Visualizzazione post con etichetta essere in sintonia con la natura e le creature viventi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta essere in sintonia con la natura e le creature viventi. Mostra tutti i post

martedì 25 ottobre 2022

Fiducia, amicizia, silenzio e poche preziose parole. Storia di una camminata nel bosco



In questo periodo ho un braccio ingessato e sono un po' limitata nell'autonomia degli spostamenti. Non posso guidare e mi stanco  facilmente quando mi spingo a piedi oltre un certo raggio da casa. 
Questo mi ha privata del grande piacere di andarmene a camminare ogni tanto da sola in silenzio nel bosco, cosa che mi fa così bene da poter quasi dire che mi fa male non andarci.

Domenica scorsa, una mia cara amica ha deciso di farmi un bel regalo e di accompagnarmi con la sua automobile fino al bosco più vicino.
Lei è un'amante del mare, lo so.  Per cui so anche che mi ha fatto un regalo da vera amica - un'amica attenta ai miei bisogni - optando per il bosco anziché per il mare, per una gita insieme.
Gliene sono stata davvero grata.  
Ma... c'era un "ma". 
Perché il regalo fosse per me un "vero" regalo, doveva essere accompagnato anche da un altro dono: il dono del silenzio. Ma come dire una cosa del genere a una persona senza rischiare di urtare la sua sensibilità?
Insomma... non solo usciamo con la sua macchina, non solo si va dove piace a me, anziché dove piace a lei, ma poi si deve pure stare in silenzio? So di amicizie che hanno cominciato a scricchiolare per molto meno.

Ho fatto un respiro. 
Per qualche motivo mi è tornata alla mente la pratica del luogo sicuro e una domanda che a volte si pone in accompagnamento a questa pratica, e cioè: quali persone sono ammesse nel vostro "luogo sicuro"?
Come a dire, se c'è un luogo (reale o immaginario) il cui solo pensiero vi rasserena, vi rassicura, vi fa sentire liberi e in pace, quali persone potrebbero stare lì con voi senza che il luogo perda queste sue proprietà benefiche?

Mi sono concessa allora di tornare per un momento con la mente in qualche bosco amico, luogo di libertà e di pace. 
Ogni presenza di tipo vegetale che si presentava alla scena era in piena sintonia con l'influsso benefico del bosco (i grandi alberi, le felci, i ciclamini, ogni filo d'erba, ogni foglia secca). 
Anche alcune presenze animali (il canto degli uccelli, la corsa di una lucertola, il volo di una farfalla). 
E presenze umane? Ma sì, nei boschi reali ho incrociato tante volte altre persone, a volte ci sono proprio andata con altre persone. La questione che fa la differenza quando c'è qualcun altro con me è se stiamo realmente nello stesso posto, con la mente, con il corpo, col cuore.

Una volta, camminando da sola, ho incrociato una donna della mia età con lo sguardo pieno di luce che mi ha chiesto:
«Come si sta qua?». 
Io le ho risposto: «Una meraviglia». 
Lei ha fatto cenno di sì con la testa e ha detto: «Quando vengo qua, poi torno a casa con il cuore pieno di pace». 
«È così anche per me», ho ribattuto io. 
Ci siamo scambiate un sorriso. Eravamo davvero nello stesso posto e l'esperienza ci accomunava profondamente. Con poche parole ci eravamo dette tutto e potevamo anche proseguire ognuna per conto suo.

Una volta ci sono andata in compagnia di gente esperta, che ha interrotto in tutto o in parte la magìa del luogo con raffiche di notizie storiche e dati scientifici, utilissimi certamente per catalogare, raccontare, informare il visitatore sul perché e il per come dei fenomeni della natura, ma che non consentivano l'ascolto dell'anima del bosco, che è potente ma parla a bassa voce.

Una volta c'era una pioggia leggera ed era un giorno feriale, e questo sussurrare gentile era amplificato dal suono delle gocce d'acqua che giocavano con ogni singola foglia. Uno dei custodi del luogo, in piena sintonia con questa musica, mi ha detto poche precise parole che mi hanno aiutata a comprendere il luogo più in profondità. Giardino contemplativo, ogni scorcio come un quadro, profumo dell'albero della canfora. Avrei aggiunto: riflesso di Dio in ogni goccia d'acqua. Ma l'ho tenuto per me. Per l'intimità dei miei occhi. Per godermi la pienezza del non detto.

