutamente un modo per abbracciare l'arte di riordinare, sia che ce l'abbiamo nel sangue, sia che non ce l'abbiamo. 
Perché? Perché il disordine in casa è nemico giurato della nostra serenità, ecco perché!
Sul procedere sereno di una giornata normale, influiscono anche cose banali come trovare una penna che scrive, quando serve una penna che scrive; un paio di calze sane e del colore giusto, quando servono calze sane e di quel colore; trovare un ombrello, se fuori piove;  e così le chiavi dell'automobile, quelle di casa, un cerotto, un cacciavite; ma anche semplicemente un portafoglio o la dentiera!
E' tutta roba che va trovata subito, quando serve. 
Altrimenti, grazie tante se non siamo sereni...
****
Roberto deve uscire di casa alle 8.30, per essere al lavoro alle 9.00 precise.
Sono le 8.15. E' quasi pronto, ma suona il telefono. E' la nuova collega bellissima. "Ma certo, che vengo a prenderti, Marcella. Poverina, proprio oggi che piove doveva rompersi la macchina! Dammi l'indirizzo che me lo scrivo. Aspetta: cerco una penna. Dove sarà una penna in questa casa? E' sempre stata qui. Eccola. No, questa non scrive. Sono già le 8.20, non c'è tempo di mettersi a cercare una penna. Dimmi l'indirizzo, che vedo di ricordarlo a mente.  Via Baksuy Fłiszczykowski, 2563/Q, hai detto? Benissimo! Allora, a tra poco!" 
Intanto si sono fatte le 8.22.
Converrete con me che, da questo punto in poi,  la giornata di Roberto prenderà una piega molto diversa secondo che, nei prossimi otto minuti e prima di uscire, trovi  o non trovi al loro posto tutte le cose che gli servono, tipo: calzini decenti, per sostituire quelli  spaiati che ha ai piedi; ombrello,  perché piove; chiavi di macchina e casa, per ovvie ragioni; cacciavite per sbloccare serratura inceppata; cerotto per dito tagliato sistemando serratura inceppata;  portafoglio con soldi, carte di credito e documenti; dentiera per sorridere decentemente a Marcella e al resto del mondo... e  tutto questo sempre ammesso che ricordi ancora a memoria "Via Baksuy Fłiszczykowski, 2563/Q"!
****
Bene, per oggi può bastare.
Non vorrei aggiungere altri  minacciosi dettagli sui rischi del disordine in questo blog dedicato alla serenità.
Se siete tra le rare persone capaci di vivere comunque serene, anche in una casa disordinata,  dove non si trova niente di ciò che si cerca (e, anzi, ogni tanto bisogna pure scavarsi un tunnel tra i monticelli di roba sul pavimento, per passare da una stanza all'altra), allora restatevene pure nel vostro disordine. Forse avete trovato il vostro sacro centro, l'illuminazione, e la capacità di vivere della vostra vera essenza in qualunque circostanza della vita.
Chapeau!
Se invece siete ancora a un livello dell'esistenza che non vi fa sentire per niente sereni nel vostro disordine (in cui non si trova niente e si scavano tunnel), allora - che aspettate? -  mettetevi a riordinare!
Vi scocciate di riordinare?
L'attività di riordinare in sé nuoce alla vostra serenità?
Molto bene. 
Allora... riordinate lo stesso! Vuol dire che starete bene dopo! (per un po'...)
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In realtà il discorso non sarebbe finito qui.
Ci sarebbe molto da dire sui modi in cui rendere più grata l'attività di riordinare. 
Ne parlerò  in un'altra occasione.
Dopo tutto "Creare ordine e armonia intorno a sé" è la nostra sesta regola della serenità.
E non pensavo certo di cavarmela così...

domenica 28 ottobre 2012

"Less is more", il principio del miglioramento per sottrazione applicato alla nostra vita


