martedì 25 settembre 2012

Portare a passeggio l'artista bambino (ovvero: aprirsi deliberatamente alla scoperta, allo stupore e all'intuizione)


Oggi vi parlerò di una delle (tante) attività che amo praticare personalmente e che in genere suggerisco a chi dice di sentirsi bloccato sul fronte creativo. 

Ne parlo in questo blog, perché la creatività è un aspetto importante del nostro piacere di vivere.
Quando ci sentiamo ispirati e la nostra creatività fluisce libera, non fa differenza se stiamo scrivendo un romanzo o se stiamo impastando una pizza: viviamo qualunque cosa stiamo facendo con una soddisfazione maggiore, perché ci sentiamo connessi con la parte più vibrante di noi stessi, quella appunto creativa. Le nostre idee, le nostre soluzioni, le nostre battute, hanno una marcia in più rispetto al solito, perché sono più nuove, più originali, più personali, ma soprattutto ci vengono spontanee e rimandano a noi stessi un'immagine molto più soddisfacente delle nostre capacità.
Diceva Jung: "La mente creativa gioca con gli oggetti che ama."
Ed è questo che vi propongo di fare: una specie di gioco. Una volta la settimana, per almeno due ore, tratterete la vostra mente creativa come un artista bambino che vi sta a cuore e lo porterete a... passeggio.
Le destinazioni di queste passeggiate saranno luoghi che possano fornirvi stimoli, sorprese e scoperte. Potranno essere luoghi da voi finora inesplorati, o esplorati solo superficialmente, o esplorati  solo raramente.  E' sempre consigliabile un contatto con la natura, ma è la varietà il principale requisito di questa attività. Per cui ritenetevi liberi di variare anche tra natura e non natura. Oggi si va nel bosco e fra una settimana al  mercatino dell'usato; una volta si va agli scavi archeologici e la volta dopo al porto; verrà il giorno del museo, quello del santuario,  quello dell'antro di un'antica maga, e quello del cono di un vulcano; il giorno della cima di una torre e quello di una barca di pescatori. Non c'è limite alla varietà di queste passeggiate. L'unico limite che c'è,  piuttosto, è un altro: cioè la compagnia. Non dovrete portare nessuno con voi , in queste passeggiate. Dovete stare soli, voi e il vostro artista bambino, e dedicarvi "tempo di qualità". Durante questo tempo giocherete liberamente con le  vostre scoperte, senza che nessun altro possa appiccicarci sopra le proprie etichette e guastarvi così la festa . Quindi, mi raccomando: niente cani, figli, amici, coniugi, amanti, o mamme. Soli!
Questo non significa che non farete incontri durante queste passeggiate. Voglio dire: può capitare benissimo che ne facciate. Ma avranno una qualità speciale e la riconoscerete voi stessi. Saranno anch'essi fonte di ispirazione.
Se pensate che tutto ciò sia stupido, o che non avrete mai tempo per cose del genere, vi invito a riflettere se per caso tutta questa reticenza non sia dettata dalla paura di un rapporto più intimo con voi stessi. A volte quando dobbiamo entrare in contatto con qualcuno che per noi è molto importante, cominciamo a trovare mille scuse per evitare l'incontro, per tenerlo lontano, perché la sola idea ci mette a disagio.
Però, se vogliamo che la nostra creatività emerga, dobbiamo entrare in intimità con essa e concederci il tempo per curarla e coltivarla; solo così il nostro artista bambino acquisterà fiducia e comincerà a fare progetti.   
****
La mia ultima passeggiata col mio artista bambino risale a ieri mattina: splendida domenica di sole di fine settembre.
Ho accompagnato mia figlia ad un mercatino di libri usati, in una zona della città da me poco esplorata, ed ho deciso di lasciare lì la macchina e di proseguire a piedi fino al mare. Avrei percorso a piedi quella strada con lo spirito di un turista. Avrei osservato ogni singola pietra, ogni singolo giardino, ogni squarcio di panorama tra le case, ogni insegna, ogni cartello, con un occhio pronto a recepire l'inaspettato e a farne tesoro. E' questo che fanno i turisti, dopotutto,  quando vanno a visitare  un qualsiasi luogo. E fanno questo pure quando visitano le nostre città, cogliendone aspetti che magari sfuggono proprio a noi indigeni!