Mi sono ricordata che queste mie passeggiate sono iniziate in un periodo in cui il mio medico di base dell'epoca (che ora è andato in pensione) mi aveva suggerito caldamente di mettermi a camminare per motivi di salute ed io lo avevo preso in parola, con  risultati sorprendenti.
Chi passa in automobile per la strada in cui abito, è facile che mi veda camminare da sola, con l'aria di una che non va da nessuna parte ma cammina per camminare. Anche il dottore mi vedeva e mi diceva: 
«Se tutti i miei pazienti mi ascoltassero e camminassero come fa lei...»
Il dottore era appassionato di varie cose che appassionavano anche me, per cui bastò poco per arrivare a parlare tra noi degli effetti benefici della camminata anche sulla mente e sullo spirito, oltre che sul corpo.
E di lì a parlare del valore del silenzio durante la camminata il passo fu breve. Allora si parlò di camminata consapevole senza che io mi rivelassi per istruttrice di una simile pratica, intesa come pratica di mindfulness, perché mi stavo godendo con lui il piacere di parlarne come esperienza umana preziosa in sé e per sé. 
E il dottore allora mi sorprese, perché mi disse: «Magnifica la camminata consapevole! L'ha mai fatta a marcia indietro?».
Cavoli... era un intenditore, il dottore. Infatti aggiunse: «Eh... è una bella prova di fiducia».
Avrebbe potuto anche dire: «di fiducia e di coraggio», ma alla fine non ce n'era bisogno. Sapevamo entrambi che, superata l'età dell'innocenza, la fiducia stessa molte volte può essere considerata una prova di coraggio.
Non ci addentrammo oltre sulla questione fiducia (fiducia in che, fiducia in chi) perché la nostra attenzione atterrò presto sulla strada di casa mia, che poi era anche la strada del suo ambulatorio.
Farla a marcia indietro avrebbe significato davvero andare in cerca di guai, con tutte le sorprese che riservano i marciapiedi.
Non basta che una via ci sia familiare per chiudere gli occhi alle sue insidie. 
La camminata all'indietro richiedeva luoghi più sicuri.

L'amica che domenica scorsa mi ha portata nel bosco era una delle persone che in passato, sfrecciando in macchina, mi avevano vista  camminare per strada con l'aria di chi cammina per camminare.
Ci conoscevamo, ma ci eravamo perse di vista da molti anni.
Un giorno mi mandò un messaggio che diceva: 
«Ti ho vista camminare da sola. Posso aggregarmi in silenzio?». Risposi di sì. E così cominciammo a camminare insieme ed andammo insieme anche nel bosco ogni tanto, e anche al mare.
Solo che è una persona molto simpatica e interessante, non ci vedevamo da secoli, ne avevamo passate di tutti i colori in tanti anni. Avevamo proprio tanto tantissimo da raccontarci.
Avevo ritrovato un'amica ma forse stavo perdendo la mia compagna di camminate.

Ho deciso allora di puntare su un atto di fiducia: avrei confessato il mio bisogno di natura e di silenzio alla mia amica, confidando nel fatto che mi avrebbe capita.
«Ho bisogno di natura e silenzio», ho scritto.
«Anch'io, uguale uguale», ha risposto.
Ed è stata una magnifica mattinata di ritorno alla terra, agli alberi, ai ciclamini, alle farfalle, ai giochi di luce tra le foglie fruscianti e al respiro di vita della natura, insieme anche ai moscerini, alle vespe e a qualche tronco secco da scavalcare. 

Non abbiamo parlato mai mai?
Sarebbe una bugia dire questo. Ma sicuramente ci sono state solo poche vere preziose parole, in sintonia con l'anima del luogo. 

Tra due grossi lecci correva a un certo punto una lunga zona di prato.
L'abbiamo scelta per una passeggiata consapevole a piedi scalzi da un albero all'altro.
L'erba era umida. Una bellezza. C'era pure qualche buca.
La mia amica dice: 
«Mi piace non guardare a terra e fidarmi di ciò che sento sotto i piedi».
Le sono grata per queste parole.
Questo intendo per poche vere preziose parole, in sintonia con l'anima benefica del luogo.
Il cuore e la mente stanno tornando sulla fiducia. Mi posso fidare di ciò che sentono i miei piedi, mi posso fidare di ciò che sento anche se non vedo bene la strada. 

Quando siamo arrivate al leccio che avevamo di fronte, ho proposto di tornare al leccio che avevamo alle spalle senza voltarci, a marcia indietro, come diceva il dottore.
Non vedere la strada che stai percorrendo, non vedere il punto verso cui stai andando.
Siamo nel luogo sicuro, ma quanto sicuro? Le buche ci sono, io ho un braccio ingessato. Nell'aria vespe e nugoli di moscerini. Magari nell'erba qualcosa. 
Si va? Si va. Fidandoci di ciò che sentiamo, passo dopo passo, sotto i piedi, nelle orecchie, in qualche luogo tra corpo e mente che ci dà direzione e senso, anche se non sappiamo come funziona.

Abbiamo andature diverse.
A me piace assaporare ogni tanto anche la sosta e indugiare con l'attenzione nelle sensazioni del corpo da fermo.
Lo sguardo in una di queste soste si posa sul piccolo sentiero che c'è tra il leccio che ho di fronte, da cui mi sto allontanando,  e i miei piedi. 
Prima non c'era. È il segno del mio passaggio.
Non me ne sarei mai accorta se non avessi camminato all'indietro. 
Mi torna in mente la poesia Camminare di Antonio Machado: «Viandante non esiste il sentiero, il sentiero si fa camminando…». Ancora una volta poche preziose parole, in sintonia con l'anima del luogo.

La voce della mia amica alle mie spalle intanto dice: «Un passo a sinistra».
Mi fido e faccio un passo a sinistra.
«Un altro passo a sinistra».
Faccio un altro passo a sinistra. 
Mi piace questo seguire senza domandare,  mi piace assaporare questo stato interno di fiducia, riconoscerlo, sentire com'è fatto e come agisce sul corpo, sulla mente, sul cuore.
«Ancora un altro passo a sinistra e poi basta».
Eseguo in silenzio. 
C'è gratitudine. C'è la sicurezza di un buon motivo dietro queste istruzioni.
Proseguo la camminata all'indietro.
Alla mia destra compare la grossa buca che ho appena scansato, grazie ai tre passi a sinistra suggeriti dalla mia amica.