nella foto:  Ludwig Mies van der Rohe (Aquisgrana, 27 marzo 1886 - Chicago, 17 agosto 1969), architetto e designer tedesco.   
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"Less is more" (vale a dire “meno è più” ovvero “meno è meglio”) è un'espressione adoperata inizialmente dal poeta inglese Robert Browning, nel 1855, in un monologo intitolato Andrea del Sarto ("Well, less is more, Lucrezia") e quindi diventata celebre grazie ad uno dei massimi architetti contemporanei, il tedesco Ludwig Mies van der Rohe. "Less is more", infatti, sintetizza la poetica di questo maestro dell’architettura: un minimalismo formale a cui giungere attraverso un lavoro di sottrazione, in un processo creativo di continua ricerca della semplicità.
Come l'essenza vera della costruzione architettonica può emergere ed essere esaltata da un utilizzo di linee, colori e materiali improntato a rigore, parsimonia e coerenza, così, anche a livello esistenziale, il richiamo a valori come semplicità,  sobrietà,  linearità,  essenzialità,  eleganza,  schiettezza, sostanza può aggiungere qualità alla nostra vita.
Per aggiungere qualità, insomma, a volte occorre saper sottrarre... quantità.
E questo principio vale così in architettura come nella vita.
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Di seguito una mia nota sull'argomento, risalente a qualche anno fa.
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LESS IS MORE 

"Less is more" è una forma invisibile di successo esistenziale.
"Less is more" è il guadagno che viene dall'alleggerimento.
"Less is more" è quel di più che viene dal meno.
"Less is more" è coerente con il principio per cui ciò che è pieno va svuotato e ciò che è vuoto va riempito.
"Less is more" è il percorso che porta all'essenza delle cose.

Semplici esperienze di "less is more" sono alla portata di tutti.

I primi più banali gradini sono i seguenti risultati e il senso di alleggerimento che ne traiamo:
meno cianfrusaglie nei cassetti; meno soprammobili sopra i mobili; meno quadri alle pareti; meno polvere tutt'intorno; meno grassi in ottime pietanze; meno chili sulla nostra bilancia; meno scadenze nell'agenda; meno pensieri per la testa; meno rapporti formali; meno spese di rappresentanza; meno visibilità; meno telefono e meno televisione; meno carte inutili; meno vuoti a perdere...
Questo elenco non è esaustivo e non è nemmeno una formula universale. Infatti il meno è una qualità aggiuntiva solo in presenza di un troppo. E anche il troppo è un paramentro variabile e soggettivo.
In una casa con un solo quadro, per esempio, potrebbe non esserci guadagno a togliere un quadro, cosa che diversamente potrebbe essere un vantaggio in una casa talmente piena di quadri da non poterne contenere altri (magari anche più belli). Al tempo stesso anche la casa con un solo quadro potrebbe trarre vantaggio da un quadro in meno, ove questo risultasse tremendamente brutto o opprimente per chi vive la casa.
E così per le altre cose: il peso, il telefono, la visibilità ecc.
Ognuno di noi ha le sue aree sature da alleggerire e quelle vuote da riempire.
Ma l'idea che in ogni settore (economico, alimentare, sociale, estetico, botanico, sessuale, ecc.) l'accumulo porti all'arricchimento crescente, rende sfuggevole il concetto per cui, raggiunto il punto di saturazione, la via dell'arricchimento svolta verso lo sfoltimento.
Less is more vuol dire potare con sapienza ciò che va potato... per avere una meravigliosa fioritura.

Less is more non ha un significato equivalente al detto "il troppo storpia", perché questo detto ha una valenza più statica e negativa. Less is more è invece un concetto dinamico: implica un movimento verso l'accumulare, il riempire, il saturare e quindi un movimento inverso verso lo sfoltire, l'alleggerire, il vuotare, che proprio dal movimento precedente trae senso.
Ciò a ben vedere vale anche per questa nota in sé e per sé.
Arrivati a questo punto di questa nota, infatti, si potrebbe ben dire che tutte le parole fin qui usate sono "troppe" e che possono essere cancellate quasi tutte, perché ormai tra noi basta dirci "LESS IS MORE" per riassumere l'intero discorso.
Eppure... è solo grazie all'accumulo di così tante parole che questa lunga nota ha raggiunto il suo scopo: ha espresso ciò che intendeva esprimere.
Non sarebbe stato lo stesso dire sin dal principio solo e semplicemente "less is more".
Perché è solo qui, alla fine del discorso, raggiunta la saturazione, che tante parole non servono più.
Ed è da questo punto in poi che, se avremo condiviso il concetto, trarremo vantaggio dal cancellare tutto il discorso e salvarne solo... le prime tre parole.

domenica 21 ottobre 2012

Nutrire la serenità attraverso i sensi. Idee regalo per la nostra vista

I sensi ci forniscono informazioni preziose sull'ambiente in cui viviamo, ci dicono che forma/colore/dimensione hanno le cose, che rumore fanno, quanto sono morbide/dure/ruvide/lisce/calde/fredde, di cosa odorano, di cosa sanno.
Il nostro cervello elabora queste informazioni e a un certo punto sentenzia: "Mi piace", "Non mi piace", "Insomma...". Cose così.