E così è stato. Mi sono nutrita di tutto ciò in cui mi sono imbattuta lungo il cammino: colori, odori, rumori e  quant'altro, e alla fine sono giunta al mare.
Sono arrivata in un tratto di spiaggia dall'aria abbandonata, dove mai sarei scesa normalmente, perché pieno zeppo di detriti di risacca. Ma io li avevo mai osservati da vicino i detriti di risacca? O li avevo sempre  considerati spazzatura, e quindi di nessun interesse? 
Allora ho deciso di osservarli per bene, una buona volta, ed ho visto che la spiaggia in effetti era piena di  interessantissimi pezzi di legno dalle forme e dalle dimensioni più varie: legno sbiancato dall'acqua di mare, legno sopravvissuto alle mareggiate, ai temporali, al sole e a volte persino al fuoco, che ne aveva annerito le estremità. Ho cominciato a raccogliere questi inusuali pezzi di legno, senza pormi il problema di ciò che ne avrei fatto.Per qualche strano motivo mi piacevano, come può piacere un giocattolo anche se non si sa bene come funziona. Ho messo questi legni nel mio zaino e poi ho raccolto un bel pezzo di radice tutto attorcigliato su se stesso e pieno di bozzi. Mente me lo rigiravo tra le mani, ho incrociato un vecchio amico che camminava sul bagnasciuga in senso opposto al mio. Ci siamo salutati e lui mi ha chiesto cosa intendessi farci con quella radice. Non ce l'avevo una risposta pronta. Andargli a spiegare la storia dell'artista bambino, in due minuti, sarebbe stata un'impresa. E poi a che pro? Era la mia personale passeggiata creativa e non ero tenuta a dare spiegazioni a nessuno. 
"Ci faccio un portacandele - gli ho detto - Che ne pensi?"
"E' un'idea creativa! - mi ha risposto - Io non riesco proprio a vedercelo un portacandele là dentro!"
Ci siamo salutati e lui ha proseguito per la sua strada.
Io invece non ho proseguito, perché tre signore che stavano lì vicino, coi piedi nell'acqua, mi hanno chiesto se potevo dar loro indicazioni su come trasformare una radice in portacandele.
La domanda mi ha colta di sorpresa.
Il fatto che io "avessi visto" un portacandele nella radice, non implicava che già lo sapessi realizzare.
Ma loro erano talmente interessate alla faccenda che mai e poi mai avrei voluto deluderle.  
Ed ecco venire in mio soccorso un preciso ricordo: un laboratorio di terapia occupazionale in cui ho operato per un certo periodo e le mani di due terapisti che insegnavano ad altre mani, quelle degli utenti, i passi necessari per pulire, grattare, levigare, lucidare e assemblare tra loro rami, cortecce, pigne e frutta secca, per trasformarli in splendidi centrotavola natalizi. Con tanto di candele, beninteso! E quelle procedure collaudate e semplici, che mi erano ricomparse davanti agli occhi, alla fine sono state le istruzioni che ho fornito alle signore.
Sulla via del ritorno, mentre ripercorrevo il bagnasciuga al contrario, ho visto venirmi incontro l'amico di prima, che stava tornando dalla sua passeggiata..
"Ho trovato l'Africa! - mi ha detto raggiante, brandendo un osso bianco, piatto, intarsiato  dall'erosione del mare - Guarda qua! Ce la vedi l'Africa?"
Io non ce la vedevo (come lui del resto prima non vedeva un portacandele nella mia radice).
Allora mi ha spiegato dov'era l'Africa in quell'osso, secondo lui;  me l'ha fatta vedere coi suoi occhi, finché  alla fine l'ho vista anch'io.
"Guarda - gli ho detto -  c'è anche un forellino, lì in cima. Puoi farne un ciondolo e agganciartelo al collo. E' la tua Africa, dopo tutto!"
Lui ha assunto un'aria perplessa e ha commentato: "Sto immaginando la faccia di mia moglie, se torno dalla passeggiata con un osso appeso al collo!"
E si è fatto una bella risata.


***