Il mio sentiero nell'erba non è più diritto, ora. Si nota la deviazione prima della buca.
Il mio luogo sicuro non era poi così sicuro, evidentemente.
Alla fine ciò che lo ha reso davvero sicuro è stata proprio la presenza di una persona amica, che era realmente con me... e ha visto una buca che io da sola non potevo vedere.

Una persona di cui potersi fidare anche perché capace di riconoscere il punto di equilibrio tra prezioso silenzio e preziose parole.
Che poi, alla fine, è ciò fa la differenza tra il silenzio che isola le persone e il silenzio che le unisce.










martedì 20 giugno 2017

Essere in sintonia con la natura e le creature viventi. Prima chiacchierata in giardino con Maria Damiani: l'albero del cotone

Essere in sintonia con la natura e le creature viventi, come qualcuno ricorderà, è una delle nostre  cosiddette  regole d'oro della serenità, cioè uno dei motivi ispiratori di questo blog sin dal giorno della sua nascita.
Per onorare questo principio, oggi andremo in un giardino molto speciale a Meta di Sorrento dove Maria Damiani, agronoma e architetto di giardini, ha accettato di parlare dell'anima delle sue bellissime piante.  
In questo giardino un po' magico è possibile anche fermarsi a dormire, negli alloggi del delizioso B&B La gallina felice.
Il video di oggi contiene la prima di una serie di chiacchierate con Maria che verranno pubblicate su questo blog un po' alla volta, offrendo a chi ci segue la possibilità di sbirciare di tanto in tanto dietro il muro di cinta di questo piccolo paradiso (o piccola giungla, come l'ha definita qualcuno) e sentirsi un po' là a respirare aria buona, ad ascoltare le storie di Maria e a ritemprare mente e cuore.
L'argomento di oggi è "L'albero del cotone"...

Probabilmente, per via delle sue spine, l'albero del cotone si presta meno di altri alle pratiche "tattili", tipo l'abbraccio d'albero o anche un semplice sfioramento, ma può offrire sicuramente nuove metafore e nuovi spunti a chi sta bene con gli alberi anche solo  per contemplarli, ispirarsi, meditare. 
***


*





*

martedì 7 febbraio 2017

Meditazione dell'albero. Traccia audio

Già altre volte su questo blog ho dedicato uno spazio agli alberi e alla possibilità di incontrarli come fonte di ispirazione e saggezza. Nei vari post con l'etichetta  meditazioni nella natura, si parla già della meditazione dell'albero.
Questa può essere praticata in molti modi: all'aperto o al chiuso, con o senza la presenza di un albero vero, per pochi minuti o per più tempo.
Oggi vi propongo una traccia audio che guida la meditazione dell'albero per circa 30 minuti.
In versione ridotta, questa pratica viene proposta anche nel protocollo di Mindfulness Psicosomatica dei Progetti Gaia, Benessere Globale-Gaia e Gaia-Kirone.
Una volta appresa, la meditazione dell'albero può essere eseguita in pochi minuti anche nella vita di tutti i giorni ed aiutarci a fronteggiare meglio i momenti di  difficoltà o semplicemente la realtà del mondo di cui facciamo parte, così com'è.
E' una pratica "portatile", a cui possiamo ricorrere in qualunque momento per sentirci radicati, pienamente presenti nel corpo, vivi, ancorati al nostro respiro e con i sensi aperti all'esperienza del momento. A partire da questa connessione con noi stessi e con la realtà, possiamo mantenerci fedeli ai nostri valori, fare scelte consapevoli e anche coltivare alcune attitudini mentali salutari che gli alberi stessi, con le loro qualità, sembrano suggerirci
***
Ecco a seguire la traccia audio, che potete trovare anche collegandovi direttamente al canale YouTube al link:
https://www.youtube.com/watch?v=WBJaRObmDTI
***

   



lunedì 8 giugno 2015

Citazioni sull'armonia (con se stessi, con gli altri, con la natura, con l'universo)


"... l'armonia con se stessi significa saper ascoltare e soddisfare in modo equilibrato i diversi (e spesso antagonistici) bisogni provenienti da tutte le dimensioni del nostro essere, difatti è proprio quando ne riconosciamo solo alcuni e trascuriamo o, peggio, neghiamo gli altri, che creiamo squilibrio, e quindi malessere, sofferenza, malattia. Per fare un esempio, crea sofferenza (sia fisica che psicologica) il privilegiare troppo la dimensione mentale a scapito di quella corporea ed emozionale, oppure l'incentrarsi troppo sui bisogni materiali trascurando quelli affettivi o spirituali. La via maestra che conduce alla qualità della vita, al benessere, alla salute, non è nella mente, ma neppure nel corpo o nello spirito o nelle emozioni, bensì in un armonico equilibrio tra queste dimensioni; ognuna di esse è solo una parte dell'essere, e se una parte - quale che sia - prende il sopravvento sul tutto non può che derivarne sofferenza."  (Enrico Cheli)
***
"L'armonia è un altro volto del bene." (Gianfranco Ravasi)
***
"La virtù, la sanità fisica, ogni bene e la divinità sono armonia: perciò anche l'universo è costituito secondo armonia. Anche l'amicizia è uguaglianza armonica." (Pitagora)
***
"Non è armonia e concordia dove è unità, dove un essere vuol assorbir tutto l'essere; ma dove è ordine et analogia di cose diverse; dove ogni cosa serva la sua natura." (Giordano Bruno) 
***
"Perché, senza che vi fosse la necessità di spiegarselo a chiare lettere e senza che ciò causasse alcun senso di autocompiacimento, egli sapeva che la sua vita già possedeva un innato equilibrio, quel tipo di armonia a inseguire la quale altri sembravano passare la maggior parte della loro esistenza. Non gli veniva in mente che quel dono potesse essere qualcosa di speciale. Si sentiva semplicemente parte di un disegno, di un'unione di elementi animati e inanimati, cui lo collegavano sia lo spirito che la carne." (Nicholas Evans) 
***
“La tua salute non è altro che essere in armonia con la Natura.” (Osho)
***
“Trovare una nuova armonia con la natura, rientrarvi in connessione profonda, significa crescere e curare al contempo noi stessi e il pianeta in cui viviamo”. (Stefano Fusi)