Il fatto che ciò che i nostri sensi percepiscono ci risulti gradevole o sgradevole, non è ininfluente rispetto al nostro "star bene". A volte può influire meno, a volte di più.

A volte, come si dice, noi non siamo "connessi", non  facciamo caso a ciò che abbiamo davanti agli occhi, sotto il naso o nelle orecchie: non ne siamo pienamente consapevoli. 

Siamo talmente altrove con l'attenzione da non accorgerci della differenza tra ciò che ci piace e ciò che non ci piace in ciascun momento della nostra vita, e quindi neanche della differenza tra ciò che contribuisce a farci sentire bene e ciò che contribuisce a farci sentire male. 

Questo può capitare con tutti i sensi.
Oggi, in particolare, faremo due chiacchiere riguardo alla vista.  



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C'è un racconto di Michel Faber  in cui una venditrice si reca a casa di una donna per offrirle un’alternativa alle solite finestre Per darle una dimostrazione, installa a ridosso  di una di queste uno schermo dotato di telecomando. Quando la donna lo accende per provarlo, vede dalla sua finestra, al posto del solito paesaggio squallido cui è abituata, un bel giardino di campagna, pieno di verde e  pace, con tanto di passerotti che svolazzano qua e là.

La venditrice le spiega che ciò che sta vedendo non è un video registrato, bensì un programma satellitare che riprende in diretta un parco  nel Rochester;  la signora resta talmente affascinata da quel nuovo magico panorama,  che l'affare si conclude su due piedi.

Il racconto si intitola "Gli occhi dell'anima", alludendo a ciò che sostiene la venditrice per promuovere il prodotto: che le finestre, cioè, sono gli occhi dell'anima

Ora, parafrasando Michel Faber, mi verrebbe da dire che i nostri stessi occhi sono come finestre. E - perché no? - proprio finestre dell'anima! 
Ovunque io posi lo sguardo, qualcosa mi entra "dentro".
Può essere un bel panorama o la vista di un gatto morto.

Fa qualche differenza vedere una cosa o l'altra? Direi proprio di sì.
Se vogliamo coltivare la serenità del nostro spirito, dobbiamo tener conto anche della qualità del nutrimento che assumiamo attraverso la vista.
Poter posare lo sguardo su una cosa che ci piace - anche una cosa semplice, come una rosa fresca che abbiamo colto in terrazza, la fotografia della persona amata o dei nostri figli, un biglietto d'auguri con una bella immagine - è una piccola iniezione di positività che ci giova sempre e che può  anche amorevolmente soccorrerci nei momenti di... bisogno.

Pensate, per esempio, a quando ricevete una telefonata pesante a cui non potete sottrarvi. Dove posate lo sguardo per consolarvi? Non so voi, ma io vado diritta sulla cosa più bella che ho intorno, e ristoro lo spirito almeno attraverso gli occhi, visto che me lo stanno martoriando attraverso l'udito. Il mio udito mi sta suggerendo un pensiero del tipo: "il mondo non mi piace"; la mia vista lo compensa suggerendomi un pensiero di segno opposto: "il mondo mi piace". 

Del resto non sarà un caso che, soprattutto un tempo, molte persone mettessero sulle scrivanie le foto dei propri figli o dell'amato coniuge. Allo stesso modo non è un caso che in molti ambienti si usi attaccare quadri alle pareti o che ci siano immagini di ogni tipo sui calendari, quasi a voler soddisfare il bisogno di qualcosa di bello per ogni giorno dell'anno.

L'elenco degli esempi sarebbe infinito e mi fermo qui.
Potete fermarvi qui anche voi, se volete, e cominciare a fare più attenzione alla qualità dei vostri paesaggi abituali, migliorandola nei limiti del possibile e ricordando sempre che anche piccoli cambiamenti su questo fronte possono aggiungere qualcosa alla qualità della vostra vita; oppure potete proseguire nella lettura, nel  caso abbiate voglia oggi di fare un un bel regalo alla vostra vista e alla vostra anima  e siate in cerca di ispirazione. 

Dopo tutto questo blog nasce proprio con l'idea di elargire ispirazioni per migliorare la qualità della vita. 
E tranquilli... nessuno cercherà di vendervi una finestra!

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Idee regalo per la nostra vista.

Oggi passa in rassegna le cose su cui puoi posare lo sguardo, quando sei nei luoghi dove passi abitualmente le tue ore (il tuo ufficio, il tuo laboratorio, la tua cucina, il tuo soggiorno, la tua camera da letto, addirittura il tuo bagno!).

Sono cose che ti piacciono quando le guardi? Ti sollevano lo spirito? Ti ricordano rapidamente (e senza ombra di dubbio) che al mondo c'è anche gioia e bellezza? O sono per lo più cose che non ti dicono niente, che magari addirittura detesti e che stanno lì , continuamente davanti ai tuoi occhi, non si sa bene perché, come un qualunque incidente della vita?

Magari è roba che quando l'hai messa lì ti piaceva, e ora non ti piace più.
Magari è un regalo che ti hanno fatto al matrimonio o tre Natali fa,  o anche una cosa che mettesti lì un tempo senza tanta convinzione, solo perché l'ambiente ti sembrava sguarnito, e ce l'hai lasciata. 

Bene.
Tra tutte le cose che hai sempre sotto gli occhi e che non ti piacciono, distingui quelle utili e necessarie da quelle inutili e non necessarie. Quindi prendi carta e penna e scrivi in stampatello in cima a un bel foglio la seguente frase:
"Ecco come mi libererò delle cose brutte e inutili che tengo continuamente davanti agli occhi".

A seguire, compilerai un bell'elenco di tutte queste cose e per ciascuna di esse stabilirai che tipo di "viaggio" hai in programma per lei (la collocherai in garage, la darai in beneficenza,  la venderai al mercatino dell'usato, la butterai nella spazzatura). Quindi ce lo scrivi accanto.

Poi prenderai delle scatole (o, se preferisci, delle buste), scriverai su ciascuna una destinazione  (garage, beneficenza, mercatino, spazzatura) e - senza pietà - metterai... ciascun viaggiatore sul suo treno! Cioè metterai ogni cosa brutta e inutile nella scatola che le spetta, quella con la sua destinazione,  foss'anche semplicemente il garage.

Se per disfarti di alcune di queste cose ritieni di aver bisogno di tempo (perché per esempio vuoi approfittare di un'asta natalizia o di una fiera o di un'altra qualunque occasione, o semplicemente vuoi riflettere prima di liberartene per sempre), comincia a metterle comunque nella loro scatola, e trova il modo di ricordarti alla scadenza di portare la scatola a destinazione. Le agende degli appuntamenti serviranno pure a qualcosa: puoi scriverci di ricordarti di qualche scatola in partenza, ma anche come (e quando) ti libererai delle cose brutte e inutili che non possono entrare nelle scatole. 

Fino a che il lavoro non sarà giunto a buon fine, conserva l'elenco e tienilo a portata di mano, come memorandum. Ma dopo liberati anche di quello e non pensarci più! 

Bene.
Già dopo il semplice rituale dell'inscatolamento, ti accorgerai che per ogni cosa brutta/inutile di cui ti sei liberato, avrai creato un bello spazio vuoto.
Rispettalo.
Questo spazio liberato, già di per sé, ha un valore.
Non aver fretta di riempirlo con la prima cosa che capita.
Altrimenti, a quel punto, tanto valeva tenersi il vecchio ciarpame!

Aspetta che arrivi la cosa "giusta", quella che quando ci posi sopra lo sguardo ti faccia sentire bene.
Nel frattempo, ogni volta che capita, posa lo sguardo sulle cose belle che già possiedi, e che magari prima erano sopraffatte dall'ingombro di tutto il resto e nascoste chissà dove.

Metti anche a portata di sguardo qualcosa di bello ed effimero, che puoi cambiare quando vuoi, come un bellissimo salvaschermo o un bellissimo sfondo per il desktop, qualche  fiore reciso, una bella foderina di una rivista, una cartolina che ti fa sognare terre lontane,  penne e matite un po' allegre,  e cose così.

Prima o poi, senza fretta, verrà anche il tempo della foto più bella della tua vita, della statuina fascinosa, della fontana zen, del quadro che ti toglie il fiato, dell'oggetto dal fascino antico. Tutte benedizione per i tuoi occhi e per il tuo spirito, che non sempre puoi ottenere a comando.

Bisogna dar loro il tempo di arrivare e, quando arrivano, onorarne l'importanza che hanno per  la tua vista e per il tuo spirito, accogliendole in quello spazio vuoto che hai preservato e rispettato fino a quel momento e che stava aspettando proprio loro.  

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