martedì 18 novembre 2014

Ritrovare se stessi nell'orto o in giardino - Pensieri di Pia Pera e Clarissa Pinkola Estés


"Sarà poi vero che l'orto fa bene?
Vediamo.
Una giornata di irrequietezza, sono nervosa e distratta, non riesco a concentrarmi su nulla. Nemmeno so cosa voglio. Mi sento scontenta. Quasi non so cosa ci faccio al mondo.
Prendo la via dell'orto.
Questo vuol dire: legarsi alla cintola il fodero con le cesoie, attraversare il giardino, strada facendo tagliare un rametto secco, già che ci sono passare dal frutteto a vedere se le more di gelso sono mature. Sì, le prime: belle nere, così sugose che quando le stacco per mettermele in bocca mi tingono le dita.
Già solo a mangiare le more mi sono scordata del mio malumore. Quando arrivo nell'orto non so più nemmeno perché ci sono venuta. Mi guardo intorno. Uh, i pomodori sono cresciuti, vanno legati alla canna sennò col vento si spezzano, e poi diventano tutti un intrico. Le zucchine hanno sete. Il basilico va cimato, magari ci faccio un pesto.
Traffico tra le piante e loro mi dicono perché sono qui: hai noi da accudire. Prenditi cura di noi, ricambieremo con un invito a pranzo. Ti daremo il meglio di noi.
E' già qualcosa. Non sarà ancora del tutto chiaro, cosa ci faccio al mondo, ma da questo suo frammento una risposta incoraggiante mi arriva. Mi sento meno sgomenta.
Bello, il semplice essere qui. Come sarebbe triste, non esserci affatto!
Torno a casa col cestino pieno di cose buone. Il vento ha soffiato via le nubi, vedo l'azzurro del cielo."
(Pia Pera, Giardino & Ortoterapia)
***
"Talvolta, per avvicinare una donna alla natura Vita/Morte/Vita, la invito a curare un giardino, sia esso un giardino psichico o uno con fango, sporcizia, verde, e tutto ciò che circonda e aiuta e assale. Diciamo che rappresenta la psiche selvaggia. Il giardino è un collegamento concreto con la vita e con la morte. Si potrebbe dire che esiste addirittura una religione del giardino, poiché insegna profonde lezioni psicologiche e spirituali. Tutto ciò che può accadere a un giardino può accadere all'anima e alla psiche - troppa acqua, troppo poca, cimici, caldo, tempesta, inondazione, invasione, miracoli, morte, rinascita, grazia, guarigione.
Mentre curano il giardino, le donne tengono un diario, su cui registrano i segni di vita e di morte. Nel giardino ci esercitiamo a lasciar vivere e morire pensieri, idee, preferenze, desideri e perfino amori. Piantiamo, strappiamo, seppelliamo. Dissecchiamo i semi, li seminiamo, li sosteniamo.
Il giardino è un esercizio di meditazione, per capire quando è tempo per alcunché di morire. In giardino si vede arrivare il tempo del godimento e quello della morte. In giardino ci si muove con e non contro le inspirazioni e le espirazioni della più grande Natura selvaggia.
Mediante questa meditazione, riconosciamo che il ciclo Vita/Morte/Vita è naturale.  [...] In questo processo diveniamo come il selvaggio ciclico. Abbiamo la capacità di infondere energia e rafforzare la vita, e di non interferire con quel che muore."
(Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi)
***

"La solitudine del giardino non è isolamento.Tutt'altro.
Tra le piante, prendendosi cura di loro, si intrecciano fili invisibili che permettono di sentirsi connessi alla rete della vita."
(Pia Pera, Giardino & Ortoterapia)

***
(Tutte le immagini di questo post riproducono opere di Jennifer Knauss)
***
Link collegati:
Seguimi anche su Google+  (...e in caso di difficoltà, clicca qui per istruzioni)

domenica 16 febbraio 2014

I bambini s'incontrano - poesia di Rabindranath Tagore


I bambini s'incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Sopra di loro il cielo è immobile
nella sua immensità
ma l'acqua del mare che non conosce riposo
si agita tempestosa.
I bambini s'incontrano con grida e danze
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Costruiscono castelli di sabbia 
e giocano con conchiglie vuote.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sulla superficie ampia del mare.
I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi.
Non sanno nuotare 
né sanno gettare le reti.
I pescatori di perle si tuffano per cercare
i mercanti navigano sulle loro navi
i bambini raccolgono sassolini
e poi li gettano di nuovo nel mare.
Non cercano tesori nascosti
non sanno gettare le reti.
Ride il mare increspandosi
ride la spiaggia luccicando pallidamente.
Le onde portatrici di morte
cantano ai bambini cantilene senza senso
come fa la madre
quando dondola la culla del suo bimbo.
Il mare gioca con i bambini
e la spiaggia ride luccicando pallidamente.
I bambini s'incontrano
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Nel cielo senza sentieri vaga la tempesta
nel mare senza sentieri naufragano le navi
la morte è in giro e i bambini giocano.
Sulla spiaggia di mondi sconfinati
c'è un grande convegno di bambini.

***



martedì 10 settembre 2013

Coltivare la terra per coltivare la felicità

Qualche anno fa mi capitò tra le mani un bel libricino dal titolo "Giardino & Ortoterapia - Coltivare la terra per coltivare la felicità", che già dalla copertina cominciò a trasmettermi un senso di pace. All'epoca mi interessavo di terapia occupazionale e quel libro mi fece venir voglia di spingermi (proprio letteralmente) sul terreno della terapia orticolturale, che dopo tutto è una delle possibili declinazioni della terapia occupazionale.
Così, quando mio marito, di lì a poco, mi chiese cosa desiderassi come regalo per una certa importante ricorrenza, non ebbi alcun dubbio sulla risposta: non una festa, non un oggetto, e nemmeno un viaggio turistico. Il regalo desiderato (e anche ricevuto, per la verità) era un corso professionale di terapia orticolturale presso la Scuola Agraria del Parco di Monza! Immersa nella bellezza del Parco, giorno e notte, assieme ad altri che come me erano approdati alla coltivazione della terra nell'intento di coltivare con essa anche un po' sé stessi, ho verificato di persona quanto nutrimento, non solo per la tavola ma anche per lo spirito, si possa  trarre dal lavoro nella terra, sia che si tratti della cura di un orto, sia che si tratti della cura di un giardino. 
E questo senza contare la magia, durante le pause, di mangiare seduti in un prato, di sostare all'ombra di una quercia, di annusare i profumi dei fiori, o di cogliere i giochi di luce tra le foglie. Il che non è soltanto poetico, ma ha anche effetti terapeutici. Tant'è che si parla, in questo caso, di "terapia orticolturale riflessa": perché anche semplicemente starci, nella natura, senza far niente, se non osservarla e percepirla con tutti i sensi, può fare molto bene, può fornire utili stimoli sensoriali ed emotivi, tenere desta l'attenzione, dare un po' di ristoro ad uno spirito afflitto e un po' di pace ad un animo inquieto...
***
Ed ora un pensiero tratto dal libro di cui vi ho parlato.
"C'è chi ritiene che orto e giardino implichino filosofie e temperamenti assai diversi tra loro. Innegabile. Il giardino ispira la contemplazione, lì possiamo anche non preoccuparci di ottenere risultati ben precisi. Le piante saranno viste come forme, colori, profumi; lì si pota ma non si va a prendere cosa mettere a tavola. L'orto comporta invece tabelle di lavoro, momenti precisi per la semina, l'irrigazione, il raccolto. Nel giardino ci si può rilassare, sentirsi spensierati e in comunione tranquilla con quanto ci circonda; nell'orto occorre vigilare, avvertire la tensione tra il progetto dell'uomo e la spontaneità della natura.
La tanto millantata separazione tra orto e giardino ha tuttavia senso fino a un certo punto. Se nell'orto si va a lavorare, ci vorrà pure un giardino per pensare a quanto è stato fatto, a quanto resta da fare. Non cura un bel niente l'orto da solo , nella sua nuda essenza, senza la piacevole compagnia di fiori e cespugli e grappoli d'uva e osmanti fragranti e canto di uccelli e api che ronzano inebriate di polline.
Quella che guarisce davvero è la consapevolezza di prendersi cura dell'orto/giardino ritagliando intanto, non importa quanto piccolo, non importa quanto visibile a pochi, un angolo di bellezza nel mondo." 
(Pia Pera, da "Giardino & Ortoterapia - Coltivando la terra si coltiva anche la felicità)
 In questa foto: scorcio dei giardini del Priorato di  Notre Dame d'Orsan
Orto-Aromatico con le canestre di zucche e alle sue spalle la collezione di rose del Giardino di Maria
***
"Se vuoi essere felice tutta la vita,
 fa' il giardiniere."
(proverbio cinese)
***

Per saperne di più sui benefici dell'ortoterapia come forma di terapia occupazionale, clicca qui,
Per saperne di più sull'ortoterapia riflessa e i giardini che curano clicca qui

(Infine ci sarebbe questa foto
che non è un'inserzione pubblicitaria:
 è solo un libro che vi consiglio!)
***

domenica 1 settembre 2013

Se fossi un albero... Nuove ispirazioni per le meditazioni nella natura

A novembre dell'anno scorso, ho già accennato alla possibilità di trarre ispirazioni positive dal nostro  rapporto con gli alberi ed ho suggerito anche una piccola meditazione per chi avesse avuto voglia di cimentarsi in una cosa così (clicca qui).
Oggi voglio portare la vostra attenzione sulle specifiche caratteristiche di ciascun albero, che - risultando più o meno attraenti per ciascuno di noi - possono essere fonte di nuove ispirazioni, a volte molto soggettive e personali, altre volte più comuni e condivisibili.
Uno spunto iniziale potrebbe essere porsi la domanda: "Se potessi rinascere albero, quale albero vorrei essere e perché?"
E una volta trovata una risposta, tipo: "Vorrei essere il tale albero, perché evoca in me l'idea delle seguenti qualità", magari valutare se sia proprio necessario aspettare di... rinascere albero per far entrare nella nostra vita quelle qualità, o si possa piuttosto cominciare sin d'ora ad attirarle e coltivarle nella nostra esistenza compatibilmente con la nostra attuale forma umana.
Ciò che in realtà intendo dire è che queste nostre ispirazioni possono essere adottate, sì, come occasioni di meditazione (l'albero ha certe qualità su cui porto deliberatamente la mia attenzione), ma possono rivestire anche un po' il ruolo di  "intenzioni", cioè di auspici a che le qualità evocate dall'albero emergano e si sviluppino anche in noi e nella nostra vita. 
Per esempio, potremmo trarre ispirazioni dalla flessibilità dei rami di un abete, e produrre intenzioni del tipo:  "Che io sia come questo abete i cui rami, sotto il peso della neve, anziché spezzarsi si flettono docilmente verso il basso e lasciano che la neve scivoli pian piano al suolo e vada via da sé."
Oppure, sempre in tema di flessibilità, e con maggiore enfasi sul versante della "resilienza" (intesa come capacità di resistere agli urti senza spezzarsi e quindi, psicologicamente, come capacità di una persona di affrontare e superare le avversità della vita, uscendone addirittura rinforzata e trasformata positivamente), possono fornire buone ispirazioni anche le palme.
Mi viene in mente, a tal proposito, il commento di Wayne W.Dyer alle seguenti parole del Tao Te Ching: 
"Chi è flessibile si conserva integro".
Dyer dice a riguardo: 
"Vivendo vicino all'oceano da molti anni, ho osservato la bellezza e la maestosità delle palme slanciate che crescono sulla riva, e che spesso raggiungono un'altezza di nove-dodici metri. Questi maestosi giganti sono in grado di resistere all'enorme forza dei venti che, nel corso di un uragano, arrivano a soffiare a trecentoventi chilometri all'ora. Migliaia di altri alberi vengono sradicati durante gli uragani, e spazzati via, mentre queste palme imponenti rimangono attaccate alle loro radici, dominando orgogliosamente sulle altre piante. Qual è dunque il segreto per cui le palme rimangono intere? La risposta è la flessibilità. Si piegano fino quasi a toccare terra a volte, ed è proprio questa qualità che permette loro di rimanere intatte. (...)
Quando forze possenti vi spingono in qualche direzione, curvatevi invece di opporvi, inclinatevi invece di spezzarvi, e siate liberi da qualsiasi rigido insieme di regole, così facendo rimarrete protetti e integri. Mantenete una visione interiore del vento, simbolo delle situazioni difficili, mentre fate l'affermazione: 
'Non ho rigidità dentro di me.
Posso piegarmi e rimanere integro.
Userò la forza del vento per rendermi ancora più forte e più  protetto.'
(...) riconoscete la 'tempesta' e poi lasciatela soffiare contro il vostro corpo, osservatelo senza giudicarlo, proprio come l'albero che si piega al vento. Fate caso se riappare la rigidità, e lasciate che i venti soffino, mentre vi avvalete del Tao, invece che dell'ego! Cercate di portare alla luce le radici della vostra intransigenza, e diventare più flessibili attraverso le tempeste della vita."
***
Quelli che precedono sono, come ho detto, solo semplici esempi.
La simbologia degli alberi è infatti vastissima e risuona in modo diverso in ciascuno di noi.
Ben vengano quindi i sostenitori delle qualità del melo, della quercia, dell'olivo, del cedro del Libano, dell'albero di limoni, dell'albero di mimose, del salice piangente, della magnolia e di ogni altro possibile esemplare botanico.
Idee, spunti e anche suggerimenti da parte vostra, in questa materia, sono per me preziosi ed estremamente graditi e costituirebbero un sicuro arricchimento anche per il repertorio di meditazioni nella natura che - come forse avrete visto - fanno parte dei nostri eventi in programma per la prossima stagione (clicca qui )
***
Ed ora, a seguire,
qualche parola sul coinvolgimento del nostro corpo in tutto ciò


***
"La conformazione del corpo di ogni essere umano costituisce il fondamento di un suo senso di identità, organizza il substrato di base della percezione e del conoscere, è quello che ci permette di accedere alla concezione di vuoto e di pieno, di lento e di veloce, dell'espansione, della caduta, di stagnamento, di sgorgamento, di nebuloso, ecc. Il flusso di questi movimenti interni è alla base dei nostri sentimenti e dei nostri pensieri." (da Coscienza e risonanza corporee - di M.E. Garcia e A.Monteleone)
***
Per chiarire meglio lo spirito delle meditazioni nella natura da me proposte, risponderò sinteticamente alla seguente domanda - che finora mi ha posto una sola persona, per la verità, ma da cui ho compreso che dipendeva la sua scelta se partecipare o meno a un'esperienza del genere.
La domanda è: "Mentre noi portiamo la mente su tutte queste ispirazioni che ci vengono dagli alberi, cosa ne facciamo del nostro corpo?"
In effetti, per meditare in pace ognuno di noi è libero di assumere col corpo la posizione che più gli è congeniale e in cui si sente più comodo (seduto, in piedi, in ginocchio, a gambe incrociate), magari avendo cura di usare alcuni piccoli accorgimenti, tipo tenere la schiena diritta, la testa allineata alla spina dorsale, e altre simili cose, comunque facili da apprendere.
Personalmente, quando mi dedico specificamente alla meditazione con gli alberi, amo assumere la posizione yoga detta appunto dell'albero (Vrksasana: clicca qui) e quindi adottare di volta in volta per le braccia la posizione più simile a quella dei rami della pianta a cui mi ispiro.
Se non siete esperti di yoga - e non avete, giustamente, nessuna intenzione di cimentarvi all'improvviso e senza alcuna preparazione nella posizione dell'albero - potete provare ad assumere una posizione del corpo molto più semplice ma capace comunque di evocare simbolicamente la "somiglianza" tra voi e la vostra pianta.
In particolare potete mettervi in piedi, con le gambe tese, il busto eretto, la testa allineata alla spina dorsale, e aprire le braccia di volta in volta con un'angolazione simile a quella dei rami dell'albero considerato (per esempio le orienterete verso il basso, meditando sulla flessibilità dei rami dell'abete;  o le terrete orizzontali, forti e accoglienti, se è una grande quercia l'albero a cui vi ispirate; o ancora le orienterete verso l'alto, se intendete fare come il pino marittimo che rivolge i suoi rami verso il cielo).
***
Inutile dire che il giorno in cui accetterete il mio invito a partecipare ad una meditazione di gruppo nella natura, qualunque sia l'albero che personalmente vi ispira, a un certo punto dovrete riuscire a pensarlo (e quindi anche a pensare voi stessi...) come parte di un bosco (e cioè di un sistema più ampio di cui  tutti noi facciamo parte), con radici che si intrecciano ad altre radici e rami che si intrecciano ad altri rami, e valutare anche queste connessioni nei loro aspetti che vi piacciono di più e che vi piacciono di meno, nel bosco come nella vita.
Ecco allora che anche la posizione dei nostri corpi, in quel momento, può tener conto proficuamente di tutto ciò, come mostra per esempio la foto qui sopra, dove i membri del gruppo, tutti nella posizione dell'albero,  sono fisicamente connessi l'un l'altro tramite le braccia, e sperimentano così l'emergere di qualità  nuove, che prima il loro albero solitario  non aveva (tipo un più stabile equilibrio su una gamba sola, dovuto al sostegno fornito dal gruppo).






venerdì 7 giugno 2013

Per la settima regola della serenità (Essere in sintonia con la natura e le creature viventi) - e un po' anche per la prima (Coltivare la gratitudine) - una poesia di Erri de Luca

Essere in sintonia con la natura e le creature viventi implica il riconoscimento di un valore in ogni forma di vita o di fenomeno naturale, in tutto ciò che di animato o inanimato ci circonda nell'universo. A volte  il riconoscimento di questo valore conduce all'idea di una grande forza creatrice, che per alcuni si chiama Dio e per altri invece no.
Per gli uni e per gli altri, tutti partecipi del medesimo stupefacente universo, l'augurio di riuscire comunque a riconoscerne sempre (e anche a goderne) il grande Valore e una poesia di Erri de Luca su ciò che lui stesso considera Valore.
Valore
di Erri de Luca
***
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello 
che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

sabato 9 febbraio 2013

Per Autobiografando - Laboratorio di scrittura autobiografica: "Lisa e Corrado" (un mio racconto autobiografico breve)


Una volta, quando le mie figlie erano piccole, capitammo per caso alla fiera degli uccelli.
Passeggiando tra pappagalli, canarini e colombe, l'iniziale entusiasmo delle bambine si sgonfiò ben presto sotto il peso della domanda: che se ne fanno gli uccelli di ali e piume se devono passare la loro vita in gabbia?
Da qui alla preghiera: "Dài, mamma, liberiamone uno!", il passo fu breve, e il passo successivo fu l'acquisto di un bellissimo colombo bianco.
L'uccellaio era del mestiere: gli bastò darci un'occhiata per capire le nostre intenzioni.
Mi consegnò il colombo in una scatola forata, ritirò dalle mie mani il prezzo del riscatto e, guardandomi negli occhi, disse : "Mi raccomando: non lo abbandonate!"
Restai muta ma fu come confessare, e l'uomo si sentì autorizzato a continuare.
"Questo colombo non sa cavarsela da solo, se lo abbandonate. Se volete dargli la libertà, senza fargli del male, dovete essere intelligenti e fare le cose come vanno fatte!"
"E come vanno fatte?", domandai d'impulso, senza considerare che stavo chiedendo consigli sulla libertà ad un carceriere d'uccelli professionista.
"Dovete comprarne due," disse, "un maschio e una femmina".
Il suo atteggiamento era talmente didattico, che il fatto che in questo modo raddoppiasse il suo incasso a mie spese passò  in secondo piano.
"Se li farete vivere nella stessa gabbia per un certo periodo," spiegò," loro si affezioneranno l'uno all'altra e vorranno stare sempre insieme. A quel punto potrete anche liberarne uno. Lui comincerà ad esplorare il mondo un po' alla volta, farà gradualmente le sue esperienze ma comunque tornerà regolarmente alla base, cioè dal suo compagno. Poi, col tempo, potrete liberare anche l'altro colombo. A quel punto i due andranno e verranno insieme da casa vostra: un po' nel mondo e un po' a casa, un po' lanciati verso l'avventura e un po' tranquillizzati dalla vostra base sicura, fino a che non troveranno il loro posto nel mondo, impareranno a cavarsela in autonomia e forse... non torneranno più."
La sua teoria, vera o falsa che fosse, mi affascinò. Comprai il secondo colombo bianco e, subito a seguire, anche una bella gabbia matrimoniale, dove la coppia trascorse indisturbata una lunga luna di miele.
Il maschio, che si distingueva per una piccola macchia scura sull'ala destra, venne chiamato Corrado, e la femmina, completamente bianca, Lisa.
Seguimmo tutte le istruzioni dell'uccellaio e le cose andarono esattamente come lui aveva previsto.
Corrado fu il primo ad uscire dalla gabbia.
Questa era dotata di un divisorio mobile interno, che per l'occasione fu calato, in modo che Corrado si trovasse in una stanza con la porta aperta verso l'esterno e Lisa restasse in un'altra stanza con le porte chiuse.
Corrado non era bravo a volare, anzi era proprio goffo e impacciato. Gli ci volle un po' di tempo prima di spratichirsi e prendere il coraggio di volare lontano. Ma poi ci riuscì, e i suoi voli divennero sempre più lunghi. Tuttavia ogni giorno tornava sempre a casa, dove c'erano ad attenderlo Lisa, l'acqua pulita e il cibo fresco.
A metà primavera giunse il momento di liberare anche Lisa, che un po' alla volta cominciò a volare con Corrado, tornando sempre con lui alla nostra base per mangiare, bere, riposare.
Il rapporto tra noi di famiglia e loro due, al di là dei rifornimenti alimentari a cui provvedevamo, diventò una specie di birdwatching domestico. Era un grande piacere, da dietro i vetri, vederli arrivare da lontano, fermarsi sulla ringhiera del nostro balcone, saltellare qua e là, mangiare, bere, non far niente e poi volare via.
Un brutto giorno però Corrado tornò solo.
Ci preoccupammo e cominciammo a cercare Lisa nei dintorni.
Alla fine la vedemmo accucciata sul davanzale di un finestrino del palazzo, posto in alto, non apribile dall'interno e difficilmente accessibile anche dall'esterno. Sulle piume bianche c'erano tracce rosse di sangue: era ferita e si era rifugiata là.
Ma ci stette poco: il tempo per noi di scoprirla e di elaborare una strategia per raggiungerla, e lei scomparve di nuovo.
Da allora non vedemmo più Lisa.
Corrado invece sì. Lui continuò a tornare. A intervalli più lunghi di prima, magari. A volte cominciammo anche a vederlo su altre ringhiere, di altri palazzi, dove forse qualcun altro gli dava da mangiare come noi.
Finché, un bel giorno, una delle mie figlie mi chiamò in cucina perché corressi a vedere qualcosa da dietro i vetri: c'era una grande novità sul nostro balcone!
La novità era una grigia colomba cicciona, che Corrado quella sera aveva portato a cena da noi.
Si era riaccompagnato!
Certo, la nuova compagna non aveva né la bellezza né la grazia di Lisa (e le mie figlie ci tennero subito a precisarlo!), ma in compenso era robusta ed avvezza alla libertà, di cui conosceva bene vantaggi e pericoli. Una buona compagnia, insomma, per un colombo bianco nato in cattività e, per definizione, un po' imbranato.
Col passar del tempo, le visite dei due a casa nostra divennero sempre più rare: segno che c'erano altri posti dove ripararsi, nutrirsi e rifocillarsi. Posti anche migliori, magari, o più interessanti.
Del resto l'uccellaio l'aveva detto: "... i due andranno e verranno insieme da casa vostra: un po' nel mondo e un po' a casa, un po' lanciati verso l'avventura e un po' tranquillizzati dalla vostra base sicura, fino a che non troveranno il loro posto nel mondo, impareranno a cavarsela in autonomia e forse... non torneranno più".
Forse era giunto il tempo del non ritorno, o forse no.
Fatto sta che fummo noi di famiglia a dover andare via di casa, a un certo punto: dovevamo traslocare.
Che ne sarebbe stato di Corrado, se fosse tornato a cercarci?
Quest'idea ci dette un po' da pensare mentre imballavamo i nostri bravi cartoni, anche se, in effetti, era da un bel po' di tempo che Corrado non si faceva vedere sul nostro balcone.
Forse avevamo semplicemente voglia di salutarlo e di saperlo felice, prima di andare via anche noi dalla base.
C'è chi dice che coltivare un desiderio con intensità ne favorisce la realizzazione, e in quel caso fu davvero così.
Uno degli ultimi giorni della nostra permanenza in quella città,  io e le mie figlie, passeggiando per strada, vedemmo uno stormo di colombi grigi atterrare tutti assieme in un piazzale davanti a noi. Ed in mezzo a tutta quella massa grigia spiccava il bianco di un unico colombo: precisamente un colombo bianco con una macchietta scura sull'ala destra.
Corrado, ormai, non solo aveva legato con la sua nuova  compagna grigia, ma anche con un'intera comunità di colombi come lei.
E forse la macchietta scura che portava sull'ala sin dalla nascita era presagio proprio di questo possibile incontro (oltre che segno di un precedente amore tra un suo sconosciuto ascendente bianco e un suo  sconosciuto ascendente grigio).
***





***